Giulio Ielardi, fotografo naturalista, giornalista e scrittore impegnato per salvare l’area protetta tra Cerveteri e Ladispoli: “Abusi edilizi ed erosione le minacce più gravi. Servono investimenti e l’approvazione del Regolamento di Gestione fermo in Regione Lazio dal 2001”.
La palude e la torre. Sembra il titolo di un affascinante racconto fantasy, invece è un’espressione che indica una stupenda realtà di storia e Natura della costa settentrionale del Lazio, tra Cerveteri e Ladispoli.
Il Monumento Naturale della Palude di Torre Flavia è un’area protetta di 43 ettari istituita dalla Regione Lazio nel 1997, lungo un tratto di costa a nord della foce del Tevere, in Provincia di Roma. Uno degli ultimi tesori selvaggi e romantici di un Lazio antico che sta scomparendo, tra degrado e incuria.
“Un tempo questa nostra bella regione era terra di acquitrini, briganti e pirati saraceni”, dice Francesco Maria Mantero, Geologo e Direttore della Riserva Regionale di Monterano, altra perla culturale e paesaggistica del Lazio, “terra selvaggia come quelle che oggi possiamo trovare solo in altri continenti, arricchita dalle memorie di un passato millenario. Di questa storia antica che tanto ha modellato anche la cultura e lo spirito della gente rimangono pochissimi lembi, per lo più nel Parco del Circeo, mentre a Nord del Tevere non si è salvata che la piccola, preziosa Palude di Torre Flavia a Ladispoli. Un ambiente umido dove in pochi ettari troviamo tutti gli ingredienti dell’antica storia della maremma Laziale: la palude, i suoi uccelli sempre più rari e protetti, i resti della torre papalina a difesa dalle incursioni saracene. Un interesse anche per la storia del cinema, perché è qui che Roberto Rossellini realizzò i suoi primi cortometraggi”.
Una delle ultime testimonianze per le future generazioni di un’identità in pericolo. “Le minacce prioritarie”, sottolinea Giulio Ielardi, fotografo naturalista, giornalista e scrittore, da tempo impegnato per la difesa dell’area assieme a “Gli Amici di Torre Flavia”, pagina Facebook creata per sensibilizzare sull’argomento, “sono rappresentate dall’erosione su tutto il sistema palude, dallo stress idrico, prevalentemente sull’avifauna acquatica e la vegetazione, il disturbo da fruizione incontrollata per gli uccelli acquatici, comprensivo del volo dei velivoli ultraleggeri, il consumo di suolo con i numerosi abusi edilizi realizzati, il calpestio, per la vegetazione delle dune e i nidi. C’è anche un libro su Torre Flavia, edito dalla Provincia nel 2006, che contiene molte informazioni e denunce sulle minacce che stanno progressivamente degradando l’area protetta”.
Per salvare questo luogo d’immenso valore le proposte concrete non mancano.
“Da subito l’approvazione del Regolamento di Gestione fermo dal 2001 in Regione”, prosegue Ielardi, “che già prevede il coinvolgimento di una serie di realtà locali, dalla pescicoltura biologica, all’agricoltura di qualità, fino agli agriturismi e alla ciclo pedonalità. Poi la risoluzione delle situazioni di abuso; infine uno sforzo finanziario, regionale, provinciale, comunale, che possa provvedere a compensare la perdita di habitat che avverrà a seguito dell’erosione a spese dello specchio d’acqua interno: è all’esame una proposta di progetto di rispristino ambientale su un terreno di 5 ettari che potrebbe consentire un allargamento della superficie della palude. L’ente gestore, Provincia di Roma. da noi contattato, si sta muovendo, ma necessita di supporto da parte della Regione e degli enti preposti al controllo”.
L’aiuto della politica è, ancora una volta, fondamentale, ma c’è necessità di una presa di coscienza. “Gli enti si stanno muovendo ma occorre molta più consapevolezza. La politica deve fare la sua parte visto che, oltre ad essere un patrimonio storico, con la torre e il residuo di maremma laziale, e naturalistico, 180 specie di uccelli, zona di protezione speciale di importanza europea, l’area è anche l’unico spazio di natura, bene comune, a disposizione dei cittadini di Ladispoli, con la spiaggia libera, le risorse naturali di alta qualità, e la loro funzione di riduzione del deficit di natura per le giovani generazioni”.
Insomma, l’area protetta di Torre Flavia deve essere tale anche nei fatti, contrastando il consumo di suolo e l’abusivismo edilizio, oltrechè erosione e incuria. La sensibilizzazione dell’opinione pubblica deve spingere le Istituzioni a fare il proprio mestiere fino in fondo. ”Non si possono fare solo gli interessi di singoli privati, vedi stabilimenti balneari. È ora di pensare al bene comune e alle future generazioni, preservando biodiversità, spiagge libere, ambienti naturali, mare pulito e dune intatte”. La storia della palude e della torre deve avere un lieto fine.
Marco Bombagi
Salviamo il Paesaggio – Coordinamento Romano
Link: Pagina Facebook “Amici di Torre Flavia”
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