Ricorso contro l’ignobile diga di Monte Nieddu–Is Canargius

Ci sono delle opere pubbliche inutili, distruttive dell’ambiente, occasione di spreco di denaro pubblico che con ottusa testardaggine vengono perseguite contro ogni evidenza e a ogni costo, tanto pagano i cittadini e la natura.

Aggiornamento del 26/03/2012

L’Unione europea si occuperà dell’ignobile diga di Monte Nieddu – Is Canargius.

Ci sono delle opere pubbliche inutili, distruttive dell’ambiente, occasione di spreco di denaro pubblico che con ottusa testardaggine vengono perseguite contro ogni evidenza e a ogni costo, tanto pagano i cittadini e la natura.

Così la diga di Monte Nieddu – Is Canargius, nel Sulcis, già teatro negli ultimi anni di uno degli scempi ambientali e finanziari più scandalosi d’Italia, con centinaia di milioni di euro già letteralmente sprecati fra lavori non conclusi (sono stati realizzati al 19,46%), contenziosi con le imprese esecutrici (oltre 60 milioni di risarcimento danni richiesto), mancanza di reti di distribuzione.

Il 12 marzo 2012 l’eurodeputato ecologista Andrea Zanoni (I.d.V.) ha presentato in proposito una durissima interrogazione parlamentare: infatti, come avevamo preannunciato, il Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale ha bandito una nuova gara d’appalto (56,6 milioni di euro a base d’asta) per la realizzazione delle opere priva di preventivi e vincolanti procedimenti di valutazione d’impatto ambientale cumulativa con le reti di distribuzione idrica (nemmeno progettate e finanziate), di valutazione ambientale strategica, di valutazione di incidenza.

L’eurodeputato ecologista Andrea Zanoni (I.d.V.) ha chiesto alla Commissione europea quali iniziative intenda attuare nei confronti dell’Italia e della Regione autonoma della Sardegna, considerando che la Sardegna possiede già 32 bacini di medie/grandi dimensioni con capacità massima di 2 miliardi e 280 milioni di metri cubi di acqua (quasi un sesto della risorsa invasabile del territorio nazionale) e più di 350 milioni di metri cubi annui di reflui civili, depurati ma non utilizzati”.

Già lo scorso 23 gennaio 2012 le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico, Amici della Terra e Lega per l’Abolizione della Caccia avevano inoltrato un ricorso avverso la realizzazione delle opere priva di preventivi e vincolanti procedimenti di valutazione d’impatto ambientale cumulativa con le reti di distribuzione idrica (nemmeno progettate e finanziate), di valutazione ambientale strategica, di valutazione di incidenza.

Interessati dal ricorso ecologista la Commissione europea, i Ministeri dell’ambiente e dei beni e attività culturali, la Presidenza della Regione autonoma della Sardegna, la Direzione per i beni culturali e paesaggistici per la Sardegna, la Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari, il Servizio regionale tutela del paesaggio di Cagliari, la Direzione regionale valutazione impatti.

Si ricorda che l’area interessata è tutelata con vincolo paesaggistico destinata a parco naturale regionale “Sulcis”, inclusa nel sito di importanza comunitaria (S.I.C.) “Foresta di Monte Arcosu”, ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali.

Nel piano paesaggistico regionale l’area appare ricompresa nell’ambito di paesaggio costiero n. 2 “Nora”  ed è classificata “aree naturali e semi-naturali – boschi” e “aree naturali e semi-naturali – macchia, dune, zone umide” (componenti di paesaggio con valenza ambientale), beni paesaggistici ambientali.

Ricordiamo anche alcuni dei numeri della scandalosa cattiva gestione dell’acqua in Sardegna.

Circa l’85% dell’acqua attualmente immessa nelle reti idriche in Sardegna va persa, come ha recentemente denunciato l’Ordine dei geologi della Sardegna, buona parte delle reti di distribuzione è in condizioni precarie, soprattutto nelle aree urbane e nella rete irrigua. Eppure dovremmo poter stare estremamente tranquilli, in teoria.

Qualche dato complessivo sulla disponibilità idrica regionale: la Sardegna possiede ben 32 invasi di grandi/medie dimensioni aventi una capacità massima attuale di 2 miliardi e 280 milioni di mc. di acqua, di cui 1 miliardo e 904 milioni di mc. con autorizzazione all’invaso (dati Registro Italiano Dighe – Ufficio periferico di Cagliari, 2011).

La Sardegna ha 1.640.000 residenti (la metà di Roma) e poco meno di un sesto della risorsa idrica “invasabile” di tutto il territorio nazionale (540 bacini medio/grandi per circa 13,35 miliardi di mc. di risorsa idrica “invasabile”, vi sono ulteriori 10 mila circa piccoli bacini con capacità inferiore a 100 mila mc., più facili da gestire – dati Ministero Infrastrutture, 2007). A partire dal 31 dicembre 1995 è stata autorizzata una complessiva ulteriore capacità di invaso, in seguito alle previste procedure di collaudo (art. 14 regolamento dighe), di ben 328,359 milioni di mc. di acqua. La sola nuova diga sul Tirso (la 32^) potrà invasare, a collaudi ultimati, circa 800 milioni di mc. di acqua: è, quindi, agevole sostenere che, a operazioni di collaudo ultimate delle dighe già realizzate, la Sardegna potrà contare su circa 2 miliardi e 280 milioni di mc. di risorsa idrica “invasabile”.

Non dobbiamo, poi, dimenticarci che attualmente si stimano in circa 350 milioni di mc. annui i reflui civili depurati scaricati direttamente in mare senza praticamente alcun riutilizzo (il solo depuratore consortile di Cagliari-Is Arenas scarica circa 60 milioni di mc. all’anno, da qualche anno portati “in risalita” nel bacino di Simbirizzi per essere destinati all’agricoltura, ma non utilizzabili a causa del mancato completamento della terza fase di depurazione, con una spesa complessiva di circa 80 miliardi di vecchie lire, senza considerare le ingenti spese di esercizio). Analogamente avviene per i depuratori industriali: non siamo in possesso di dati complessivi, ma si tratta di una realtà certo non trascurabile. Il solo depuratore CACIP produce circa 20 milioni di mc. all’anno di acqua depurata.

Eppure non si pensa al restyling delle reti di distribuzione, al risparmio idrico. Si pensa a realizzare nuove dighe. Gestire l’acqua in Sardegna vuol dire avere una regìa unica, collegamenti fra gli invasi, riciclaggio e riutilizzo dei reflui, risparmio idrico, sistemi a circuito chiuso e, soprattutto, basta con ulteriori dighe!

E’ necessario voltare pagina rispetto ad una politica di gestione dell’acqua fallimentare e folle. Anche l’Unione Europea dirà la sua.

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Articolo del 28/01/2012

Certamente il caso della diga di Monte Nieddu – Is Canargius, nel Sulcis,  già teatro negli ultimi anni di uno degli scempi ambientali e finanziari più scandalosi d’Italia, con centinaia di milioni di euro già letteralmente sprecati fra lavori non conclusi (sono stati realizzati al 19,46%), contenziosi con le imprese esecutrici (oltre 60 milioni di risarcimento danni richiesto), mancanza di reti di distribuzione.

Il Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale ha bandito una nuova gara d’appalto (56,6 milioni di euro a base d’asta) e le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico, Amici della Terra e Lega per l’Abolizione della Caccia hanno inoltrato (23 gennaio 2012) specifico ricorso avverso la realizzazione priva di preventivi e vincolanti procedimenti di valutazione d’impatto ambientale cumulativa con le reti di distribuzione idrica (nemmeno progettate e finanziate), di valutazione ambientale strategica, di valutazione di incidenza. Non si è a conoscenza nemmeno dell’emanazione della prescritta autorizzazione paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.). Interessati dal ricorso ecologista la Commissione europea, i Ministeri dell’ambiente e dei beni e attività culturali, la Presidenza della Regione autonoma della Sardegna, la Direzione per i beni culturali e paesaggistici per la Sardegna, la Soprintendenza per i beni ambientali di Cagliari, il Servizio regionale tutela del paesaggio di Cagliari, la Direzione regionale valutazione impatti.

L’area interessata è tutelata con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), destinata a parco naturale regionale “Sulcis” (legge regionale n. 31/1989 – allegato A), inclusa nel sito di importanza comunitaria (S.I.C.) “Foresta di Monte Arcosu” (codice ITB041105), ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat naturali e semi-naturali.Nel piano paesaggistico regionale – P.P.R., esecutivo con D.P.Re. 7 settembre 2006, n. 82, l’area appare ricompresa nell’ambito di paesaggio costiero n. 2 “Nora” (art. 14 delle norme tecniche di attuazione) ed è classificata “aree naturali e semi-naturali – boschi” e “aree naturali e semi-naturali – macchia, dune, zone umide” (componenti di paesaggio con valenza ambientale), beni paesaggistici ambientali.

Ricordiamo alcuni dei numeri della scandalosa cattiva gestione dell’acqua in Sardegna. Circa l’85% dell’acqua attualmente immessa nelle reti idriche in Sardegna va persa, come ha recentemente denunciato l’Ordine dei geologi della Sardegna, buona parte delle reti di distribuzione è in condizioni precarie, soprattutto nelle aree urbane e nella rete irrigua. Eppure dovremmo poter stare estremamente tranquilli, in teoria. Qualche dato complessivo sulla disponibilità idrica regionale: la Sardegna possiede ben 32 invasi di grandi/medie dimensioni aventi una capacità massima attuale di 2 miliardi e 280 milioni di mc. di acqua, di cui 1 miliardo e 904 milioni di mc. con autorizzazione all’invaso (dati Registro Italiano Dighe – Ufficio periferico di Cagliari, 2011). La Sardegna ha 1.640.000 residenti (la metà di Roma) e poco meno di un sesto della risorsa idrica “invasabile” di tutto il territorio nazionale (540 bacini medio/grandi per circa 13,35 miliardi di mc. di risorsa idrica “invasabile”, vi sono ulteriori 10 mila circa piccoli bacini con capacità inferiore a 100 mila mc., più facili da gestire – dati Ministero Infrastrutture, 2007). A partire dal 31 dicembre 1995 è stata autorizzata una complessiva ulteriore capacità di invaso, in seguito alle previste procedure di collaudo (art. 14 regolamento dighe), di ben 328,359 milioni di mc. di acqua. La sola nuova diga sul Tirso (la 32^) potrà invasare, a collaudi ultimati, circa 800 milioni di mc. di acqua: è, quindi, agevole sostenere che, a operazioni di collaudo ultimate delle dighe già realizzate, la Sardegna potrà contare su circa 2 miliardi e 280 milioni di mc. di risorsa idrica “invasabile”.

Non dobbiamo, poi, dimenticarci che attualmente si stimano in circa 350 milioni di mc. annui i reflui civili depurati scaricati direttamente in mare senza praticamente alcun riutilizzo (il solo depuratore consortile di Cagliari-Is Arenas scarica circa 60 milioni di mc. all’anno, da qualche anno portati “in risalita” nel bacino di Simbirizzi per essere destinati all’agricoltura, ma non utilizzabili a causa del mancato completamento della terza fase di depurazione, con una spesa complessiva di circa 80 miliardi di vecchie lire, senza considerare le ingenti spese di esercizio). Analogamente avviene per i depuratori industriali: non siamo in possesso di dati complessivi, ma si tratta di una realtà certo non trascurabile. Il solo depuratore CACIP produce circa 20 milioni di mc. all’anno di acqua depurata.

Eppure non si pensa al restyling delle reti di distribuzione, al risparmio idrico. Si pensa a realizzare nuove dighe. Gestire l’acqua in Sardegna vuol dire avere una regìa unica, collegamenti fra gli invasi, riciclaggio e riutilizzo dei reflui, risparmio idrico, sistemi a circuito chiuso e, soprattutto, basta con ulteriori dighe! E’ necessario voltare pagina rispetto ad una politica di gestione dell’acqua fallimentare e folle.

di Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico, Amici della Terra e Lega per l’Abolizione della Caccia

ulteriori informazioni su http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com