Pubblichiamo un appello promosso da Roberta De Monticelli, docente dell’Università di Pisa, e sottoscritto da altri suoi colleghi della Facoltà di Scienze Politiche. Le motivazioni di questo appello sono legate al Decreto Di Legge “di semplificazione” recentemente presentato dal Presidente del Consiglio Mario Monti.
Il ddl in questione svuota di ogni forza gli ultimi vincoli a quella tutela del paesaggio che l’Articolo 9 della Costituzione prescrive alla Repubblica di garantire.
Di seguito, il testo dell’appello:
Noi sottoscritti docenti dell’Università di Pisa intendiamo esprimere il nostro allarme e la nostra protesta riguardo ad alcune disposizioni del cosiddetto “disegno di legge di semplificazione” che, mentre non semplificherebbero alcunché, comporterebbero lo smantellamento di alcune tutele paesaggistiche ed ambientali.
“Un importante intervento riguarda la tutela del paesaggio e l’edilizia”, si legge nel sito del Governo. “In particolare sul permesso di costruire si prevede la certezza dei tempi di conclusione del procedimento. La norma elimina il silenzio rifiuto previsto per il rilascio del permesso di costruire nei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali: il provvedimento dovrà essere sempre espresso in base ai principi stabiliti dalla legge n. 241 del 1990. Inoltre per quanto riguarda l’autorizzazione paesaggistica, al fine di assicurare la certezza dei tempi di conclusione del procedimento, si prevede l’obbligo dell’amministrazione competente, una volta decorso il termine, ridotto a 45 giorni per l’espressione del parere da parte del soprintendente, di provvedere sulla domanda di autorizzazione.”
Notiamo intanto l’intollerabile doublespeak. Questa è una misura di rimozione, non di adozione, di una tutela. Le ragioni di perplessità, anzi, di contrarietà, sono state esposte molto chiaramente nell’ articolo di Gian Antonio Stella nel Corriere di ieri 18 Ottobre. Vorremmo aggiungere alcuni altri rilievi: i) questa misura ricorda molto il modo in cui i passati governi Berlusconi intendevano affrontare il problema della lunghezza dei processi: accorciando i termini di prescrizione. Allora parve esservi nell’opinione pubblica un accordo sulla circostanza che erano le cause organizzative e logistiche piuttosto che sugli effetti che bisognava intervenire. ii) poiché le domande alle quali si intenderebbe accordare il diritto di una risposta entro 45 giorni sono di sottrarsi a dei vincoli esistenti, è ragionevole che tale diritto sia subordinato alla capacità dell’amministrazione alla quale siano rivolte di rispondere; l’ovvio presupposto è che la risposta sia negativa; iii) questa disposizione giunge in un momento della vita nazionale in cui si sta finalmente facendo strada nell’opinione pubblica l’assoluta centralità del patrimonio paesaggistico e ambientale italiano. Un lascito della natura e della storia che costituisce per riconoscimento del mondo intero la nostra massima ricchezza: e il “governo dei tecnici” lo vuole rovinare? iv) Vi è poi la questione della qualità dello sviluppo. Anche qui, la posizione dei governi Berlusconi era chiara: per la crescita bastava scatenare con condoni e altre promesse di impunità gli spiriti predatori dei piccoli speculatori edilizi. Ma davvero il governo Monti non sa intravedere altre strade per ottenere la crescita?
Vi è sono poi delle disposizioni in materia ambientale che non sono state approvate nel CdM di ieri, ma che incombono da alcuni mesi.
A essere oggetto di “semplificazione” è il decreto legislativo 152 del 2006, il cosiddetto Codice dell’Ambiente, di cui verrebbe sostituito l’articolo 243.
“Nei casi in cui – si legge in una bozza preparatoria riportata dal Fatto di ieri Giovedì 18 Ottobre, le acque di falda contaminate determinano una situazione di rischio sanitario, oltre alla eliminazione della fonte di contaminazione ove possibile ed economicamente sostenibile devono essere adottate misure di attenuazione della diffusione della contaminazione conformi alle finalità generali e agli obiettivi di tutela, conservazione e risparmio delle risorse idriche”.
Pur nell’impressionante vaghezza di questo testo, il cui scopo parrebbe quello di seminare incertezza invece che certezza del diritto, pare chiaro che qui “l’eliminazione della fonte di contaminazione” cessa di essere richiesta al contaminatore nei casi in cui egli non la ritenga “possibile ed economicamente sostenibile”. Abbiamo qui un impressionante invito agli inquinatori di tutto il mondo a …ridursi e a venire in Italia.
Ci si può chiedere come mai il “governo dei tecnici” stia cadendo così in basso. Speriamo che Mario Monti, probabilmente molto preso dall’Europa, si risvegli e si ricordi di essere Presidente del Consiglio del governo italiano.
Giacomo Costa
Tommaso Luzzatti
Mauro Sylos Labini
Roberta De Monticelli
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L’appello è mirato a sensibilizzare sul tema e si prefigge di incontrare l’adesione massiccia del maggior numero possibile di docenti, ricercatori, operatori della cultura.
Per chi volesse approfondire, di seguito il link all’articolo tratto dal Corriere della Sera in cui si parla del ddl in questione:
Dispiace constatare che anche eminenti docenti universitari non sappiano che cosa scrivono e debbano affidarsi alle conclusioni di un giornalista che, per quanto brillante e serio, non ha la minima competenza per capire e dunque per esporre un argomento particolarmente delicato e insidioso per tutti i commentatori. Che a quanto vedo non conoscono la complessa architettura del Codice del Paesaggio e non sanno distinguere tra i ruoli delle soprintendenze e quelli delle autorità competenti a rilasciare le autorizzazioni paesaggistiche.
Per quanto riguarda poi il Codice dell’ambiente (anno 2006, da notare) invito tutti a verificare le modifiche introdotte in soli sei anni: otterrete un elenco di 40 (diconsi quaranta) pagine di decreti, articoli, commi. Questo è il vero scandalo tutto italiano che impedisce a qualsiasi persona onesta, sia un tecnico, sia un imprenditore, sia un cittadino qualunque di avere la pur minima certezza del diritto. A tutto vantaggio dei maneggioni di turno che trovano una “soluzione” a tutto, con la complicità di politici e portaborse.