Chi dovesse trovarsi dalle parti di Sacconago, nel comune di Busto Arsizio, faccia un giro nella zona industriale denominata “area industriale sud-ovest di Sacconago”.
Quella di Sacconago è una delle aree ad uso industriale più estese in Italia e forse in Europa, con i suoi 1 milione e 400mila mq. di superficie, originariamente tutto terreno di campagna e agricolo.
I primi insediamenti risalgono verso la fine degli anni ‘80, con un’area circoscritta del primo consorzio di capannoni in viale dell’Industria, e qualche fabbrichetta attorno. Tutto questo però non era fine a se stesso, ma rientrava in un ben più ampio progetto di insediamento industriale e logistico, che ha avuto la sua massima espansione negli anni successivi. Espansione che però non ha portato sicuramente tutti quei risultati positivi che gli ideatori e investitori avevano messo in conto.
È impressionante vedere ora decine di “scatoloni” di cemento precompresso che ospitavano varie tipologie produttive: materie plastiche, tessile, abbigliamento, carpenteria, ecc.., in stato di abbandono e non sono pochi i cartelli che pubblicizzano capannoni messi in affitto o in vendita.
Chi aveva ideato e spinto per il cambio d’uso dell’area, da agricola ad uso industriale, -Comune di Busto Arsizio, Provincia di Varese, Regione Lombardia e Industriali- aveva ipotizzato almeno tremila posti di lavoro, in realtà ce ne sono stati molto meno, e, oggi, fra le cessate attività, quelle delocalizzate e in cassa integrazione, non si arriva neanche a mille.
Gli “scatoloni”, mi hanno detto alcune persone in loco, sono diventati tante piccole cattedrali nel deserto anche per il fatto che non è facile riconvertirli per altre attività.
Gli stessi ideatori, pensando di incentivare lo sviluppo dell’area in questione, oltre a quello di dare un servizio ad un bacino più esteso, hanno realizzato, finito nel 2009, anche un enorme scalo merci (primo scalo merci sulla rete delle Ferrovie Nord) del valore di 10 milioni di euro (residuo dei fondi strutturali europei e della Regione Lombardia), ma da allora rimasto sempre inutilizzato. Inutilizzato perché non ci sono infrastrutture viabilistiche adeguate; c’è lo scalo ma non ci sono le strade adatte per essere raggiunto da automezzi pesanti e traffico industriale, e quindi si ipotizza altro consumo di suolo per fare altre strade e chissà quante altre cose ancora.
Insomma, a detta di molti, un cattivo esempio di progettualità industriale, irrispettosa della risorsa suolo e da non replicare.
Un motivo in più per non fare lo stesso errore a Legnano. il PGT prevede che ad Ovest della città 280mila mq. di suolo naturale vengano destinati ad area industriale, e guarda caso le cosi dette infrastrutture viabilistiche sono ancora tutte da realizzare.
È un’idea superata che viene portata avanti dai signori della vecchia politica, quelli che pensano alla speculazione del suolo e che per questa ragione non vogliono lasciare spazio a uno sviluppo economico alternativo e rispettoso del territorio, quello che potrebbe essere invece la realizzazione di un parco agricolo cittadino.
Giuseppe Marazzini – 15 gennaio 2012