La storia che ci accingiamo a raccontare è (forse) una storia a lieto fine. In essa si intrecciano vicende personali e non, decine e decine di comparse e qualche protagonista.
Di sicuro chi scrive ritiene questa storia meriti di essere raccontata, se non altro per il significato emblematico delle vicende che in esso vi si intrecciano, al fine di rappresentare lo status quo della tutela dei beni culturali così detti “minori” in Italia.
Riteniamo inoltre che questo “presunto” lieto fine potrebbe manifestare la sua reale portata nel medio – lungo termine, influenzando fortemente le politiche di tutela e (si spera) di conservazione di un patrimonio immobiliare storico-artistico a forte valenza identitaria per la comunità a cui tale patrimonio appartiene.
Tutto è cominciato nel lontano 1999, a Bisceglie, ridente cittadina del nord barese, e vede come primo protagonista il sig. Giuseppe Ruggieri. Sono stati infatti i suoi ricordi d’infanzia ad innescare l’interesse per quello che oggi viene identificato come il Casale con annesso Frantoio Ipogeo di via Volta. L’edificio appare oggi come una sorta di triste casolare abbandonato localizzato in una zona centrale della città, luogo “anacronistico”, residuo bellico non disinnescato della battaglia che l’onnipotente “Partito del Cemento” ha intrapreso (con grande successo) in questa porzione di città contro la città preesistente. I più ignoravano che questo “rudere” (per utilizzare un termine molto in voga tra gli spalleggiatori del Partito del Cemento, punta di diamante della perfetta operazione di marketing imbastita per coprire malfatte di ogni sorta) potesse svelare tra le sue viscere la testimonianza più significativa della civiltà contadina di questa città.
Un luogo meraviglioso, interamente scavato nel tufo, esempio mirabile di archeologia industriale risalente al XVII sec., luogo simbolo simbolo di quello che in fondo era e resterà la vera vocazione economica di questa città, la produzione e la trasformazione dei prodotti agricoli locali, in particolare dell’olio d’oliva.
Dimentichi del nostro passato, anzi volutamente ansiosi di ricoprire con un’indistinta colata di cemento tutto ciò che ha contribuito a fare la fortuna di questa terra, ecco spuntare l’ennesimo brillante piano di lottizzazione: la ditta di costruzioni AR.CO. S.r.l. propone un intervento di abbattimento del casale datato 1776, per far spazio ad un edificio di sei piani di nuovissima concezione e caratterizzato da principi di “sostenibilità ambientale”. L’intervento, secondo il proponente, non coinvolgerebbe la struttura del frantoio ipogeo, che verrebbe integrata al nuovo edificio attraverso un progetto di recupero (!!!).
Il primo fronte di attacco è stato il Piano di Lottizzazione, nei confronti del quale l’associazione ha espresso le osservazioni così come previsto per legge. Un modo per congelare l’iter disastroso in attesa di una tutela definitiva.
Il resto è stato facile. Forti di una legge della Regione Puglia, la n° 33 del 4 dicembre 2009 e di un’Ordinanza Comunale (delibera di cc. 149/2007), i frantoi ipogei sono intoccabili. Tuttavia emerge subito l’incongruenza di un intervento teso a “conservare” l’ipogeo abbattendo il casale che insiste sull’area dove l’ipogeo stesso è localizzato.
La tesi sostenuta al tempo dai costruttori era quella della sostanziale discontinuità storico-strutturale tra il casale e il frantoio. Tesi che l’infaticabile lavoro di ricerca d’archivio e di comunicazione compiuta dal sig. Ruggieri, insieme ai soci della neonata Associazione “Bisceglie Vecchia Extramoenia”, è riuscita a confutare.
È chiaro infatti che il casale, che ha di per se stesso un certo pregio architettonico (emblematico è in questo senso è il bellissimo portale di ingresso e lo stemma particolarissimo sulla chiave di volta) è di pertinenza del frantoio, da qui la dimostrazione dell’organicità del sito nella sua strutturazione casale-frantoio e quindi la necessità di dover tutelare l’intero complesso. L’associazione disponeva dunque di numerosi elementi per poter portare a termine la propria battaglia: far apporre un vincolo ministeriale sull’intera struttura.
Per dare organicità alla mole di informazioni raccolte durante le ricerche d’archivio e certificare il valore storico-artistico del sito l’associazione ha coinvolto l’Arch. Monte, membro del consiglio dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali (CNR-IBAM) di Lecce, nonché esperto di archeologia industriale e di frantoi sotterranei, il quale con entusiasmo e grande competenza ha risposto alla nostra richiesta. Il Prof. Monte ha effettuato un sopralluogo relazionando su quanto rilevato. Il tutto è stato poi girato alla Sovrintendenza per i beni storico artistici di Bari ai fini della richiesta di apposizione del vincolo. L’intervento della Sovrintendenza alla fine ha dato ragione all’associazione Bisceglie Vecchia Extramoenia: il casale e l’annesso frantoio sono stati dichiarati a dicembre 2012 “bene di interesse culturale particolarmente importante e quindi, sottoposti a tutte le disposizioni di tutela contenute nel predetto decreto legislativo 42/04 e s.m.i.”.
Il vincolo assume oggi un significato molto importante non soltanto per la tutela dell’immobile in se, quanto per gli scenari che si prospettano per l’intero territorio biscegliese. La tutela a norma di legge di un bene storico-artistico considerato “minore” costituisce, a nostro avviso, un precedente importante che potrebbe aprire la strada ad altri interventi finalizzati alla tutela di ulteriori lembi di territorio di rilevanza storica e paesaggistica assediati dall’inarrestabile cementificazione.
La vicenda è ancora più significativa se si pensa che è partita dall’iniziativa della così detta “società civile”, un gruppo di cittadini uniti dall’unico desiderio di preservare la memoria storica della propria città. Utilizzando i canali convenzionali ed attivando gli enti preposti il risultato ottenuto è stato quello ambito. Un elogio particolare va fatto alla Sovrintendenza di Bari per la sensibilità e la competenza dimostrata. Nota dolente la totale assenza del Comune che ha mostrato indifferenza alla questione, teoricamente prescrivendo al costruttore il recupero del solo ipogeo, ma avallando con i fatti (il rilascio della licenza edilizia) la tesi dei costruttori di considerare l’edificio un rudere di nessuna rilevanza.
I costruttori non mancheranno di certo di impugnare il provvedimento di apposizione del vincolo, perpetrando il tentativo ostinato di sventramento della città storica “extra moenia” sopravvissuta in maglie sparse ed isolate e dal futuro incerto. In attesa dell’esito dell’impugnazione, Bisceglie Vecchia Extramoenia organizzerà un incontro pubblico per proporre interventi di riqualificazione e di rifunzionalizzazione dell’immobile coinvolgendo esperti del recupero e soggetti locali legati alla settore della trasformazione agro-alimentare, con l’obiettivo dichiarato di condividere tutte le potenzialità che il recupero di un edificio di questo tipo possiede in termini di creazione di opportunità di rendita per i proprietari dell’immobile e di ricadute economiche sulla città.
Davide Di Tullio
(Vice Presidente Bisceglie Vecchia Extramoenia)
www.facebook.com/bisceglievecchiaextramoenia
Penso che anche al Sud esistono cittadini civili e isole felici dove le cose possono funzionare e viceversa anche al Nord ci sono molti esempi diinciviltà, nell’indifferenza di molti.
Hai ragione Floriano. Leggi per esempio che accade qui: https://www.facebook.com/notes/bisceglie-vecchia-extramoenia/via-camere-del-capitolo-14-la-storia-che-si-ripete/10151537790851163
non comprendo, non comprendo come funziona il sud. sono stato un poco al nord e ho visto parecchi ruderi ben più recenti trattati da opere inestimabili, riuscivano pure a far pagare il biglietto d’ingresso….