Tra i mesi di ottobre 2011 e di gennaio 2012 il dibattito italiano sui temi del consumo di suolo e della tutela del paesaggio ha avuto un impulso notevole: sono state avviate interessanti iniziative di sensibilizzazione e sono state messe a disposizione del pubblico nuove indagini sul consumo di suolo. Un passo in avanti per riconoscere la risorsa suolo come bene comune da tutelare.
Forum Italiano dei movimenti per la Terra e il Paesaggio
Il 29 ottobre 2011, a Cassinetta di Lugagnano, in provincia di Milano, primo comune italiano che si è dotato di uno strumento urbanistico a crescita zero, si è tenuta la prima assemblea nazionale del Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio (1), un aggregato di associazioni e cittadini di tutta Italia (impostato sul modello del Forum per l’acqua pubblica), che intendono perseguire un unico obiettivo: salvare il paesaggio e il territorio italiano dalla cementificazione. I progetti di breve e medio periodo del Forum sono ambiziosi. Da una parte s’intende effettuare un censimento degli edifici sfitti, vuoti o sottoutilizzati, nonché delle superfici edificabili residue dei piani urbanistici vigenti e quelle previste da eventuali piani adottati di tutti i comuni italiani, con lo scopo di sensibilizzare gli enti di governo del territorio sul tema del consumo di suolo, per proporre una moratoria sulle nuove urbanizzazioni finché non venga reso efficiente il patrimonio edilizio esistente. Il forum sarà poi attivo nella formulazione di una proposta di legge nazionale di iniziativa popolare sul “risparmio del suolo” e di una capillare campagna di informazione e comunicazione che sarà implementata da comitati locali in via di costituzione in ogni località italiana.
Dossier ISTAT sul consumo di suolo
Il 18 gennaio 2012 il Presidente dell’ISTAT, tramite una audizione alla Commissione XIII “Territorio, Ambiente, Beni ambientali” del Parlamento italiano, ha presentato un dossier sulle problematiche connesse al consumo del suolo nel nostro Paese, riportando alcuni dati interessanti, che si aggiungono ai censimenti avviati negli ultimi anni da alcune regioni più avanti nello sviluppo dei sistemi di informazione territoriale (2), nonché dalle principali associazioni di tutela ambientale e dagli Istituti di ricerca in ambito urbanistico (3). Proprio in questo senso l’Istituto nazionale di Statistica si propone di effettuare con una cadenza annuale una rilevazione del consumo di suolo in Italia, mettendo a punto e diffondendo strumenti cartografici per l’analisi evolutiva delle caratteristiche del territorio, ed utilizzando metodologie armonizzate con gli standard internazionali su questo tema, attività che se dovesse essere implementata potrebbe garantire una base di dati centralizzata ed omogenea rispetto all’uso del suolo, cosa impensabile solo fino a qualche anno fa.
Tra i dati riportati da ISTAT vi sono anche gli esiti di una indagine condotta da Eurostat nel 2009 che ha comparato le caratteristiche di uso e copertura del suolo di 23 Paesi europei, in cui la copertura artificiale di suolo in Italia è risultata pari al 7,3% del territorio (contro una media UE pari al 4,3%) (4). Se poi si considera l’insieme degli usi del suolo ad “elevato impatto ambientale” il nostro Paese presenta dei valori decisamente più alti rispetto alla media europea con il 4,6% , rispetto al 3,6%, dato che viene accentuato “soprattutto dall’uso cospicuo di suolo per scopi infrastrutturali” (3,2% rispetto a 2,4% media UE). Queste rilevazioni hanno portato l’Istituto nazionale di statistica ad affermare che “il nostro Paese risulta relativamente poco parsimonioso nella destinazione della risorsa scarsa rappresentata dal territorio”, fenomeno dovuto a modelli urbanistici poco virtuosi, caratterizzati dalla dispersione insediativa, che hanno compromesso gli storici equilibri tra paesaggio e insediamento.
I pesi del consumo di suolo in Italia sono inoltre differenziati per via delle differenti situazioni fisico-morfologiche e di potenzialità economica delle varie regioni italiane.
La superficie urbanizzata raggiunge così in generale livelli più alti nelle regioni centro-settentrionali (5), anche se nel decennio censuario 2001 – 2011, si è in particolare riscontrato un incremento di utilizzo di suolo per scopi insediativi nelle regioni del Mezzogiorno (Basilicata +19%, Molise +17,2%, Puglia +13,5%). Le regioni più virtuose, in cui si è verificata una crescita rallentata grazie ad efficaci politiche urbanistiche sono invece la Valle d’Aosta (+4%) e il Trentino Alto Adige (+5,2%). In questo quadro, si è registrato comunque un rallentamento dell’attività edilizia nel biennio 2008-2009, per effetto della crisi economica, che ha investito anche il settore delle costruzioni.
Il tavolo interregionale per lo sviluppo territoriale sostenibile
Il 27 gennaio 2012 si è tenuta a Bologna un’altra iniziativa istituzionale di rilievo, il “Tavolo interregionale per lo sviluppo territoriale sostenibile dell’area Padano-Alpino-Marittima (MAP)” (6), cui hanno partecipato tutte le Regioni dell’Italia settentrionale (Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna) e le Province Autonome di Trento e Bolzano, in uno spirito di collaborazione interistituzionale e interregionale preposta alla ricerca di soluzioni condivise. I tecnici e i membri degli esecutivi regionali presenti si sono confrontati ed hanno sottoscritto su una Agenda (7) che indica impegni comuni per uno “sviluppo territoriale omogeneo” dell’area: minor consumo del suolo, riduzione delle criticità ambientali e semplificazione delle procedure. Si tratta – almeno nelle intenzioni – di una buona pratica che potrà essere d’esempio per le altre regioni italiane ed europee, della quale sarà interessante monitorare le azioni intraprese e i risultati.
“Terra Rubata: viaggio nell’Italia che scompare”
Il dossier di WWF Italia e FAI
Il 31 gennaio 2012, il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano e il WWF Italia, hanno presentato un dossier sul consumo di suolo intitolato “Terra rubata: viaggio nell’Italia che scompare” (8). Secondo le stime effettuate su 11 regioni italiane l’area urbana in Italia negli ultimi 50 anni si è moltiplicata di 3,5 volte e dagli anni cinquanta ai primi anni del duemila, è cresciuta ad un ritmo di 33 ettari al giorno, mentre nei prossimi 20 anni la superficie occupata delle aree urbane crescerà di 600 mila ettari, pari ad una conversione urbana di 75 ettari al giorno e ad un quadrato di 6400 Km quadrati (equivalenti a 2 volte la regione Valle d’Aosta).
Il dossier riprende inoltre alcuni concetti già espressi dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), che dimostrano che dal 1991 al 2001, rispetto ad una sostanziale stabilità demografica, le città italiane sono cresciute di 8500 ettari all’anno e paradossalmente sono cresciute anche nei comuni che si sono spopolati, o attraverso processi di sparpagliamento dell’urbanizzato, che ha reso non più riconoscibile il limite tra città e campagna. In tal senso le terre coltivate hanno ceduto il passo alla urbanizzazione, tanto che dal nel decennio 2000-2010 sono scomparse il 32,2% delle aziende agricole complessive. Il documento presenta inoltre alcuni dati sulla situazione del dissesto del territorio italiano sull’abusivismo edilizio. In particolare rispetto a quest’ultimo tema, dal 1948 ad oggi sono stati registrati 4,6 milioni di abusi edilizi (75.000 all’anno, 207 al giorno), i due terzi dei quali si concentrano in particolare in alcune regioni del centro-sud (9).
In conclusione FAI e WWF presentano una proposta di 11 linee di intervento per contrastare il fenomeno dello spreco di suolo, che spaziano dai temi della fiscalità locale a quelli della tutela del paesaggio e della priorità di riqualificazione e riuso dei suoli già compromessi, alla lotta all’abusivismo edilizio, fino a citare una moratoria sul nuovo edificato a livello locale, in attesa della redazione della nuova pianificazione paesistica.
Le possibili soluzioni…
Sono dunque varie e provenienti da più parti le iniziative che si stanno orientando verso la conoscenza e la comunicazione del fenomeno dello spreco di suolo e questo non può che essere positivo, anche alla luce della situazione critica che viene riportata nei diversi dossier e documenti.
Un successivo passo di questo percorso culturale dovrà essere quello di trovare una metodologia omogenea per il rilevamento e l’elaborazione dei dati e la loro messa a disposizione del pubblico, per evitare che si possano produrre informazioni tra loro incoerenti, o basate su ipotesi di scenario non verificabili. In tal senso il ruolo di ISTAT nella generazione e nell’aggiornamento delle informazioni potrebbe diventare fondamentale e quello degli attuali centri di ricerca ambientale potrebbe orientarsi verso l’interpretazione e il supporto alla decisione nell’attività di pianificazione del territorio.
Un altro livello su cui sarà necessario operare è quello delle proposte di soluzioni al problema. Queste dovranno essere il più possibile attuabili e discendenti da politiche urbanistico – territoriali maggiormente integrate, finalizzate a tenere insieme i concetti di tutela, coesione, efficienza ed autonomia locale, attenzione al valore intrinseco dei luoghi, accessibilità e mobilità.
Al proposito vorrei esprimere alcune brevi considerazioni e alcune proposte che possano portare a rafforzare le iniziative sopra menzionate, tenendo presente che l’attuale dibattito sul consumo di suolo non potrà non considerare la particolare situazione politica ed economica del nostro Paese, e le disposizioni dei decreti nazionali in tema di liberalizzazioni e di “rimozione dei limiti alle attività di carattere economico” (10).
Innanzitutto il problema del consumo di suolo non può essere trattato a prescindere dalle questioni legate alla fiscalità, alla crisi della finanza pubblica e di quella locale in particolare (11). Coniugando i temi consumo di suolo e fiscalità, si può pensare ad esempio di proporre al legislatore di istituire fondi di trasferimento, statali o regionali, a favore degli enti territoriali più virtuosi nel raggiungimento di obiettivi di freno al consumo di suolo, che possano rispettare certe “soglie” (impermeabilizzazione, prestazioni energetiche, in modo non disgiunto). Il concetto di “soglia” o “limite” di consumo di suolo (sperimentato già nel modello tedesco) è molto importante, in quanto il suolo è un bene comune scarso (12), e come avviene per le normative che tutelano ad esempio altri beni comuni quali “aria” e “acqua”, le cosiddette “soglie di inquinamento” da rispettare/non oltrepassare, sono fondamentali.
Altre misure per il risparmio del suolo possono ad esempio concretizzarsi (come ricordano anche FAI e WWF nella loro “road map”) con l’introduzione di meccanismi che possano rendere meno conveniente l’urbanizzazione di terreni vergini, per orientare l’imprenditoria immobiliare verso la riqualificazione dell’esistente e il recupero e la rigenerazione urbana, a cominciare dalle aree dismesse o degradate. Ciò non è facile per via della rendita urbana e di posizione, che fa si che costi veramente molto meno investire sui terreni agricoli, ed anche perché ristrutturare costa più che costruire ex-novo, tuttavia è urgentemente necessario affrontare e risolvere al più presto il problema. Alcune proposte di soluzioni possono riprendere il concetto di “compensazione ecologica preventiva” (13), unitamente alla applicazione di dispositivi che possano agevolare gli amministratori (e/o gli operatori) ad intervenire per rendere efficiente da un punto di vista energetico il patrimonio edilizio urbano esistente, prima di attivare qualsiasi nuovo intervento.
Queste misure potranno essere definite tramite diversi apporti disciplinari per la formulazione coordinata di apposite “Strategie tematiche per il risparmio del suolo”. In tal senso si potrebbe trarre spunto dalla “Proposta di strategia tematica per la protezione del suolo” promossa e impostata dalla Commissione europea nel 2006, ed oggi ferma al Parlamento europeo (14), per attivare a livello nazionale, regionale e locale, indipendentemente quindi da una disposizione calata dall’alto, scelte virtuose e capaci di cambiare lo stato delle cose, facendo attenzione a non porre in essere atti e norme di programmazione e pianificazione territoriale di “segno opposto”.
Anche l’attivazione di azioni di carattere volontario quali i “Patti” o i protocolli d’intesa per il contenimento dell’uso del suolo tra più soggetti pubblici e privati in un dato territorio – ad esempio la condivisione e il rispetto di “Statuti dei suoli” – potrebbero essere efficaci per incrementare e diffondere una “economia ecologica” del territorio, come nuovo paradigma più attento ai bisogni dell’uomo e al contempo ai limiti dell’Ecosistema.
Articolo di Fabio Cremascoli
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Note e riferimenti
(1) http://www.salviamoilpaesaggio.it
(2) Alcune Regioni italiane hanno implementato dispositivi a supporto della pianificazione territoriale e agricola utili al rilevamento del consumo di suolo. In Lombardia è stata avviata la realizzazione di una Infrastruttura per le Informazioni Territoriali (IIT) lombarda intesa come insieme di azioni politiche, accordi istituzionali, tecnologie informatiche, dati e persone che rendono possibile la condivisione e l’uso efficiente dell’informazione territoriale (cit. ERSAF –http://www.ersaf.lombardia.it/servizi). Inoltre la Legge regionale 28 dicembre 2011, n.28 modifica il T.U. regionale sull’agricoltura, inserendo un nuovo art. 4 quater., che riconosce il “suolo come bene comune da tutelare”. Nel mese di settembre 2011 si è tenuto un convegno intitolato “”L’Uso del suolo in Lombardia negli ultimi 50 anni” (www.territorio.regione.lombardia.it). In Emilia Romagna è stato messo a disposizione il web-gis “Cartografia dei suoli della regione Emilia-Romagna” e il Catalogo regionale dei tipi di suolo (www.suolo.it) . In Piemonte il Consorzio per il sistema informativo del Piemonte (www.csipiemonte.it) si occupa da tempo di questo tema. Altre regioni hanno effettuato specifiche ricerche, tra cui si possono menzionare quelle della Regione Marche sulle “aree urbane funzionali” (quelle sottoposte a maggiore pressione antropica) e della Regione Toscana.
(3) Nel 2008 Legambiente, INU – Istituto Nazionale di Urbanistica e Politecnico di Milano (DIAP – Dipartimento di Architettura e Pianificazione) hanno dato avvio all’Osservatorio Nazionale sui consumi di suolo (http://www.inu.it/attivita_inu/ONCS.html), diventato poi CRCS – Centro di Ricerca sui consumi di suolo http://www.consumosuolo.org/ , con l’obiettivo di raccogliere dati e definire metodi di analisi e valutazione, raccogliere esperienze virtuose in Italia e all’estero e riferire tutto in un rapporto annuale sui consumi di suolo. Il primo dossier è stato pubblicato nel 2009 ed è reperibile on-line (http://media.athesiseditrice.it/media/attach/2009/09/IL_RAPPORTO_DI_LEGAMBIENTE.pdf) . Il secondo rapporto annuale 2010 è stato pubblicato nel 2011, e si attende ora il terzo rapporto nazionale.
(4) L’Italia si colloca al quarto posto della classifica stilata da Eurostat (progetto LUCAS), dopo Paesi Bassi (13,2%), Belgio (9,8%), Lussemburgo (7,4%). Mentre al quinto e sesto posto si collocano Germania (6,8%) e Regno Unito (6,7%).
(5) In Lombardia e Veneto la superficie urbanizzata è circa il 13% di quella totale; in Lazio e Liguria il 10,5%; in Friuli VG circa il 9%.
(6) L’area oggetto del MAP è di 120.000 kmq di territorio e 27 milioni di abitanti, ed è caratterizzata da una grande varietà di risorse ambientali e, al contempo, da importanti aree metropolitane e insediamenti industriali, dunque è un ambito omogeneo su cui è possibile pensare una politica comune per la tutela delle risorse scarse e per una rivitalizzazione dell’economia.
(7) Il documento è stato battezzato “Agenda di Bologna”.
(8) Il comunicato stampa con i dati di sintesi, nonché il dossier in versione integrale sono reperibili su: http://www.fondoambiente.it/Attivita-FAI/conferenza-sul-consumo-del-suolo-2012.asp
(9) Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Sicilia.
(10) Si fa particolare riferimento all’art.1, lett. b), del decreto legge “Liberalizzazioni” – Governo Monti – (Pubblicato in G.U. n. 19 del 24/01/2012), che prevede che: “le norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché le disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritaria con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti”.
(11) Questo tema è stato trattato nel convegno “Limitare il consumo di suolo e costruire ambiente”, promosso nel 2007 da Legambiente Lombardia in collaborazione con Provincia di Milano e DIAP – Dipartimento Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano –http://www.professionearchitetto.it/mostre/notizie/6919/Limitare-il-consumo-di-suolo-e-costruire-Ambiente.
(12) Un recente rapporto della FAO dimostra che “scarsità e degrado del suolo e dell’acqua sono una minaccia per la sicurezza alimentare” – http://www.fao.org/news/story/it/item/95268/icode/
(13) P. Pileri, (2007), Compensazione Ecologica preventiva, Carocci, Roma
(14) [COM (2006) 232 definitivo] –http://europa.eu/legislation_summaries/agriculture/environment/l28181_it.htm