Il 28 febbraio l’Assessore della Regione Piemonte all’ambiente, Roberto Ravello, ha rilasciato una dichiarazione con cui, pur sottolineando la necessità di contemperare le esigenze della produzione idroelettrica con la qualità dei corpi idrici, ha preannunciato uno “snellimento burocratico” del regolamento regionale per le concessioni di derivazione a scopo di produzione idroelettrica. La risposta delle associazioni ambientaliste.
“Le associazioni ambientaliste apprendono con notevole preoccupazione l’esternazione dell’Assessore Ravello. Infatti, per sua espressa ammissione, il Piemonte conta già sul suo territorio 621 impianti idroelettrici e ben 267 sono le istanze di nuove concessioni di derivazione. Ciò significa che pressoché la totalità dei corsi d’acqua piemontesi con significativa portata sono già stati interessati da derivazioni, che spesso, lo ricordiamo, non essendoci controlli, non rilasciano assolutamente il deflusso minimo vitale previsto, con grave danno per gli ecosistemi fluviali.
Ma, al di là di ciò, ed al di là anche della considerazione, pur essenziale, che questi impianti non sostituiscono ma semplicemente si aggiungono a quelli esistenti che producono da energie non rinnovabili, e quella ancor più rilevante dell’uso che si fa dell’energia prodotta, l’Assessore dovrebbe sapere che, stante il fatto che la stragrande maggioranza degli impianti riguarda corsi d’acqua montani (dove si sfrutta il salto d’acqua per produrre energia), esiste una legge dello stato italiano (L. 50 del 5 aprile 2012), che ratifica i Protocolli di attuazione della Convenzione delle Alpi. Fra questi, anche il Protocollo Energia, il quale, all’art.7, testualmente recita: “(le parti contraenti) si impegnano inoltre a salvaguardare il regime idrico nelle zone di vincolo idropotabile, nelle aree protette con le loro zone cuscinetto, nelle zone di rispetto e di quiete, nonché in quelle integre dal punto di vista naturalistico e paesaggistico.”
Le associazioni ambientaliste ritengono che, prima di pensare a facilitare il rilascio di nuove concessioni, la Regione bene farebbe (ed anzi la legge, come visto, glielo impone) a verificare l’integrità degli ultimi corsi d’acqua piemontesi e la necessità di una loro tutela, piuttosto che di un loro sfruttamento (anche in funzione di uno scopo che un ente accorto dovrebbe fare proprio, e cioè quel turismo sostenibile che i corsi d’acqua integri alimentano), oltreché, ci permettiamo di rilevare, l’effettiva economicità di molti progetti di sfruttamento, circa la quale è lecito nutrire seri dubbi.
In questa prospettiva, da lungo tempo chiediamo che la Regione emani “linee guida” per il settore idroelettrico, che comprendano precise norme di tutela dei corsi d’acqua ancora totalmente o parzialmente intatti, criteri di esclusione e misure per il rispetto del DMV, oltre che revisione delle concessioni quando si evidenziano danni agli ecosistemi acquatici o si rivela impossibile raggiungere obiettivi qualitativi accettabili per la risorsa acqua.
Le associazioni ricordano che voci di notevole preoccupazione si sono levate a proposito del tema dello sfruttamento a scopi idroelettrici anche da parte di enti e di esperti naturalisti nel partecipato convegno dell’11 dicembre 2012, presso il Gruppo Abele di Torino, che purtroppo non ha visto la presenza di alcun rappresentante dell’ente Regione”.
Pro Natura Piemonte
Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta
Alcuni membri del gruppo ” Salviamo i tumpi” val Germanasca presenti al convegno di dicembre hanno potuto constatare come i politici regionali abbiano perso una occasione per riflettere e ripensare l’idroelettrico.
Lo stesso dicasi per gli amministratori locali che valutano i progetti esclusivamente sulla base delle compensazioni monetarie.
Nessuna compensazione può ripagare i danni alla vita delle comunità e al corso d’acqua, se sfruttato intensivamente; il riferimento è al progetto Enel di Perrero che comporta un impatto rilevante e devastante in regime di carenza idrica.
Il nostro impegno continua
Nei prossimi mesi ci saranno manifestazioni in collaborazione con i canoisti
Vorrei, a questo proposito, richiamare l’attenzione alla progettata diga di Combanera, in Val di Viù e alla sventurata ipotesi che prima o poi a qualcuno venga in mente di realizzarla.
Sul sito di lacassa.net (http://www.lacassa.net/Ambiente/L-impianto-di-Combanera/cs_3658.html) vi è un dettagliato articolo sulla progettualità della diga. La Cassa (TO) verrebbe infatti pesantemente coinvolta nel progetto e alcuni cittadini si sono già espressi negativamente chiedendo di trasferire gli eventuali soldi stanziati per la diga in manutenzione del sistema esistente. Inoltre se invece di pensare a un futuro “di crescita” (e dove vogliamo ancora andare?) si pensasse ad un futuro di mantenimento, probabilmente non ci sarebbe bisogno di spargere ancora cemento in questa italia che è già sovra-cementata.