Il territorio lancia segnali e avvertimenti negli anni e questi spesso vengono sottovalutati o considerati con superficialità. Un appello che richiama alla presa di coscienza da parte delle varie amministrazioni locali, anche partendo dalle iniziative del gruppo di “Salviamo il paesaggio – Difendiamo i territori” del comprensorio di Perugia.
È risaputo che la gestione del rischio idrogeologico deve basare la programmazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio sugli eventi eccezionali mentre i fenomeni ordinari assumono un ruolo di secondo piano. Pertanto è l’eventualità che 307 mm di pioggia cadano in 70 ore che avrebbe dovuto improntare la gestione del territorio negli anni passati.
In effetti non è facile ragionare in termini di eccezionalità per due motivi:
– da un lato il principio della cautela tende a limitare l’espansione di unità abitative e produttive sulle aree più accessibili della pianura che sono quelle più ambite da cittadini ed imprenditori ma spesso risultano a più alto rischio di alluvione
– dall’altro adottare tutte le strategie finalizzate a contenere danni a cose e persone con una corretta valutazione delle conseguenze dell’eccezionalità implica una programmazione di alto profilo e di medio-lungo termine.
Visto quello che è successo, e lo stupore con cui tali eventi vengono accolti, sorge spontanea una domanda: è la prima volta che negli ultimi 70 anni i fiumi e i torrenti esondano e cosa sappiamo delle aree che sono state coinvolte?
Abbiamo serie storiche delle precipitazioni ben documentate che dovrebbero essere il supporto per la programmazione urbanistica e per evitare il ripetersi di eventi disastrosi di cui nessuno sembra avere responsabilità.
Il Forum di Salviamo il Paesaggio ha lanciato una campagna per realizzare il censimento urbanistico del patrimonio immobiliare pubblico e privato degli oltre 8000 comuni italiani. Questa attività si svolge tramite Comitati Locali che dialogano con i cittadini e con le Amministrazioni Comunali per mettere al centro delle politiche locali il consumo di territorio, riqualificazione del patrimonio esistente e la partecipazione dei cittadini alle scelte in materia urbanistica.
Rileviamo la buona volontà di alcune amministrazioni che hanno risposto in tempi abbastanza brevi. Va anche preso atto che molte amministrazioni non pensano di rispondere oppure forniranno dati incompleti; questo in genere non è da attribuire ad un atteggiamento prevenuto nei confronti di gruppi di cittadini organizzati ma ad una carenza di conoscenze sull’effettivo sviluppo dei centri abitati e del loro stato di utilizzo.
Alla luce di quanto accaduto è legittimo porsi delle domande e chiedere una risposta al mondo della politica e della Pubblica Amministrazione:
– che valore hanno i futuri piani regolatori e gli altri strumenti urbanistici se spesso gli uffici tecnici e gli Amministratori non sono in grado di fornire un quadro immediato di come vengono utilizzate le strutture?
– che capacità hanno i Comuni e gli Enti Locali di rispondere tempestivamente ed efficacemente alle emergenze se questi dati mancano?
Ci sembra che la materia urbanistica sia un campo da custodire gelosamente per evitare che qualcuno possa mettere in discussione scelte talvolta opinabili.
Il problema è che quando si tratta di rischio si parla di una cosa molto seria che implica una strategia complessa ed articolata nel tempo e che non ammette nella sua attuazione colori politici o preconcetti professionali.
Nessuno che ha subito o visto una esondazione direbbe al proprio figlio: “Costruisci la tua casa vicino all’argine”. Fatto sta che spesso vi sono zone di urbanizzazione non solo a ridosso dei fiumi ma anche al di sotto del piano dei fiumi e che qualcuno,dall’ufficio tecnico al politico locale, ha consentito che questo avvenisse. È necessario che nella gestione del territorio si amministri come un “Buon padre di famiglia”.
Non è scusabile l’atteggiamento di chi fa finta che la colpa di quanto avvenuto sia da attribuire agli eventi eccezionali oppure a precedenti governi del territorio.
Adesso chiediamo responsabilità degli amministratori nei confronti di cittadini ed imprese perché in questo quadro tutti ci rimettiamo e chi trae un piccolo beneficio (forse!) sono le imprese che opereranno per il ripristino di strutture e infrastrutture. In tempi di “Grandi Opere” quali varianti, autostrade, trafori, ferrovie, pensiamo che la più grande ed utile opera possibile in un territorio come quello italiano sia quella relativa alla riqualificazione del territorio e la sua messa in sicurezza.
Come Comitato di Salviamo il Paesaggio chiediamo che Regione, Province e Comuni si facciano promotori di una seria riflessione sullo sviluppo del territorio che in un approccio multidisciplinare ed integrato coinvolga dai tecnici ai cittadini, dagli amministratori alle associazioni per mettere in campo un piano strategico di riqualificazione e messa in sicurezza del territorio basato su criteri di sostenibilità e partecipazione attiva dei cittadini.
Una proposta che abbiamo avanzato in più momenti e che anche la politica ha qualche volta messo al centro delle sue priorità senza però arrivare ad un piano strategico di medio termine.
Forse dopo questi ultimi tristi e dolorosi eventi è arrivato il momento di mettersi all’opera passando dalle parole ai fatti.
Comitato Salviamo il Paesaggio
Comprensorio di Perugia
Prima di Natale si è svolto a Orvieto un interessante e inusuale convegno sui saperi tecnici e sui saperi locali tradizionali sulla manutenzione dei percorsi stagionali del fiume Paglia. Un anno dopo la esondazione che ha provocato danni ingenti i lavori di manutenzione e prevenzione non sono finiti. Sembra che siano arrivati i contributi per chi ha subito danni, ma nonostante la stagione incombente molto del dissesto nell’alveo del Paglia non sembra sia stato affrontato in modo definitivo. Inquietante sembra anche la mancata individuazione di un unico referente per la manutenzione e il monitoraggio dei fiumi. Inquietante.