Caro segretario Bersani, impegnatevi a salvare il paesaggio!

Caro Segretario,

grazie di essere venuto all’incontro con Sandra Bonsanti e Gustavo Zagrebelsky, grazie di aver provato a rispondere alle loro e nostre domande, e grazie per i tratti di umanità e simpatia che specie in conclusione trapelavano dalle sue parole.

Naturalmente questo ringraziamento introduce una delle mille domande che ancora molti di noi avrebbero voluto rivolgerle – perché è importante che anche da queste nostre domande emergano infine quelle “dieci parole” che devono, secondo il suo pensiero, riassumere le cose da fare, secondo un “progetto di società” che coloro che sceglieranno di votare Pd possano riconoscere come proprio.

E’ importante che quelle dieci parole siano davvero scelte con la massima cura – e anche con la massima attenzione a tutte le domande sensate che salgono dai cittadini. Sarebbe bello se questa mia questione non fosse che la prima di una nuova serie, che vada ad aggiungersi a tutte quelle che le sono già state proposte, o a rinforzarle, sfaccettarle, precisarle….

La questione che vorrei sollevare prende avvio dal suo discorso iniziale, nel quale ha accennato a una serie di problemi con cui la cittadinanza e dunque la politica si scontrano, qui ed ora,  ma che  non nascono qui.  Vengono da decisioni prese “altrove” – altrove rispetto ai luoghi deputati della politica “nazionale”, le istituzioni dello Stato, il Parlamento, i partiti. E ha fatto esempi calzanti e familiari – la finanza, il lavoro. Ne ha fatto un terzo che invece non è calzante: l’ambiente.

Non sono un’ambientalista – me ne mancano tutte le necessarie, complesse competenze – ma proprio questo è segno che la questione, DA NOI,  non è certamente un lusso per nicchie verdi e nemmeno per no-global, no Tav, no-men di professione.

DA NOI, l’ambiente è una questione che le comprende quasi tutte.

Perché è una questione che punta il dito su quello che non esiterei a chiamare il suicidio morale di una nazione, l’aspetto terribilmente visibile della catastrofe morale e civile che si misura in tasso di corruzione e crescita della zona grigia di contiguità fra politica e – purtroppo – criminalità, più o meno organizzata.

Non sono un’ambientalista anche nel senso che non sono “solo” tale, e lo dico per pregarla, Segretario, di non far spallucce come se fosse una questione di lusso, una questione secondaria nel disastro in mezzo al quale ci troviamo.

Di non fare come da sempre fa in questo nostro Paese la sinistra, per la quale la bellezza (l’aspetto visibile di quell’”ordine” che i disastri ambientali distruggono) è un lusso, e prima viene il necessario.

La bellezza non è un lusso e la sua distruzione ha lo stesso significato della distruzione di tutti gli altri beni senza i quali semplicemente non vale la pena di vivere.

E per i quali, invece, il pane quotidiano è un mezzo (non di solo pane vive l’uomo): la giustizia, la libertà, la ricerca del vero.

L’idea che la bellezza sia un lusso ha fatto a questo nostro Paese più danno – infinitamente di più – di qualunque attardata nostalgia di “socialismi reali”, centralismi “democratici” e altre eredità da un pezzo dismesse dalla sinistra italiana. Mentre quell’idea resta purtroppo un’ovvietà mai dismessa dal suo arsenale mentale.

Non sono un’ambientalista, e perciò l’ambiente che ci circonda qui, in Italia,  preferirei chiamarlo, con Salvatore Settis, il paesaggio storico, che comprende tanta parte di beni “comuni” – naturali e culturali.

Ecco: Zagrebelsky insisteva sulla necessità di chiarire cosa fa la differenza, nelle parole e nei programmi che il Pd proporrà, perché nessuno direbbe “abbasso il lavoro” o “distruggiamo l’ambiente”.

Ecco allora una parola nuova e una battaglia specifica, che uno studioso di fama internazionale come Settis propone da molto tempo, pubblicamente e quotidianamente. Ma perché né il Pd né il governo dei “tecnici” sembrano essersene accorti?

Perché abbiamo ai due ministeri che per l’Italia sono infinitamente importanti, quelli  dell’ambiente e dei beni culturali, due ministri che meno “tecnici”, cioè esperti e appassionati dei problemi specifici, non si può? Cosa ha fatto il Pd perché così non fosse?

Dopo queste tre negazioni potrà immaginare la mia questione senza – speriamo – subito rimuoverla: 

qual è la linea del Pd sull’ambiente italiano, o meglio sui nostri paesaggi storici  – se ce n’è una?

I nostri paesaggi storici: vale a dire il volto stesso del nostro Paese, la nostra identità, il nostro marchio di valore agli occhi del mondo, la nostra residua risorsa economica, il (già scarso) futuro dei nostri figli, e inoltre e più in profondità il nostro e loro nutrimento spirituale e culturale, la nostra radice. 

Ma anche qualcosa che non appartiene a noi, e tanto meno a ciascuna regione o provincia o comune, ma in alcuni casi all’umanità intera.

Questo nostro volto, caro Segretario, noi da una ventina d’anni a questa parte lo stiamo distruggendo, con una sistematicità, un’intensità, una rapidità che non ha eguali nei decenni precedenti, compresi gli anni del boom e gli edonistici anni ’80.

Per questo l’ho chiamato un suicidio: è l’anima del nostro Paese che stiamo svendendo agli interessi più sordidi quando va bene, e alle mafie che gestiscono l’edilizia quando va male, cioè quasi sempre.

Ne è consapevole, la dirigenza del Partito, di questo suicidio, sintomo della tranquilla disperazione di cui parlava Zagrebelsky, tanto simile agli atti autolesionistici che gli adolescenti depressi tanto spesso compiono? E come intende porvi, pur così tardivamente, rimedio?

Ora per precisare davvero il senso di questa mia domanda  concluderò sulle ragioni per cui ritengo del tutto inadeguato il suo terzo esempio dei “problemi che vengono da decisioni prese altrove”, oltre i limiti della vita politica nazionale.

No, Segretario, le decisioni sui nostri paesaggi storici non vengono prese altrove, ma nel cuore spesso già devastato di quegli stessi paesaggi. Le decisioni devastanti sono da vent’anni assolutamente bipartisan.

Sono purtroppo molto spesso l’opera di quegli amministratori locali, anche quelli della sinistra, che – come lei ha detto – intanto si stanno facendo le ossa per ascendere a ruoli più “nazionali”, nel Partito o nelle istituzioni. Peccato che se le  stiano facendo, le loro giovani ossa, a furia di lasciare che vadano in polvere le fragili, antiche ossa di questo Paese, che non sono solo quelle di Pompei o della Domus Aurea che frana.

A furia di svendere spiagge e pinete e fiumi e colli e monti e legalità – in cambio di consenso, un consenso criminoso quand’anche diffuso. Con la solita scusa, quella che anche lei, stasera, sembra aver abbozzato a un accenno di Zagrebelsky in questa direzione: c’è prima la questione sociale.

C’è la questione dello sviluppo, dicono sindaci e governatori. Certo: lo sviluppo come cementificazione e consumo di territorio, che poi crea semplicemente mostruosità invendibili distruggendo risorse realissime.

Distruggendo il motivo per cui da tutto il mondo si veniva in Italiache non è certo quello di contemplare baie un tempo famose ridotte a periferie industriali, profili collinari dolcissimi stuprate da autostrade e superstrade sempre più ridondanti e inutili, valli montane immortalate nei libri di viaggio dei classici europei sfasciate dalla dinamite e coperte di cemento.

Debbo fare qualche esempio? Certo che ci sono lodevoli eccezioni, soprattutto in alcuni (piccoli o piccolissimi) comuni. Ma  c’è una tal caterva di esempi terribili, Segretario, lo chieda a qualunque volontario di Italia nostra, vada a guardare il sito “Salviamo il Paesaggio”!

Devo proprio fare qualche esempio simbolico, simbolico tanto dell’anima di questo Paese così amato nel mondo – nonostante tutto – quanto di alcune roccaforti della “buona” amministrazione, del buon governo delle sinistre?

Ecco: Assisi è “patrimonio dell’umanità”. Vada una volta a mettersi proprio di fianco al cartello che lo attesta, Segretario, e si affacci da quella terrazza a contemplare la piana sottostante. Non è molto diversa da quella di una degradata periferia semi-urbanizzata, insieme caotica, volgare e miserevole, soprattutto dove ostenta ricchezza.

E questo non è una specie di crimine contro l’umanità, quell’umanità di cui Assisi è patrimonio?

Oppure, Segretario, vada in Toscana, quel nostro luogo dell’anima il cui solo nome evoca sospiri di nostalgia o di desiderio in tutte – senza eccezione – le persone che ho incontrato all’estero, nelle università di tutto il mondo. Percorra in tutta la sua lunghezza la Riva degli Etruschi: vi troverà una percentuale di “porticcioli turistici” alta come quella del Lazio – infame e ridicola, uno ogni tre o dieci chilometri: e sa di cosa parlo, vero? Immani cementificazioni che sono nella maggior parte dei casi non solo non-funzionali come porti, ma totalmente fallimentari sia dal punto di vista commerciale che da quello immobiliare.

Si figuri che a Cecina stanno addirittura spostando la foce del fiume, per far posto a un’opera enorme, che aggraverà enormemente il già gravissimo problema dell’erosione costiera (decine e decine e decine di metri di spiaggia e pineta mangiati in pochi anni). Con una diga marina, la distruzione di due spiagge e relative pinete, l’installazione di quaranta centri commerciali, residences, un numero spropositato di box e perfino un eliporto, e il tutto lo sa dove, Segretario? In Riserva Naturale di Stato (Tomboli di Cecina) e Area Regionale Protetta (ANPIL Fiume Cecina). E cosa dice l’ottimo Presidente della Regione Toscana? Disse, dopo le alluvioni di quest’inverno: mai più costruzioni sull’alveo dei fiumi! Ma cosa fa la Regione Toscana? Dice sì all’accordo fra il Comune di Cecina che regala la foce, e l’azionariato privato che la riceve per farsi il porto, che per di più ottiene gratis lo scavo del fiume, perché la sabbia  (velenosissima, inquinata dalla Solvay) verrà riciclata per un’improbabile rinascimento della spiaggia che resta, e questo si può fare col programma anti-erosione della Comunità Europea! E a chi confida, la Regione Toscana, il controllo delle condizioni imposte per la concessione dei permessi? Al Comune di Cecina, implicato fino alle orecchie nell’operazione che dovrebbe controllare! E come risponde, l’Assessore all’Ambiente della Regione Toscana, a una sequela di obiezioni del WWF sul disastro ambientale che l’operazione provocherà (“bomba ambientale” e “stupro paesaggistico” l’hanno definita gli esperti di Italia nostra), una sequela da far tremare i polsi? Ecco come:  DECRETA “Queste obiezioni non sussistono”, punto.

Perdoni Segretario se l’affliggo con questi dettagli che ho veduto e letto coi miei occhi: ma non sono queste cose un esempio terribile di complicità con la malversazione che sta facendo naufragare il Paese, con l’aggravio di essere malversazioni presentate dagli stessi che proclamano “gride” manzoniane come “mai più costruire sull’alveo dei fiumi”?

Non voglio dire che ci siano consapevoli elementi di malversazione in questi specifici casi – io non lo credo, almeno.

Ma c’è forse ancora di peggio: c’è una sottovalutazione talmente inconsapevole e irresponsabile di questo povero valore che ci resta, e che dovremmo tutti difendere con le unghie e coi denti, la bellezza, da far cadere le braccia.

C’è un’idea profondamente e dimostrabilmente sbagliata di sviluppo.

C’è assoluta ignoranza del fatto che certi paesaggi non appartengono a un comune o a una regione, ma all’umanità tutta intera.

E se questi, questi toscani, ad esempio,  sono per tradizione i più esperti  fra gli amministratori del Pd, i più colti – come saranno gli altri? Come potremo chiedere agli onesti e ai responsabili di credere ancora alla bontà delle amministrazioni locali della sinistra??

E infine, Segretario, a chi risale quella “Legge Burlando” che ha semplificato, appunto, la concessione ovvero la svendita dei terreni demaniali per costruire porticcioli? Se non a uno che fu perfino Ministro, e le cui gesta, in quanto presidente della Regione Liguria, sono narrate nel libro di Marco Preve e Ferruccio Sansa, Il partito del cemento, Chiarelettere 2008? A chi si debbono, a proposito di amministratori locali, quelle “costruzioni sull’alveo dei fiumi” che hanno causato addirittura perdite di vite umane?

No, Segretario, queste decisioni non sono mai state prese altrove. Ma qui, nella mente e nel cuore dei luoghi che ne sono stati devastati, nell’opaca quotidianità degli scambi fra politica e affari, dagli eredi di quegli amministratori che per decenni avevano “salvato” il paesaggio. E che negli ultimi vent’anni hanno ceduto, come di schianto, al dilagare della malapolitica.

La Spaccamaremma, l’autostrada più assurda del mondo, l’ha voluta Altiero Matteoli. Ma c’è chi dall’altra parte – dalla nostra, Segretario, e questo non è un grido di dolore, è un lungo pianto,  che non ha mai risposta – si sta sforzando di fare anche di peggio.

Perché? Perché non dite niente?

Lo fermerete, questo suicidio? Se non ora, quando?

 

Roberta De Monticelli

professoressa di filosofia della persona presso l’università Vita-Salute del San Raffaele

16 commenti

  1. Nella sua lettera la prof. De Monticelli cita, giustamente, la Toscana come il nostro luogo dell’anima. La invitiamo a compiere un giro in Liguria, regione che, come ha detto il prof. Settis qualche tempo fa proprio alla Spezia, gareggia con la Calabria quanto a distruzione di suolo e di mare. A partire da Marinella dove è in programma la costruzione di un mega porticciolo (ancora?) con tutti gli annessi, passando per il povero martoriato golfo della Spezia dove le due punte più note, Lerici e Porto Venere, sono ormai irriconoscibili sotto colate di cemento. Per non parlare dell’isola Palmaria alla quale non è stato di nessuna salvezza essere inserita in un Parco Regionale ed è stata ed è oggetto di interventi che ne modificheranno per sempre la natura. I danni provocati dall’alluvione dello scorso autunno alle cinque terre sono stati solo fatalità? E che dire del progetto di costruire un porticciolo a Vallesanta di Levanto? Da lì in poi, fino a Genova, sono costruzioni e porticcioli senza soluzione di continuità. Sulla riviera di Ponente la situazione non cambia: porti costruzioni riempimenti. Eppure la Liguria, salvo brevi intervalli, è sempre stata governata dalla sinistra, oggi è al suo secondo mandato proprio quel Burlando citato dalla professoressa. Sarzana, La Spezia, Lerici e Porto Venere hanno da sempre amministrazioni di sinistra, amministratori che si stanno facendo le ossa, o se le sono già fatte, “a furia di lasciare che vadano in polvere le fragili, antiche ossa di questo Paese”.

  2. Aver fatto battaglie per l’ambiente da una vita, anche dentro le istituzioni, e rendersi conto che la “coscienza ambientalista” non si è mai istallata nelle stanze della politica, neppure nella sinistra inchiodata dalla perversa equazione “opere pubbliche=occupazione”, è molto deprimente perché nel frattempo il nostro patrimonio di “paesaggi storici” è stato quasi dappertutto depredato e la società, non solo politica, continua a ritenere che il “progresso” passi obbligatoriamente per la cementificazione.
    Non è servita la lezione appassionata di Antonio Cederna (sintetizzo un suo pensiero: si scelgono gli scorci più belli per costruirvi villettopoli, così distruggendo la loro stessa ragione sociale, la bellezza) né di quanti venuti dopo (Settis, Petrini, Mercalli, Valentini, Sasso … e ora la magnifica De Monticelli) spendono ingegno e saperi per illuminare le menti di chi sta al potere, ma invano: a comandare è sempre e solo il Pil.
    A proposito di spreco di suolo, scrive Chiara Sasso ne “Il suolo è dei nostri figli” (Instar libri): «Gli sprechi non hanno nessun beneficio… anzi, paradossalmente producono brillanti effetti sul Pil, perché un capannone dove mai nessuno lavorerà o una casa dove mai nessuno abiterà fanno comunque aumentare il prodotto interno lordo della nazione».
    In Sicilia, per fare un esempio, ostenta un Pil elevatissimo il comune di Campofelice che ha trasformato la piana di Bonfornello, un tempo benefiche colorate distese di carciofeti, in agglomerati fitti di seconde case pretenziose e disabitate. Bisogna proprio che la questione diventi “caso nazionale” da affrontare con leggi lungimiranti, severe, intelligenti. E la sinistra, il Pd visto che anch’io l’ho votato, non ha ancora capito che la strada da intraprendere è quella della salvaguardia di ambiente, paesaggio, cultura.

  3. Penso che sia giusto incalzare criticamente il Pd per i suoi limiti specialmente sui temi dell’ambiente che proprio perchè come dice la Monticelli comprende quasi tutto va oltre lo stesso paesaggio. Va detto che tra i suoi limiti c’è anche quello di aver perso per strada una certa tradizione della sinistra da non confondere con quella dei verdi.
    Nelle istituzioni regionali e locali come nella gestione dei parchi che qui non compaiono e in parlamento si sono formati ‘esperti’ provenienti dalla politica e dalle istituzioni che oggi scarseggia anche per qualche tentazione di troppo di tipo bipartisan che spesso produce mostriciattoli come al senato dove si discutono le mofifiche ad una buona legge sulle aree protette. Temi di cui si occupa il nostro Gruppo di San Rossore per il Rilancio dei parchi che il 21 settembre nella tenuta ex presidenziale in un appuntamento nazionale discuterà del rilancio delle aree protette, della sicurezza del suolo e della tutela del paesaggio. Inviteremo naturalmente anche il Pd e gli altri amici compresi quello del Forum Salviamo il paesaggio.
    On Renzo Moschini Coordinatore del gruppo di San Rossore e Responsabile dei parchi di Legautonomie

  4. Innanzitutto complimenti alla Prof.ssa de Monticelli: credo sarà molto difficile e di certo alquanto imbarazzante per il PD rispondere alle sue domanda.
    In provincia di Bologna, per esempio, nel mio paesino, Monteveglio, ricco di fabbricati di memoria storica e di zone archeologiche è successo questo: http://www.comune.monteveglio.bo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1390:n-45-del-12072011&catid=183:anno-2011&Itemid=387
    Vi prego di leggere bene anche gli allegati alla delibera. La sottoscritta, in qualità di consigliere di una lista civica di minoranza, ho tentato di far luce con un’ interrogazione su un fatto increscioso accaduto qui da noi a carico dell’Amministrazione PD, ma……mi sono imbattuta in un muro di gomma!!!!! spero proprio che le Vs. domande ricevano risposte concrete…Auguri e buon lavoro (c’è n’è proprio bisogno)!!!!! Tamara Masi

  5. Che penso: penso che, disperati, in tanti voteranno grillo.
    perchè bersani, dopo essersene scientificamente disinteressato per una vita (e voglio essere buono), dovrebbe cominciare adesso, alla sua età ad occuparsi di ambiente e bellezza?
    Comunque ottima la De Monticelli.

  6. Caro Bersani(mi permetto anch’io di scriverle qualcosa,anche perchè sono una tesserata delPD).Lei è un bravo segretario,serio e qualche volta anche simpatico,ma forse un pò troppo legato al passato.Non crede che invece delle “grandi opere”delle cosidette infrastrutture,dei porti e delle autostrade(l’Italia è solo una delicata striscia di terra)siano più utili mille piccoli cantieri per il recupero e la manutenzione del territorio?

  7. come non essere in accordo con questa lettera…

    e come non constatare che nelle regioni amministrate dal pd(e prima pci) il territorio è stato violentato, stuprato

    e come non cogliere l’interesse per gli “affari” di tante cooperative

    Come non vedere, nella tragedia del terremoto in emilia anche la tragedia di un modello di espansione urbanistica …. caduti quelli torri e quei campanili …che resta?

    la mia amarezza è nel constatare che a fianco allo scempio dell’ambiente e del paesaggio ci sta l’incapacità di pensare a quali paesaggi urbani lasceremo alle future generazioni

    preservare, conservare è indispensabile come lo è anche progettare e trasmettere

    credo sia una sfida

    dubito che gli attuali partiti possano (preoccupati come sono a mantenersi) raccogliere questa sfida

    confido in molti cittadini

    mara giogoli

  8. Considero comunque difficile che i vari Pidini sparsi nelle tante piccole amministrazioni locali arriveranno mai a capire qualcosa. Sono anche quasi tutti cacciatori! e mangiatori di carne.

  9. Professoressa Monticelli, sono d’accordo su quanto ha detto a Bersani, al 100%! Le mando un bacio.
    Ed un grazie al prof. Cecchini per le sue proposte.
    Giuliano Lepri

  10. singolare che si scriva una così lunga lettera per chiedere qual’è la linea del PD e di Bersani su ambiente e territorio
    non serve una laurea in ambientalismo: cemento, grandi opere inutili, cemento, affari ,alleanze….

    “Perché? Perché non dite niente?
    Lo fermerete, questo suicidio? Se non ora, quando?”
    non dite niente..!!?

  11. Condivido anche le virgole dell’articolo.Credo che ilPD manchi quasi completamente di una cultura ambientale(o forse sarebbe giusto dire che manca di cultura in generale),che i comuni abbiano la responsabilità maggiore in questo disastro.Il “bel paese”ormai non c’è più e sarebbe urgente almeno salvare il salvabile.Per questa ragione alla prossime elezioni voterò M5stelle nella speranza che dei “non professionisti della politica”riescano in quello in cui la politica ufficiale ha fallito.

  12. La Professoressa parla bene e certamentwe si deve intervenire cambiare le leggi. Il controllore non può essere il soggetto controllato. Spero si fermi lo scempio della costruzione del porto in zona protetta come parco. Ottima idea quella del Prof. Cecchini.

  13. la sinistra non è ambientalista come non lo è la destra. vivo nella regione più cementificata d’ Italia ,la Liguria, a guida PD da decenni. Da Bersani ,se si vuole salvare quel poco rimasto, non dobbiamo aspettarci nulla. Forse ,al governo, dovremmo avere gli svedesi.

  14. sono completamente d’accordo con la professoressa ma anche convinto che Bersani o non risponde o mena il can per l’aia, come direbbe lui. Venga a Pistoia professoressa dove di recente hanno fatto una retata di impresari e tecnici di uffici pubblici, venga a vedere dove e come stanno costruendo il nuovo ospedale e le si rizzeranno i capelli!

  15. E’ una battaglia che l’INU e altre Associazioni conducevano già dagli anni ’60 che portarono il senatore democristiano Fiorentino Sullo a proporre la riforma basata sulla separazione del diritto di superficie dal diritto edificatorio. Fu subito eliminato dalla scena politica italiana. Oggi sarebbe necessaria una legge di riforma nazionale basata su tale principio che si potrebbe definire “perequazione fondiaria urbanistica territoriale”. Cioè si costruisce (poco nuovo e molto in ristrutturazione e riqualificazione urbanistica e ambientale) soltanto entro “comparti edificatori” a diversa composizione funzionale integrata con spazi verdi e servizi assegnando un plafon di cubatura assegnato a tutto il comparto (con un range prefissato di elasticità per permettere una reale partecipazione pubblico-privato) e facendo cedere a tutti i proprietari del comparto una percentuale consistente di suolo (a compenso del diritto di edificare e/o ristrutturare anche aumentando le cubature esistenti) e con eventuale trasferimento in altro comparto dei diritti edificatori assegnati, qualora entro il comparto non possa avvenire la compensazione. Sarebbe importante estenderlo anche fuori del comune di riferimento ed entro una dimensione di sistema locale urbano-territoriale (la dimensione intercomunale o della cintura metropolitana). In questo modo si potrebbe evitare di continuare a congestionare ulteriormente le grandi e medie città contribuendo alla formazione di un policentrismo territoriale pianificato e programmato e alla coesione interna a questi sistemi con una razionale distribuzione dei servizi non locali strutturata con la mobilità sostenibile e potenziando preferibilmente i nodi-luogo intermodali. Si fanno interventi soltanto attraverso i “comparti edificatori di ristrutturazione e di completamento”. Consumo di suolo e sua frammentazione “quasi Zero” ma..realmente e senza alcuna deroga. Nelle aree cedute per spazi e funzioni pubbliche (almeno pari al 40 o 50% delle aree totali) una quota potrebbe essere assegnata anche a edilizia popolare e convenzionata e per usi commerciali, terziari e produttivi ambientalmente sostenibili. Il problema di portare queste tematiche all’interno della società è molto difficile (salvo farlo ad una elite culturale) perchè sia i ricchi ma anche il ceto medio che abbia una qualche disponibilità economica (oggi per fortuna ma soltanto per questi effetti molto meno data la crisi) tende a questo bene rifugio (spesso sbagliando anche per i figli..che poi saranno costretti ad emigrare. Il vero nodo è la politica, soprattutto quella comunale, che strutturalmente tende a favorire attraverso il piano queste speculazioni fondiarie e edilizie che resistono anche alla crisi perchè possono procurare rendita immediata (quella fondiaria) e d’attesa (quella edilizia). Questo come capisci sono “favori” particolari che quindi hanno un “prezzo” di corruzione o monetario o di scambio o di voto politico. Apparentemente sostengono gli introiti comunali (come oneri urbanizzativi e di costruzione) in realtà poi i comuni dovranno metterci molti più soldi per le opere infrastrutturali o non farle ma allora si aumenta il degrado. Quello di cui non si tiene conto in ogni caso sono i gravi danni ambientali che co il consumo di suolo e la sua frammentazione si producono alle risorse naturali in termini di consumo irreversibile e all’agricoltura in termini di riduzione per le generazioni future delle aree agricole e soprattutto quelle potenzialmente “pregiate” che resistono solo se già produttrici di “reddito”..ma se non vi è il ricambio generazionale potremmo perdere anche quelle. Quindi la battaglia va fatta contro i partiti che non assumono fra le priorità principali questo obiettivo in modo da farglielo capire con le buone o con ..le cattive. se vogliamo effettivamente tutelare, mettere in sicurezza il nostro patrimonio architettonico e edilizio dobbiamo fare una seria politica del territorio soprattutto a livello regionale e conseguentemente comunale ma nelle dimensioni di sistemi urbani e territoriali intercomunali, metropolitani, di Comunità montane e rurali, visto che lo Stato ha abdicato a questa sua funzione (salvo sperare nel Ministero di Barca per la coesione territoriale?). Per fare questo è necessario però istituire nella formazione dei piani locali l’obbligatorietà dei comparti perequativi fondiari e trasferimento dei diritti edificabili, per rendere effettiva la prevenzione dei rischi, la riduzione della spesa pubblica per i costi di esproprio (e quindi la compensazione della rendita fondiaria) e la possibilità di effettuare interventi di ristrutturazione urbana ed ambientale. In tal modo si potrebbe dare slancio a questa nuova fase di riqualificazione territoriale con metodi, procedure e norme che è qui difficile da sintetizzare e bloccare le nuove espansioni anche puntuali come purtroppo avviene per i grandi centri commerciali e ora anche gli Stadi che sono un ulteriore esempio di incultura pianificatoria che non fanno che convalidare alla già conosciuta sudditanza dei cittadini impotenti e della politica, non più potente, alla finanza speculativa internazionale anche quella a carattere più localistico ma notevolmente diffusa, a causa di una politica corrotta e consenziente (anche con spreco di soldi pubblici), che in cambio di qualche “contentino” d’uso pubblico permette interventi di incrementale consumo di suolo, di congestione da traffico privato e da “cattedrali” consumistiche o di competizione sportiva per incrementare capitali finanziari privati con proprietà edilizie garantite anche per future generazioni data la loro trasformabilità d’uso. Non a caso accanto ai nuovi stadi si vorranno fare esercizi commerciali e..residenze. Questa è la pianificazione urbana e territoriale “nostrana” avvallata da tutti i partiti o quasi e dal governo tecnico (di economisti), anzichè realizzare parchi integrati di servizi nei quali far entrare anche i “privati” non speculativi e redditieri. Anzichè governare le “trasformazioni” pubbliche i nostri politici hanno interesse (lecito o illecito?) a lasciarsi governare dal “capitale” privato con qualche contentino pubblico. Manca il problem setting e si utilizza soltanto il solving? O manca la cultura e la tecnica del planning?

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