Firma anche tu la petizione del Coordinamento Contadino Regionale e l’Associazione Rurale Italiana per l’approvazione di “una legge che riconosca l’agricoltura contadina e liberi il lavoro dei contadini dalla burocratizzazione”.
Fino a non molti decenni fa esistevano in Italia intere aree rurali. Non è che non esistano più, è solo che queste aree hanno preso due derive: in alcune, quelle più fertili e meglio collegate con la rete stradale, è piombata l’agricoltura industrializzata, che si è buttata a capofitto su terreni da coltivare con macchine e pesticidi, come nella Bassa Padana; negli altri casi la popolazione ha scelto di elevare il proprio livello di vita e di abbandonare una vita e un’economia di sussistenza, magari tra i pascoli dell’Aspromonte , della Maiella o delle vallate bergamasche, e di emigrare nelle città.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti è che in Italia ci sono da un lato sistemi urbani che stanno esplodendo, città infinite (si pensi alla cosiddetta Megalopoli Padana, che va da Milano a Venezia senza soluzione di continuità), contigue a terreni dove l’agricoltura a livello industriale la fa da padrona, e dall’altro lato esistono interi pezzi di Paese che nei casi migliori vivono o grazie alla diffusione di agriturismi e bed and breakfast, oppure vivono un costante decremento demografico e vengono tenuti in piedi da pochi anziani: sui nostri monti ci sono paesi con meno di 100 abitanti.
Ma quella vita di sussistenza, che ha dato da mangiare a tutti nei secoli, era in realtà una magnifica espressione della società contadina che, tuttavia, comportava tanti rischi, come la mortalità infantile, l’alto livello di diffusione di malattie, la malnutrizione. Tutti aspetti inevitabili se quella vita era il massimo a cui la gran parte della popolazione poteva realisticamente aspirare.
Aspetti negativi su un piatto della bilancia che venivano equilibrati, dall’altro, da valori contadini, tradizioni enogastronomiche e artigianali tramandate di generazione in generazione, ma soprattutto la realizzazione di un tipo di società fondata sulla solidarietà reciproca, valori che oggi si sono quasi consumati dopo decenni di industrializzazione e di sradicamento degli individui dalla terra.
La convinzione dominante che l’approvvigionamento alimentare potesse essere affidato al mercato globale ha, tuttavia, subìto un forte ridimensionamento negli ultimi anni di crisi, che, se non altro, ha avuto il “merito” di portare molti a rivalutare quei valori e quelle tradizioni troppo velocemente abbandonati.
Oggi c’è un aspetto molto importante in tutto questo discorso, aspetto costituito dalla possibilità di coniugare insieme il tipo di vita rurale con i controlli igienico-sanitari garantiti dai presidi medici diffusi (chissà ancora per quanto) sul territorio, che un tempo non esistevano o erano meno in grado di controllare spiacevoli o tragici fenomeni. Hegelianamente oggi ci ritroviamo nella condizione di poter tornare indietro progredendo, nella condizione, cioè, di recuperare un modo di vita coniugandolo con il controllo su prodotti e persone propri del nostro tempo. Difficile però che ciò possa avvenire, dato che nel tempo queste forme di agricoltura ed allevamento a gestione familiare sono state progressivamente indebolite dalla costruzione di un apparato legislativo e burocratico volto senza dubbio a favorire la produzione alimentare con mezzi industriali, più facilmente controllabili.
Così si arriva al punto del discorso: il Coordinamento Contadino Regionale e l’Associazione Rurale Italiana hanno da tempo intrapreso una campagna popolare finalizzata all’approvazione di “una legge che riconosca l’agricoltura contadina e liberi il lavoro dei contadini dalla burocratizzazione, poiché esiste un numero imprecisato di persone che praticano un’agricoltura di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta; un’agricoltura di basso o nessun impatto ambientale, fondata su una scelta di vita legata a valori di benessere o ecologia o giustizia o solidarietà più che a fini di arricchimento e profitto; un’agricoltura quasi invisibile per i grandi numeri dell’economia, ma irrinunciabile per mantenere fertile e curata la terra (soprattutto in montagna e nelle zone economicamente marginali), per mantenere ricca la diversità di paesaggi, piante e animali, per mantenere vivi i saperi, le tecniche e i prodotti locali, per mantenere popolate le campagne e la montagna. Per quest’agricoltura che rischia di scomparire sotto il peso delle documentazioni imposte per lavorare e di regole tributarie, sanitarie e igieniche gravose, per ottenere un riconoscimento che la distingua dall’agricoltura imprenditoriale e industriale, per ottenere la rimozione degli ostacoli burocratici e dei pesi fiscali che ostacolano il lavoro dei contadini e la loro permanenza sulla terra.”
Questa petizione può essere sottoscritta al seguente indirizzo web: http://www.agricolturacontadina.org/.
Per chiudere, e per sottolineare che il tema susciti un certo interesse in ambito politico, si segnala che è in fase di discussione presso il consiglio regionale del Piemonte una proposta di legge avanzata da Mercedes Bresso.
Francesco Siviglia
Paghiamo centinaia di mila euro per essere ammassati e ammucchiati nelle grandi citta’. Intanto con l’ abbandono della Terra , essa di sta ammalando e con essa anche noi.Proviamo a Pensare che con quelle centinaia di mila euro comprare terreno e vostruirci sopra la ns bella casetta a grande risparmio dnergetico, quanto sarebbe piu.’ bella la ns vita
grazie ok
La terra, che ci offre il pane quotidiano deve essere rispettata da qualsiasi attacco speculativo e industriale e al contratrio incentivata per il suo fine principale.
Noi senza terra non sopravviverremmo…averne cura e dare incentivi a chi la coltiva sarebbe sacrosanto!
Grazie all’amica Manuela per avermi fatto sapere di questa petizione, una delle cause principali dei vari disastri naturali che accadono in questi periodi, è il totale abbandono della cura della terra e la cementificazione incontrollata, che rendono i terreni pronti a franare come sabbia e i fiumi a straripare dove il loro corso è stato rinchiuso in argini angusti…la natura chiede cura e spazio e l’uomo deve imparare da essa non violentandola ma curandola e amandola!
è una cosa buona, ci riporta alle origini del nostro lavoro,questo era il modo di vivere il mondo rurale contadino fino a 30 anni fà,e sicuramente funzionale,oggi vive solo la grande distribuzione,il contadino di una volta che viveva in questo modo purtroppo ha dovuto scomparire,come d,altronte anche tanti altri mestieri,portandosi con se tanta disoccupazione.ringrazio del post,e propongo ai miei amici che svolgono la mia stessa attività.
Ciao Francesco, grazie del post! Ho letto, firmato e inoltro ai miei contatti! :-)