Un gruppo tra associazioni e comitati punta alla realizzazione di un parco agricolo ed urbano fra Brenta e Bacchiglione. L’obiettivo? Restituire al circondario metropolitano di Padova una visione d’insieme e una prospettiva di benessere alternativa allo spreco di territorio degli ultimi quarant’anni.
«Larga parte degli abitanti della Comunità metropolitana di Padova vive oggi in un territorio che non è né urbano né rurale, in una estesa nuova periferia in cui nel corso degli ultimi decenni è stata realizzata una fitta rete di nuove impattanti infrastrutture viarie e tecnologiche, e dove sono disordinatamente sorti nuovi insediamenti commerciali, produttivi e residenziali. Una dispersione insediativa che genera costi insostenibili per le pubbliche amministrazioni e che nel contempo non è in grado di assicurare una soddisfacente qualità dell’abitare, delle relazioni sociali e del vivere quotidiano». Sono queste le premesse con le quali un gruppo di associazioni e comitati a partire dal febbraio del 2012 sta lavorando ad un protocollo di intenti per la ideazione di un «Parco agropaesaggistico metropolitano» fra Bacchiglione e Brenta. La bozza inziale di lavoro è un protocollo di una decina di pagine fitto di dati e cifre nel quale si fa il punto sulla situazione di pesante urbanizzazione che ha interessato la porzione di territorio padovano compresa tra due fiumi che hanno fatto la storia del Veneto. Secondo i dati del censimento agricolo regionale infatti il solo comune della città del Santo fra il 1970 e il 2000 ha consumato una cosa come 60 ettari all’anno. Se lo sguardo però si estende ai 18 comuni dell’intera area metropolitana, capoluogo incluso, la cifra sale a 240 ettari annui. Una fattispecie che ha caricato il territorio di un costo pesante anche in relazione al fatto che molte aree pur non costruite sono divenute delle semplici aree di risulta. Il che ha reso illegibile una parte importantissima del paesaggio.
L’iniziativa ha già trovato parecchi sostenitori, fra gli altri: Legambiente Padova, Città Amica (Rete di architetti-urbanisti), Italia Nostra, AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica), INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), Amissi del Piovego, DES (Distretto di Economia Solidale), Legambiente Limena, Legambiente Saonara, AR/CO (Architettura Contemporanea), Istituto Nazionale di Bioarchitettura, Associazione per la Decrescita del Triveneto, Coldiretti, CIA, Unione Agricoltori, Associazione La Biolca, Associazione Per la Salvaguardia Idraulica del Territorio Padovano e Veneziano, Slow Food, Slow Food Alta Padovana, Slow Food Riviera del Brenta, WWF Padova, ParcoPartecipato per la tutela del Graticolato romano, Ordine degli Architetti e Paesaggisti, Confagricoltura, Città e Partecipazione, Tiziano Tempesta (Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali), Dario Da Re (Coordinatore Centro Multimediale e di E.learning di Ateneo dell’Università di Padova).
Tra i punti qualificanti dell’iniziativa c’è quella di inserire il proposito all’interno della discussione che alla Regione Veneto sta avvenendo in seno alla redazione del piano paesaggistico regionale che è in gestazione dal 2009. In tal senso il documento prodotto dai firmatari è molto chiaro: «La definizione di un progetto di parco agricolo dovrà ovviamente vedere come protagonisti i comuni, la provincia e la Regione Veneto, con l’attiva partecipazione di associazioni di categoria, associazioni ambientaliste, Consorzi di bonifica, enti preposti alla tutela del territorio…»
Ad ogni modo i proponenti si sono guardati non solo in casa ma anche più distante, si citano infatti esperienze analoghe in italia e in Europa: «… Numerosi sono gli esempi positivi» volti a «favorire la salvaguardia e la valorizzazione dell’agricoltura periurbana. Soprattutto noti sono il Parco Agrario del Baix Llobregat alla periferia di Barcellona in Spagna, il GrünGürtel di Francoforte in Germania, il Code Vert della città di Rennes e il Parco Naturale Regionale del Vexin Français a nordest di Parigi, il Parco Agricolo Sud di Milano, il Parco del Po torinese, il Parco Nord di Ferrara, il progetto di Parco Agricolo della Piana di Prato».
Ovviamente quando si parla di parco non si fa riferimento ad una semplice somma di territori, ma si fa riferimento ad un insieme di aree che in prospettiva dovrebbero godere di tutele e trattamenti omogenei. In primis per la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Non è un caso infatti che Sergio Lironi, presidente padovano di Legambiente, nella sua premessa al protocollo allarga lo spettro del dibattito spiegando che «nel documento si sostiene che un organico progetto di salvaguardia e valorizzazione degli spazi e delle attività agricole periurbane, elaborato con la diretta partecipazione degli abitanti, potrebbe essere alla base di una nuova idea di città e potrebbe favorire la formazione di nuovi paesaggi, più vivibili, ecologicamente più sostenibili e di maggior pregio sotto l’aspetto estetico, con effetti positivi anche dal punto di vista economico ed occupazionale».
Enrico Rosa
[…] http://www.salviamoilpaesaggio.it/blog/2012/03/tra-i-due-fiumi/ Share this:TwitterFacebookLike this:LikeBe the first to like this post. Questo articolo è stato pubblicato in Rassegna stampa ed etichettato con Cementificazione del territorio, Censimento del cemento, Parco Agro-paesaggistico, Salviamo il paesaggio. Includi tra i preferiti il permalink. […]
CHE L’IDEA, OPPORTUNAMENTE ADATTATA ALLE VARIE REALTA’, POTREBBE DIVENTARE UNA LINEA GUIDA PER MOLTE CITTA’…E’ UN CONCETTO ESPRESSO/RECEPITO NEI P.R.G. MODENESI DAGLI ANNI SETTANTA IN POI.
A MILANO ORA LE CHIAMAMO “RAGGI VERDI” LE LINGUE AGRICOLE CHE SI INCUNEANO IN CITTA’… MITIGANO IL CLIMA, MIGLIORANO LA QUALITA’ DELLA VITA…
[…] LINK all’articolo su www.salviamoilpaesaggio.it […]
Vorrei anche aggiungere che se non si riuscirà a far desistere i nostri politici dalla volontà di proseguire nell’infrastrutturazione selvaggia ed esasperata del territorio, qualsiasi tentativo di creare parchi agricoli periurbani o aree di tutela paesaggistica sarà destinato, purtroppo, a fallire miseramente. Per quanto riguarda il paesaggio agricolo che circonda Padova (o, meglio, quel poco che ne rimane), mi domando cosa ne sarà quando verrà costruito il grande raccordo anulare (GRA), oppure l’allargamento della nuova statale del Santo (di cui già si è cominciato a parlare), o la circonvallazione ovest di Vigonza, il nuovo ospedale di Padova (previsto in un’area agricola ad ovest della città) e molte altre opere simili.
Il lavoro di sensibilizzazione da fare è immenso e dovrebbe riguardare anzitutto la classe politica, prima ancora che i semplici cittadini. Purtroppo i politici veneti, a tutti i livelli, non hanno nè preparazione, nè cultura, nè sensibilità adeguate per gestire il loro ruolo e si limitano a pianificare la progressiva distruzione del territorio. Pensiamo solo a Veneto City o al Quadrante di Tessera.
Se tra i comuni dell’area periurbana di Padova inserissimo anche quei paesi della provincia veneziana il cui territorio è compreso nell’Agro Centuriato Patavino (Graticolato Romano), penso, ad esempio, a Pianiga, a Santa Maria di Sala e alla stessa Mirano, vedremmo che sono ancora in progetto alcune devastanti opere infrastrutturali e insediamenti commerciali, industrali e residenziali che, attualmente, non sono sufficientemente contrastati neppure dai cittadini e dai comitati locali, talvolta addirittura sono avallati! Penso al casello autostradale di Albarea, ad ulcuni assi stradali previsti nel comune di Pianiga che insisteranno sulle maglie della centuriazione romana rovinando il paesaggio agricolo locale (collegamento via Marinoni/via Noalese), ai nuovi centri commerciali previsti a Caltana e in località Tre Ponti dall’amministrazione comunale di Santa Mariadi Sala come perequazione urbanistica per finanziare la costruzione di un nuovo centro scolastico, ecc…
Se ogni cittadino ed ogni comitato, in sinergia con le amministrazioni locali e in collegamento con le associazioni anche dei territori vicini, riuscisse a vincere la tentazione di escludere l’orto della propria casa dallo svantaggio magari di vedersi qualche macchina o qualche camion passare davanti casa, nell’ottica della salvaguardia complessiva di tutto il paesaggio agricolo, avremmo già fatto un passo avanti. Purtroppo così non è. La differenza tra associazioni e comitati sta proprio in questo: le prime ragionano secondo un’ottica complessiva di tutela, i secondi secondo un’ottica domestica.
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