Sono 47 su 206 (un quarto del totale) i Comuni bresciani che hanno chiesto alla Provincia di poter cementificare più zone agricole di quanto concesso nel Piano territoriale di coordinamento. Un’inversione di tendenza, dunque, rispetto al processo, pur timido, che negli ultimi anni aveva aumentato le tutele formali per le aree di pregio del territorio, e in particolare per l’agricoltura. Le richieste più «esose» sono quelle di Ponte di Legno e di Roccafranca (che hanno chiesto quasi un raddoppio dell’area urbanizzata), seguite da quelle di Niardo, Cologne, Losine, Vione e Temù (nei boschi e pascoli di questi due Comuni si vuole realizzare un campo da golf). Insomma, se ad oggi nel Bresciano si cementificano 2 ettari al giorno di territorio (dossier Legambiente 2009), non pare che il futuro riservi un’attenzione migliore all’ambiente, al paesaggio e alle aree con una storica e forte vocazione agricola. Cospicue le richieste della Valcamonica: oltre ai Comuni citati, ricordiamo Artogne e Piancogno, dove sembra di evincere che le amministrazioni intendano superare la crisi economica aprendo nuove possibilità al «mattone». Non è da meno Castrezzato (ha chiesto di togliere i vincoli a fianco dell’autodromo di Franciacorta), ma vogliono meno aree agricole anche Marcheno (Valtrompia), Seniga (Bassa estrema), Moniga del Garda, Nuvolera e Prevalle. Montirone anziché far leva sul pasticcio giuridico della Provincia (che ha messo nel piano cave la cava Cascina Betulla, vincolata ad area agricola strategica) chiede di far cadere i vincoli. Il che, come effetto collaterale, finirebbe per cosituire un assist ai cavatori. Ci sono poi richieste che prevedono compensazioni (altre zone verdi al posto di quelle richieste come edificabili): è il caso di Capriolo, Angolo Terme (vuole rendere turistiche zone agricole alla Presolana), Darfo Boario, Paitone, Palazzolo, Erbusco, Desenzano. Curiosità: unico comune a volere meno cemento è San Felice del Benaco.
Fonte: Brescia Oggi