“Italia: far west delle trivelle” – è questo il titolo del dossier con cui WWF Italia denuncia l’anomalia legislativa italiana in fatto di scavi per l’estrazione di petrolio.
Nel nostro paese ottenere permessi per trivellare nuove aree, in mare o sulla terraferma, è piuttosto facile. E costa molto meno che altrove.
Il dossier di WWF Italia rileva come, nel 2010, le royalty per la concessione di coltivazioni in terra di idrocarburi liquidi e gassosi sono state pagate solo in 21 casi su 136. Mentre per le coltivazioni in mare, le amministrazioni pubbliche italiane hanno incassato le royalty spettanti in 28 casi su 70.
Nel dossier emerge inoltre come a pagare siano soltanto 5 compagnie (Eni, Shell, Edison, Gas Plus Italiana, Eni/Mediterranea idrocarburi) sulle 59 totali operanti in Italia.
Un vero e proprio incentivo per le compagnie che guardano all’Italia come terra di conquista, nonostante il petrolio estratto nel nostro paese sia notoriamente poco e di scarsa qualità (la produzione italiana di “oro nero” equivale allo 0,1% del prodotto mondiale, e l’Italia si attesta al 49-esimo porto tra i paesi produttori).
WWF Italia sottolinea in particolare che:
– le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte, in un anno, su terraferma e le prime 50 mila tonnellate di petrolio prodotte in mare sono esenti dal pagamento di aliquote dello Stato. La stessa cosa avviene per i primi 25 milioni di smc di gas estratti in terra e i primi 80 milioni di smc in mare;
– a seconda che si tratti di idrocarburi gassosi o liquidi, l’aliquota oscilla tra il 7% e il 4% per le estrazioni in mare, mentre si sale al 10% (sia per gli idrocarburi liquidi che per quelli gassosi) per le estrazioni in terraferma.
La media delle aliquote applicate dagli altri stati, a livello mondiale, oscilla invece tra il 20 e l’80% del valore del prodotto estratto.
Questo è valso all’Italia la citazione come esempio di legislazione favorevole alle compagnie petrolifere, in occasione dell’Offshore Mediterranean Conference di Ravenna del 2004.
Eliminazione delle esenzioni di pagamento e adeguamento delle aliquote sul valore del prodotto: questi sono i punti chiave delle proposte che WWF presenterà al Parlamento. Si guarda inoltre con favore alla proposta di legge approvata lo scorso agosto dal consiglio regionale della Puglia, con cui si chiede di interdire nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione nel mare Adriatico.
E’ allarmante, infatti, pensare che dal Mediterraneo (che costituisce solo lo 0,7% delle acque del pianeta) passi ben il 25% del traffico petrolifero globale. Questo gli vale il poco invidiabile primato per la concentrazione di catrame in mare aperto: 38 mg per metro quadro.
Un incidente come quello accaduto nel Golfo del Messico nell’aprile del 2010 avrebbe, su un bacino così ristretto ma al contempo ricco di biodiversità, un impatto devastante.
Per questo WWF Italia, dopo la manifestazione “Più verde, meno nero” del 21 gennaio scorso a Monopoli (che ha coinvolto istituzioni e cittadini del meridione), non si ferma. E considera anzi appena cominciata la battaglia in difesa di un patrimonio (quello ambientale) d’inestimabile valore.
FONTI:
http://www.wwf.it/client/ricerca.aspx?root=29948&content=1