A Corbetta, comune della provincia ovest di Milano, si sta consumando una singolare lotta a colpi di sentenze e ricorsi legali. L’oggetto del contendere è un lotto di circa 2500 metri quadrati, che sorge a ridosso di una corte storica a stretto ridosso del parco agricolo sud Milano.
Si tratta di un’area di riconosciuta importanza paesistico-ambientale.
Lo stesso piano regolatore comunale del 1999, infatti non solo ne riconferma il carattere rurale ma ne rafforza i vincoli di salvaguardia valorizzando le rive boschive dei fontanili che si inseriscono. Quel piano regolatore però definiva una regola ammettendone al contempo l’eccezione. Ovvero quei 2500 metri quadri di proprietà del consigliere comunale Gabriele Introini.
Siamo nella zona sud della frazione Battuello e il nuovo piano regolatore, che trova approvazione qualche anno più tardi, nel 2002, permette alla famiglia del consigliere comunale Introini di ottenere quella possibilità di costruire che gli era stata negata per anni. La volontà edificatrice della proprietà aveva infatti dovuto scontrarsi con i principi di tutela dell’ambiente e dei tradizionali insediamenti locali. E’ proprio su questo aspetto che le proprietà confinanti, col supporto dell’associazione Eco Alba e del gruppo dei Verdi in Regione Lombardia, fanno leva nel ricorso presentato al TAR regionale.
Ricorso che tuttavia non dà esiti. Così nel 2008 vengono avviati i lavori dapprima demolendo una campata di un edificio storico per creare l’accesso al retrostante terreno e si ha così l’inizio dello scempio ambientale (un progetto che prevede la costruzione di tre ville a schiera e sette box e che interessa una superficie di 500 metri quadri).
Il 16 giugno 2009 però arriva la tanto attesa sentenza del TAR, nella quale viene affermato, tra gli altri, il principio per cui “l’amministrazione comunale ha amplissima discrezionalità nelle scelte urbanistiche ma deve rispondere a principi di salvaguardia delle risorse territoriali”. In sostanza, le amministrazioni non possono fare quello che vogliono, ma devono rispettare il principio di tutela del bene comune, dandogli priorità rispetto al proprio tornaconto o qualsiasi interesse legato a privati cittadini.
Questa sentenza riesce a fermare i lavori presso la corte storica, ma non le intenzioni della famiglia Introini, né quelle dell’amministrazione comunale. L’allora sindaco Ugo Parini decide infatti di presentare ricorso presso il Consiglio di Stato. Il comune di Corbetta si costituisce perciò contro la sentenza del TAR ed autorizza spese legali per un ammontare di circa 10 mila euro. Viene inoltre approvato un nuovo Piano di Governo del Territorio, che vincola l’edificabilità del terreno in questione al parere del Consiglio di Stato.
Nel marzo scorso arriva finalmente il pronunciamento del Consiglio di Stato. La sentenza del 2 marzo 2012 conferma quanto espresso dal TAR della Lombardia nel 2009 e quindi respinge le istanze presentate dal comune di Corbetta e dal consigliere comunale Introini.
Questione conclusa? Non si direbbe.
C’è ancora un ricorso portato avanti privatamente dalla famiglia Introini, che si appella contro quel vincolo al parere del Consiglio di Stato inserito nel PGT del 2010. Situazione grottesca, che costringerà l’amministrazione comunale a rispondere al ricorso presentato da un consigliere dell’attuale maggioranza (nel maggio 2011 Gabriele Introini è stato infatti eletto come consigliere di maggioranza nella giunta comunale).
L’attuale sindaco di Corbetta, del resto, ha recentemente affermato: “siamo pronti a mettere mano al PGT per andare incontro alle esigenze dei corbettesi. La nostra macchina comunale è stata concepita e strutturata – a livello di personale, di servizi sociali e scolastici, di manutenzione ordinaria – in funzione di entrate d’oneri edilizi che sono stati una costante dal 2002 fino al 2010 e che, per i noti motivi, non ci sono più”.
Insomma, una dichiarazione che lascia poco tranquilli. E che lascia presagire nuovi capitoli di quest’intricata vicenda. Tanto intricata quanto paradossale. Il patrimonio ambientale del territorio messo sotto assedio da quell’amministrazione comunale che lo dovrebbe invece tutelare e valorizzare. Ma quando ci sono in ballo interessi economici e opportunità di fare cassa, a quanto pare, il paradosso diventa abitudine. Diventa il malcostume tipico di una cattiva gestione, che l’azione e l’attenzione dei cittadini può e deve contrastare.
Stefan Lupo
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