Ripercorrendo l’evoluzione del rapporto tra il paesaggio italiano e la vita dei campi in Italia dal 1861 ai nostri giorni, la Cia ha presentato uno studio da cui si apprende che “tra il turismo rurale e l’indotto legato all’enogastronomia tipica, le nostre campagne valgono più di 10 miliardi di euro l’anno”. Ad avviso della confederazione, si tratta di un “patrimonio da tutelare e difendere da abusivismo e urbanizzazione selvaggia”. Infatti, la Cia stima che dall’anno dell’unità nazionale ad oggi il paesaggio rurale ha perso “quasi 10 milioni di ettari, una superficie pari a 5 regioni italiane come il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia Romagna e il Friuli Venezia Giulia”. Dai 22 milioni di ettari disponibili nel 1861 si e’ passati ad un’area di circa 12 milioni di ettari. Solo negli ultimi dieci anni – è stato rilevato nel corso dell’incontro – sono andati persi un milione e 900 mila ettari, una superficie pari all’intera regione del Veneto.
L’inarrestabile fenomeno del consumo di suolo ha visto nel 2010 la Lombardia al primo posto con il 14% di superfici artificiali sul totale della sua estensione, seguita dal Veneto con l’11%, dalla Campania che segna il 10% e da Lazio ed Emilia Romagna che segnano il 9%. Nel portare all’attenzione dei presenti come il cambiamento radicale del paesaggio abbia avuto una forte accelerazione con il “boom economico” che ha comportato un’avanzata inarrestabile del cemento sottraendo sempre piu’ terreno, il vicepresidente della cia, Dino Scanavino, ha osservato l’importante ruolo di un’agricoltura che segua i criteri della produttivita’, ma che al tempo stesso si fondi su una componente culturale e di conoscenza. Sul contributo dell’agricoltura per il mantenimento e per il miglioramento del paesaggio, Scanavino ha notato come la Pac abbia condizionato gli agricoltori, creando tuttavia sia “problemi che risorse”.
L’elemento basilare sotto il punto di vista del riconoscimento ambientale, a detta del vicepresidente della confederazione, e’ il raggiungimento di regole condivise. Scanavino ha detto che gli agricoltori vogliono “essere considerati imprenditori che hanno doveri, ma che svolgono anche un ruolo fondamentale in tutte le aree dove si fa attivita’ agricola, perche’ in quei luoghi si produce anche benessere”. Quanto al tema legato alla comunicazione, esso rappresenta – ha specificato scanavino – un “elemento imprenscindibile. Non si puo’ pensare ad una societa’ della conoscenza – ha concluso – fino a quando in tutti i territori montani non arrivera’ internet”.
Nel corso del convegno sono stati presentati anche diversi casi in cui il paesaggio, il verde e l’agricoltura si incontrano dando vita a realta’ virtuose. Una di queste e’ il “Parco agricolo Sud” di Milano, che e’ nato a partire dagli anni ’60 dall’esigenza di costituire una fascia di tutela dall’urbanizzazione che stava investendo la metropoli. Realizzata a partire dagli anni ’90, oggi questa zona comprende 47 mila ettari che abbracciano 61 comuni. Il 30 per cento delle aziende presenti si occupa di zootecnia mentre le restanti sono a vocazione cerealicola e una piccola percentuale coltiva ortofrutta. La citta’ chiede sempre piu’ di mantenere la vocazione agricola dell’area mentre e’ in aumento la domanda di prodotti biologici e di prossimita’. Tra le criticita’ segnalate vi e’ il fatto che la maggior parte delle aziende sono in affitto e che non viene raggiunto il livello di autoapprovvigionamento.
Fonte: Agrapress