Perché in Italia ci troviamo oggi ad affrontare la tragedia del consumo di suolo e della distruzione del paesaggio? Alcuni dei motivi li sentiamo nominare spesso: speculazione edilizia, lacune nelle norme di tutela o nella loro applicazione, classe dirigente miope o corrotta, interessi dei grandi costruttori, cattivo uso degli incentivi alle fonti rinnovabili…
C’è un colpevole che però non viene mai additato, nonostante sia tra i più importanti: la crescita della popolazione italiana. Nessuno ricorda che siamo passati dai 22 milioni di abitanti dell’Unità d’Italia ai quasi 60 attuali, e che non sono solo i nostri consumi ad essere cresciuti, ma anche il nostro numero.
Dietro alla colata di cemento, dietro ai nuovi quartieri, strade, parcheggi, centri commerciali, centrali elettriche, ma anche scuole ospedali, strutture sportive, centri vacanza e chi più ne ha più ne metta non c’è solo la perversione dell’offerta ma anche, a conti fatti, l’aumento innegabile della domanda. E la domanda viene determinata da due fattori: che tenore di vita vogliamo mantenere, e quanti siamo.
Nonostante tutto quello che ci viene detto, la popolazione italiana, con rarissime eccezioni, non ha mai smesso di crescere. Attualmente il tasso si assesta sullo 0,49 % all’anno – che nel 2012 ha significato quasi trecentomila persone in più. Davvero possiamo pensare che incrementi del genere non abbiano nulla a che fare con il consumo di suolo?
Anche il blog di Salviamo il Paesaggio, che leggo regolarmente e con attenzione, non tratta quasi mai l’argomento. Mi permetto di fare qualche osservazione sulla base di una ricerca che ho effettuato sul sito, prendendo in considerazione articoli sia originali che tratti da altri media.
Effettivamente di popolazione ogni tanto si parla, ma per dire quasi sempre che non sta crescendo: a Nuoro (qui è vero, è in leggero calo), nella provincia di Bologna (falso: secondo l’Istat nel 2012 è aumentata di 14 mila unità rispetto all’anno precedente), a Osoppo e Pozzuolo in provincia di Udine (ni: nel comune cala leggermente od oscilla, ma nella provincia continua a crescere), Laigueglia nel Savonese (idem)… È fuorviante prendere in considerazione il raro centro in cui la popolazione cala appena, quando nell’intera provincia questa aumenta, facendo magari sperare agli amministratori di attirare nel proprio comune i nuovi abitanti della zona.
Il punto è proprio questo: se le città si svuotano e si riempiono le campagne intorno o i comuni limitrofi, il consumo di suolo nella zona nel complesso aumenta.
Non corrette anche le affermazioni fatte per quanto riguarda la Lombardia e Roma: nella prima il “documentato calo demografico” in realtà è un aumento (nel 2001 la regione risultava popolata da 9032554 persone; da 9794525 alla fine del 2012). Lo stesso discorso si può fare per la capitale: se c’era stato un decremento negli anni ’90, nell’ultimo decennio la popolazione non ha fatto che crescere, e risulta attualmente maggiore di ben 92038 unità rispetto al 2001. Chiunque dubiti di questi dati può consultarli sulla pagina demografica dell’Istat; il censimento del 2011 ha corretto al ribasso le stime del precedente decennio, ma non nega la tendenza di fondo. Senza contare che, secondo i dati raccolti da wikipedia, la situazione sarebbe grave anche se stabile: la densità di abitanti in Italia è di quasi 200 per chilometro quadrato, molto al di sopra della media dell’Unione Europea, 116 per chilometro quadrato.
Perché la menzogna viene ripetuta ossessivamente? Perché si dice che la popolazione cala quando invece aumenta?
Una possibile risposta è la più semplice: perché il saldo naturale in Italia, nel complesso, è negativo: muoiono più persone di quelle che nascono. La popolazione però cresce a causa dell’immigrazione: la differenza tra il saldo migratorio e quello naturale dà un aumento molto consistente, che non si ferma nemmeno davanti alla crisi. Curiosamente, però, i media considerano ‘popolazione’ solo quella italiana e fanno finta di non sapere che anche gli immigrati, in quanto persone, abitano, vivono, consumano sul territorio.
Più complessa forse è la risposta alla domanda: perché ogni volta che si parla di consumo di suolo non si ricorda anche uno dei suoi motori, cioè l’aumento della popolazione? Forse è più facile mobilitare l’opinione pubblica se si pensa che il nemico sia uno solo, cioè l’avidità dei costruttori e la complicità dei politici. Aggiungere all’equazione anche l’effettivo aumento della popolazione e della conseguente richiesta di antropizzazione del territorio significa complicare le cose e fare domande molto scomode.
Inoltre, si potrebbe sostenere che non necessariamente le due cose sono legate: il nostro paese è pieno di case sfitte e capannoni vuoti. Vero: però la soluzione proposta, cioè di utilizzare prima l’inutilizzato, ha senso solo se la crescita della popolazione si arresta. Se continua, arriverà per forza di cose un momento in cui anche tutti gli edifici inutilizzati saranno riempiti e ne serviranno di nuovi. È una questione matematica. Ogni successo ottenuto nel recuperare un edificato o un pezzo di città in disuso è automaticamente vanificato dall’aumento della domanda di case, strade, negozi, parcheggi, servizi… Questo vale, per inciso, per qualsiasi risparmio di risorse.
Il tema è tabù, probabilmente, anche perché ammettere che la popolazione italiana è in crescita e anche per questo si costruisce ha come conseguenza logica la domanda: cosa si può fare per fermare questa crescita? Dato che essa è dovuta interamente all’immigrazione, si capisce che si entra in un territorio minato in cui già è scomodo porre domande, figurarsi offrire soluzioni. Se non lo facciamo, però, non possiamo sperare di risolvere davvero il problema del consumo di suolo in Italia.
Gaia Baracetti
Mah..quello che conta alla fine sono le leggi della fisica (termodinamica), non si può crescere sempre in un sistema isolato, poi alla fine qualcuno dovrà diminuire (per dirlo in modo cattivo, morire), perché non abbiamo la possibilità sensata di colonizzare altri modi/pianeti.
Certo, è facile passare da questo pensiero gli orrendi nazismo e totalitarismo. Proviamo con la decrescita felice..meglio quello del modello schiavizzante del centro commerciale globale che ti obbliga a consumare..tutto..sempre. Purtroppo la società capitalistica non può non crescere. Ma la terra quella è. Lo dico con rammarico per i miei figli e nipoti.
Si forse un po’. Ma il grande consumo di territorio è iniziato negli anni sessanta, quando la popolazione era di circa 50 milioni di abitanti. Adesso, 50 anni dopo, la popolazione è di circa 60 milioni di abitanti, ma il numero degli edifici è esploso e con esso il consumo dissennato di territorio.
In realtà in Italia le cause del consumo eccessivo di territorio sono dovute ad una politica inesistente di programmazione e gestione, all’abusivismo, alla finanza speculativa che investe in immobili oppure dissemina di impianti fotovoltaici i terreni agricoli.
Quindi l’aumento della popolazione incide molto meno di questi fattori.
Adesso non vorrei che si desse tutta la colpa alla emigrazione interna dei “terroni” (io stesso sono un po’ terrone di origine) o agli immigrati extracomunitari.
La colpa è degli Italiani.
Dopo aver fatto le considerazioni precedenti
sono anche ovviamente sconcertato da
questa strenua difesa “dell’ingresso ” degli stranieri a prescindere
dal numero delle persone che potrebbero essere accolte compatibilmente
con la densità di abitanti del territorio che le dovrebbe ospitare.
E’ illusorio pensare che i figli degli stranieri, che
stanno frequentando le scuole italiane, vorranno fare i lavori umili dei loro
genitori, perché, ovviamente, ambiscono a diventare ingegneri,
professori, ecc. Quindi mi domando perché si
difenda la necessità di fare entrare tanti stranieri (quanti? Si
intravede un limite?) adducendo come motivazione
quella che essi saranno indispensabili in futuro per fare
lavori umili. Ma se i loro figli, che stanno studiando e
sono nelle stesse condizioni dei ragazzi italiani, vorranno diventare (tra
qualche anno ) insegnanti o ingegneri, diremo allora che
avremo bisogno che vengano a stabilirsi in Italia tanti altri stranieri perché continuino a fare i
lavori più umili ? Così saremo da capo, ma con milioni di persone in più.
E’ LA DENSITA’ ASSOLUTA DI PERSONE NEL NOSTRO PAESE LA COSA CHE DOVREBBE PREOCCUPARE TUTTI !Questo è a mio parere il dato più importante che si deve prendere in considerazione quando si vogliono fare valutazioni sulle risorse che un paese è in grado di offrire ai propri abitanti, e sulla QUALITA’ della vita.
Un settantenne che è appena andato in pensione consuma tanta energia nella sua abitazione quanto un giovane, e tanto gas per riscaldamento ( anzi di più perché sopporta meno bene il freddo ). Egli ha la possibilità (giustamente) di spostarsi quotidianamente molte volte con l’automobile, mentre un giovane va al lavoro e torna una sola volta o due al massimo.
Quindi i calcoli energetici sulla idoneità di uno stato di poter sopperire alle esigenze di una popolazione devono sempre fare riferimento al numero degli abitanti di un territorio a prescindere se sono più o meno giovani.
E lo spazio ? Dopo il cibo è a mio parere l’esigenza più insopprimibile di ogni essere vivente, animale o umano che sia. E lo spazio è un’altra cosa che non si può modificare ed inoltre è DECISIVO nel determinare la qualità della vita di tutti.
Chi vi racconta che l’Italia ha bisogno di tanti stranieri lo fa solo
per il secondo fine di avere il consenso politico nei prossimi anni,
(quindi più sono meglio è ), oppure vuole sfruttarli economicamente,
trascurando che in Italia ci sono anche gli italiani !
Non ho comunque risentimenti nei loro confronti, li ho solo nei confronti di coloro i
quali fanno credere di essere altruisti
e invece vogliono perseguire esclusivamente altri obiettivi !
Vorrei inoltre , visto che qualcuno ha accennato all’argomento,cambiando discorso, ricordare quante scene inenarrabili coinvolgono per esempio i porcospini che vengono molto spesso schiacciati per metà corpo e si trascinano, feriti a morte, sul bordo della carreggiata! In più di trent’anni di guida NON HO MAI VISTO UNO che vada ad una velocità adeguata di notte !!
Una delle cose che più mi inorridisce è che la TOTALITA’ delle “persone“ che conducono un veicolo,dimostrano ,con il loro comportamento al volante, di essere totalmente indifferenti alla fine orribile che rischiano di subire gli animali che avessero la sfortuna di trovarsi in mezzo a una strada, cosa che porebbe capitare allo stesso modo ad un bambino allontanatosi da casa . In questi mesi mi capita quasi ogni giorno di vedere in un tratto di soli 3 chilometri , ( non di 400 ) , dei poveri porcospini schiacciati per metà corpo a morte, che si sono trascinati anche per qualche distanza dopo essere stati investiti, e muoiono anche dopo parecchie ore di ATROCI SOFFERENZE ! Investire un animale (soprattutto quelli lenti) è nel 99% dei casi una conseguenza di come guidiamo di notte . Se la profondità del fascio dei fanali è di 15 m circa e la gente guida anche ai 60km/h al buio, è come se desse per scontato che, se in mezzo alla strada, in qualsiasi momento, già presente , ci fosse un bambino o un animale, di investirlo con assoluta certezza. Pensate quanto cialtroni e assassini siamo !
Roberto
Cara Gaia, è utile e doveroso dibattere sulla questione e far emergere tutti i risvolti che un fenomeno ha – in questo caso – sull’ambiente, la società etc. Urge doveroso però farti notare che l’aumento della popolazione, attualmente e qui da noi in Italia, non giustifica lo spreco (oltre che consumo) di suolo cui stiamo assistendo. Lo dico riportando solamente alcuni dati relativi al Veneto (li trovi in numerosi lavori del prof. Tiziano tempesta): 1. mediamente esistono dieci (10!!!) aree produttive per singolo comune. Il sistema di gestione del territorio così non è certo efficiente. Non è nemmeno efficace, visti i risultati che abbiamo in termini di crescita economica/qualità della vita etc. 2. I permessi di costriure case in Veneto, tra il 2001 e il 2009 sono stati pari a 127 milioni di mc, a fronte di un aumento di popolazione di 370 mila persone il cui fabbisogno, stando agli standard di 120-150 mc su abitante, si attesta a 44-55 milioni di mc. 3. Infine, nello stesso periodo le concessioni edilizie rilasicate per costruire capannoni sono state oltre 111 milioni di mc, ma nello stesso periodo l’occupazione nell’industria è diminuita per oltre il 6% e la ricchezza per oltre il 14%.
In una delle risposte dell’Autrice ho notato, se ho capito bene, che nello studio non è stata considerata la Lombardia.
Per questo fornisco un dato semplice:
1954: popolazione residente (ISTAT) 6.689.293 – ettari urbanizzati (DUSAF-Classe 1) 100.134;
2007: popolazione residente (ISTAT) 9.545.441 – ettari urbanizzati (DUSAF-Classe 1) 336.161.
Questo significa che nel 1954 mio padre, per vivere, necessitava di 150 mq di asfalto e cemento mentre io, nel 2007, ho avuto bisogno di 352 mq.
Aggiungo che, ragionando di strade, se dessimo per ineluttabile che la domanda di traffico su gomma privato(automobile)aumenterà come è aumentata negli ultimi trenta-cinquant’anni, tutti i progetti di nuove autostrade che oggi stiamo avversando sarebbero perfino insufficienti.
Saluti.
Paolo Lozza
Finalmente, dopo tanti anni di “silenzio stampa” ( a parte Sartori e Levy Strauss e tanti altri..scherzo ovviamente….) una voce come quella di Gaia che nella sua lucida analisi prevede quello che ormai da 30 e più anni ho cercato di spiegare in tanti convegni e luoghi “politici”, ricevendo solo fraintendimenti (talvolta pelosi e voluti), sul necessario concetto di “carico” sostenibile di popolazione umana nei diversi ecosistemi e nelle diverse situazioni agro-territoriali e urbane,che sarebbe urgentemente auspicabile promuovere, in relazione anche alla presenza di tanti altri “viventi” che non dovrebbero da noi umani che siamo liberi di farlo, venire “suicidati” ed eliminati senza averne nessuna consapevolezza e contezza.
Insomma il diritto del riccio a poter attraversare una strada… a cui nessuno pensa ….le future TAV del mondo, in Asia, Sudamerica e Africa, oltre a frammentare tutti gli ecosistemi con tracciati invalicabili, sono strettamente connesse ad una visione di antropizzazione e sovvrapopolazione , senza limiti ed indirizzo
Noi siamo solo una delle tante specie e dato che ne abbiamo coscienza, avremmo il dovere morale ed esistenziale, di rispettare le altre, anche l’ultima formichina, nei limiti dei rapporti biologici e di predazione, senza sentirci investiti da missioni divine che ci giustificano in ogni nefandezza verso gli altri viventi.
Inoltre, a volte penso che forse saremmo troppi, anche solo in 2 miliardi, con gli stili di vita che il modello anglosassone e turbo-capitalista propone nel suo dominio mediatico e culturale mondiale, con la lucida e suicida corsa verso le megalopoli del mercato globale che implicano i ghetti interni e l’agricoltura intensiva e mortifera, all’esterno.
Senza contare che ormai le miniere di rame e di altri minerali si stanno esaurendo e che l’eccesssiva richiesta, anche dei minerali rari per l’informatica, stanno facendo dilagare guerre e contrasti, di cui la sovvrapopolazione mondiale costituisce il brodo di coltura.
Solo l’esistenza di “biospazi” socio-industriali e di reti di imprese cooperative internazionali, in un ottica di equilibrio ( meglio del confusivo termine di decrescita) nei rapporti con gli spazi degli altri viventi, potranno forse rallentare la corsa verso il “grande fratello del disastro prossimo venturo”.
Esso vive di boom demografici,guerre conseguenti, migrazioni incentivate per incrementare l’offerta di manodopera e per far fare i lavori che non vogliamo facciano i nostri figli, disoccupati con tre masters.
Ed inoltre a ciò concorre il buonismo spray di tutte le forze politiche, a caccia di voti ma incapaci di analisi…Per fortuna solo un mese fa, 2 insigni economisti indiani ( di quelli che non invitano nei salotti buonisti), hanno recentemente detto a tutti i ciechi benpensanti del mondo (che non vogliono sentir parlare di sovvrapopolazione), che se continua l’attuale trend demografico ( non bastano lievi rallentamenti), solo in India ci saranno a breve circa 500 milioni di persone che non hanno NESSUNA possibilità di integrazione sia in agricoltura che nei servizi che nell’industria.
L’automazione dilagante,dall’agricoltura all’industria, congiuntamente alla quasi assoluta mancanza di politiche reali sulla maternità consapevole, renderanno a breve la situazione fuori controllo come sta già succedendo in Egitto , in cui NON UNO , dei nostri politici, sociologi, economisti, ecc. ha il coraggio di dire che l’incremento demografico egiziano, spinto anche culturalmente da forze religiose , porterà ai disastri prossimi venturi, come quelli a cui assistiamo in Brasile e dintorni, alla faccia dei cosiddetti BRICS emergenti.
Ghetti, sofferenze e fame nelle baraccopoli,guerre, ecco i risultati del silenzio totale, da tutti condiviso, sulla sovvrapopolazione pilotata e sulla visione del mondo che la sottende, ecco il futuro del mondo ….anzi con un futuro, quello di disperati che si affidano a religioni e sistemi economici che hanno bisogno di carne da cannone, anche informatica, di voli su Marte per galvanizzare le folle……in un mondo sempre più invivibile,in cui la presenza degli altri viventi viene inserita contabilmente nei bilanci ambientali…
p.s. a fronte della chiarezza dell’intervento ed analisi della Baracetti, mi stupisco come si possa equivocare o dire cose che assolutamente non si evincono. Ma mi rendo conto che questo ed altri argomenti tabù, sono difficili da digerire, se non si adotta una visione fortemente laica comunitaria, autogestita ed internazionale, realmente solidale e biocentrica nonchè alternativa sia al modello mercatistico anarco-liberale che a quello religioso-ecclesiale ..nei fatti strettamente connessi
paolo debernardi — AGER
Aumento di popolazione = aumento di consumo di suolo. Il problema è mondiale, l’Italia ne sta soffrendo, forse più che in altri posti. 60 milioni con l’impronta che abbiamo sono sicuramente troppi. Non c’è speranza finché si vorrà far passare l’ equazione: sviluppo = consumi = numero di persone che producono e consumano = cementificazione = progresso.
> a parità di condizioni, 6M homo consumeranno ca. un millesimo di 60M homo.
-> a parità di condizioni, 6M homo consumeranno ca. un decimo di 60M homo.
Scusate per l’errore e alcuni refusi.
L’articolo di Gaia Baracetti è cristallino e pone un dilemma etico a semplicità elementare, artimetica che è quello della ovvia correlazione tra cementificazione e distruzione del territorio, del paesaggio e delle risorse naturali e degli spazi selvatici ed agricoli e la crescita demografica alla quale, sciaguratamente, hanno contribuito gli immigrati (si veda nel grafico l’impennata nel decennio 2001 – 2011) invertendo un salvifico principio di decrescita, purtroppo.
La popolazione nel 1881 era di poco inferiore ai 29M homo (dati Istat qui) e non di 45M, come afferma Roberto.
Il criterio politico fondamentale è e dovrebbe essere quello di una decrescita radicale dell’impronta ecologica (consistenza numerica della popolazione e suo tenore di consumi) fino a rientrare ad un certo margine di sicurezza inferiore per una certa quota alla biocapacità complessiva nazionale (qui i dati riassuntivi).
E questo si deve ottenere agendo sia sulla consistenza numerica della popolazione di homo sia sui consumi di questa (il problema è drammatico ed è necessario attaccarlo su entrambi i fattori).
La decrescita demografica non è assolutamente compatibile con l’immigrazione di massa, specie considerando che gli immigrati hanno compulsioni consumistiche e riproduttive fortissime e, quasi sempre, nessun anticorpo intellettuale, cognitivo, culturale e negli usi rispetto al peggio della società liquido-consumistica.
La crescita (esponenziale) della popolazione annullerebbe molto velocemente qualsiasi meritevole sforzo di uso di edifici vuoti. Anche questo è estremamente chiaro, matematico.
La cementificazione e la distruzione dei sistemi biotici sono ovviamente correlati anche con la consistenza numerica della popolazione: a parità di condizioni, 6M homo consumeranno ca. un millesimo di 60M homo.
In realtà è peggio perché si ha una sensibile correlazione tra aumento della popolazione e diminuzione assoluta della biocapacità (l’aumento della popolazione non solo comporta un aumento dei consumi delle risorse ma comporta anche una *diminuzione* della produzione biologica rinnovabile ed annuale di risorse, una riduzione delle capacità di biodegradazione dei rifiuti prodotti da homo).
Gaia Baracetti ha scritto in modo chiaro e ha esposto in maniera limpida il problema del disastro del carico antropico anche in termini di distruzione del territorio (sua artificializzazione, cementificazione, infrastrutturazione, inquinamento irreversibile, riduzione e scomparsa dei francobolli di aree non ancora antropizzate, etc.).
Semplicemente esercitate il sistema al contorno, immaginatevi che paradiso potrebbe essere un’Italia con 6M di homo in termini di sostenibilità totale, di margini di sicurezza, di restauro del selvatico, di recupero degli spazi vuoti da homo e lasciati alla natura, etc. .
Viceversa immaginate il pessimo stato attuale di molte zone o l’inferno che sarebbe l’Italia, con, ad esempio, 120M di homo.
si, ho scritto 45 milioni che è la popolazione della fine dell’ultima guerra .
Eravamo circa 30 milioni negli anni 1870-1880 .
A maggior ragione valgono le considerazioni fatte. Metà della popolazione attuale.
Chiedo scusa della distrazione
Questo è uno degli articoli più commentati del sito, segno che il tema è molto “caldo”!
Certo che l’aumento della popolazione non è l’unica causa del consumo di suolo, ma una riflessione sul tema è utile, anzi necessaria! Grazie a Gaia per il suo articolo e per i dati che ci ha fornito
Non capisco dove voglia andare a parare Gaia! Con il suo ragionamento si occuperebbe più suolo fino al punto di…….saturazione completa. E dopo? Facciamo una guerra? Radiamo al suolo tutto e ricominciamo? Ogni cosa ha i suoi limiti, anche le nazioni, quindi bisogna invertire le tendenze di costume e mentali. Un bicchiere quando è colmo, è colmo, c’è poco da fare, altrimenti trabocca.
Quale parte del mio ragionamento porterebbe all’occupazione di suolo, quando l’intero pezzo che ho scritto è una critica al consumo di suolo? Sono davvero stupita di tutti questi fraintendimenti, in cui vengo accusata di dire l’esatto contrario di quello che sto dicendo.
correzione nel commento 6 :
… nel 1870 … l’aspettativa di vita media , cioè la durata dell’esistenza
IL PIU’ GRANDE GUAIO (tutti gli altri sarebbero risolvibili quasi istantaneamente), e quello dal quale derivano praticamente tutti I problemi più gravi, è proprio che siamo in troppi. Se fossimo rimasti qualche centinaio di milioni potremmo vivere ora TUTTI da nababbi ! E la salute della Terra sarebbe indubbiamente migliore.
In Italia, al contrario di quello che sostengono anche giornalisti come Piero Angela, che contraddice quello che ha detto in decine di anni di trasmissioni che iniziavano con il monito di non consumare il territorio naturale , la situazione è fra le peggiori .
In Italia nel 1870 morivano 4 bambini su 10 prima dei 5 anni e l’età media era di circa 45 anni anni. Oggi, se muore un solo bambino per cause naturali è una catastrofe, lo si dice addirittura al telegiornale perché fa notizia
Ci avviamo quasi tutti a raggiungere l’età di 100 anni e non ci sono per il momento più guerre (per fortuna).
Quindi è ovvio che
la percentuale di persone tra i 45 e i 100 anni nel prossimo futuro sarà sempre preponderante su quella dei giovani dai 20 ai 45 che entrano nel mondo del lavoro, o se vogliamo dirlo in altro modo la società sarà composta da più vecchi che da giovani
L’unico modo per sovvertire ciò sarebbe immettere decine di milioni di giovani coppie prolifiche istantaneamente che per qualche decennio riporterebbe i giovani a prevalere .
Ma dopo qualche decennio la situazione ritornerebbe come prima per quanto riguarda la proporzione giovani e longevi
E questa volta sì sarebbe la catastrofe perché saremmo diventati magari 100 milioni o più invece dei 60 che eravamo
Ogni anno in Italia nascono circa cinquecentomila bambini
L ” ‘intera gamma dei lavori più faticosi ” che in tutta l’estensione del territorio dell’ Italia possono essere svolti solo da giovani intorno ai vent’anni , richiederebbe solo qualche decina di migliaia di lavoratori ogni anno ; quasi tutti gli altri possono essere al giorno d’oggi svolti a qualsiasi età, ( esempio : ho fatto il facchino insieme a sessantenni che lavoravano benissimo )
Quindi è una fortuna che almeno per un po’ la popolazione italiana (mi rivolgo al giornalista Piero Angela se gli capita di leggere su questo sito) diminuisca e il rapporto nati morti sia momentaneamente alterato (ricordo che nel 1880 la popolazione in Italia era più o meno di 45 milioni)
altrimenti la densità di abitanti aumenterebbe sempre , e questa è una cosa di cui doversi preoccupare in una nazione già sovraffollata
a meno che qualcuno non spieghi come farebbero , ad esempio 120 milioni di persone in Italia , a : lavorare tutti – farsi la doccia ogni giorno – guidare la macchina – avere gas , corrente elettrica – avere a diposizione i materiali per produrre tutti i beni di cui facciamo uso – spazio per una qualità di vita come quella odierna
Rivolto a quelli a cui non importa che ormai il nostro paese sia una immensa città.
Ma voi, per una settimana all’anno andrete in ferie in montagna o dove ci sono spazi aperti, o no ?
E date per scontato che dove andrete ci debbano essere queste aree di verde , di quiete, di campagna aperta. Perchè ?
Come mai che lì dove vorreste o vorrete andare fate conto che non possano costruire in modo che per tutta la vostra vita non abbiate un solo metro dove trovare un pò di spazio libero ?
Nel mio paese Canale a iniIo ‘900 gli abitanti erano 5500 ,più o meno quelli di adesso.Il perimetro urbano
Intanto è aumentato da sei a dieci volte come nella media dei paesi e città italiane.L’articol rischia di
giustificare la colssale abbuffata che ha stravolto un intero territorio.
Cosa c’è nel mio articolo che giustifica la cementificazione in Italia?
È vero che alcuni piccoli paesi nel corso del Novecento si sono spopolati o hanno mantenuto la stessa popolazione, ma spesso si trattava di paesi dove i giovani non riuscivano a trovare lavoro e dovevano emigrare (quindi la popolazione era eccessiva rispetto alle risorse e possibilità di allora), dove si viveva con pochissimo e le famiglie, numerose, stavano tutte in una sola casa. Quasi nessuno aveva la macchina, si comprava poco (niente centri commerciali) e sicuramente non si facevano ferie. Molti, me compresa, pensano che si debbano ridurre i consumi: ma fino a che punto? Il passato non è perfetto.
Secondo me andrebbero confrontate le curve di crescita della popolazione, con quella consumo di suolo durante lo stesso periodo. Confrontare queste due curve aiuterebbe a dare una risposta a questo articolo.
Negli ultimi 20-30 anni mi aspetterei una crescita del consumo di suolo molto piu’ pronunciata rispetto alla crescita di popolazione. Anche perche’a guardar bene, dal 1980 la crescita si e’ridotta di molto.
Insomma, i capannoni, i centri commerciali, le strade, gli outlet, gli expo non sono realizzati solo in funzione della crescita di popolazione, ma soprattutto in funzione di interessi economici. Secondo me questo articolo e’ fuorviante ed incompleto nella sua analisi.
Tanto per fare un esempio vorrei ricordare la soluzione berlusconiana di incentivare il settore delle costruzioni come rimedio alla crisi..
Oppure ai numerosi ettari consumati nei dintorni di Pisa in un solo colpo per rilanciare l’industria nautica e construire l’IKEA. Quelli non sono per niente legati all’aumento di popolazione.
Rispondo a Guido e alle altre obiezioni. Non sostengo, come precisato esplicitamente nell’articolo, che l’unica causa del consumo di suolo sia la crescita della popolazione. Quello che volevo dire è che non ci si può concentrare solo sullo sfitto e sulla speculazione dimenticando il fatto che la domanda effettivamente è in aumento: questo significherebbe trovarsi prima o poi nella situazione in cui lo sfitto è tutto occupato ma la popolazione continua a crescere e bisogna edificare ancora. La crescita demografica, che era rallentata (senza però fermarsi) dagli anni ’80, è ripartita dopo il 2000 e non si sta arrestando. L’anno scorso sono state aggiunte all’Italia quasi trecentomila persone: come una città di dimensioni medio-grandi con tutto il suo corredo non solo di abitazioni, ma di infrastrutture di ogni tipo.
Ricordo infatti che il consumo di suolo legato alla crescita della popolazione non è solo quello di case, o di grandi opere. C’è l’edilizia che è uno dei settori principali dell’economia italiana e uno dei grandi datori di lavoro (più popolazione significa anche più richiesta di lavoro), c’è la produzione di energia e di merci per soddisfare i bisogni, ci sono i tanti piccoli parcheggi e parcheggetti costruiti continuamente sul territorio italiano anche (non solo) perché ce n’è sempre domanda, le case vacanza, i negozi, gli uffici, le nuove strade locali e gli allargamenti delle strade perché il traffico aumenta, e così via. Per non parlare di asili, ospedali… dire: “ci sono tante case vuote quindi il problema non esiste” significa pensare che l’unica esigenza materiale delle persone sia quella di dormire da qualche parte, e tutto il resto non conti nulla.
Certo, si può pensare di potenziare settori dell’economia che non siano quello edile, ma comunque chi lavora ha bisogno di spazio e strutture, che siano uffici (che occupano spazio), campi (idem), scuole, negozi… il problema rimane.
Per quanto riguarda il fatto che gli stranieri spesso occupano edifici abbandonati vivendoci in molte famiglie, io non credo che sia qualcosa di cui rallegrarsi: l’affollamento non piace a nessuno. Inoltre, nel momento in cui il tenore di vita aumenta aumentano anche le richieste di consumi e di spazio. L’ambiezione di ogni immigrato di tipo economico, a lungo andare, è raggiungere un tenore di vita simile a quello dell’italiano medio.
Concludo dicendo che una piccola parte di sfitto è fisiologico: certo non ai livelli a cui siamo abituati, ma dobbiamo mettere in conto una bassa percentuale di abitazioni temporaneamente vuote perché alla ricerca di un affittuario o un acquirente.
L’essenza del mio commento e’ infatti che, pur considerando aumento di popolazione e aumento del benessere, l’aumento di aree consumate e’ di gran lunga maggiore e sproporzionato. Non ho dati alla mano per dimostralo, ma credo fermamemte che sia cosi’.
Concordo con GUNO SCARSI quando dice che questo articolo “rischia di giustificare la colossale abbuffata che ha stravolto un intero territorio”.
Il concetto di proporzionato o sproporzionato dipende da che tenore di vita vogliamo mantenere. Il consumo di suolo totale si può considerare come consumo di suolo pro capite moltiplicato per il numero di persone. Nella parte che riguarda il pro capite ci sono tantissimi elementi, alcuni dei quali elencati da me all’inizio dell’articolo e puntualmente denunciati in questo sito, altri meno evidenti. Alcuni chiamano in causa non solo i costruttori ma tutti noi: la necessità o il desiderio di posteggiare l’auto all’interno dell’abitazione, o di avere uno spazio verde, che aumenta la superficie occupata; la preferenza per centri commerciali o cinema fuori città con ampi parcheggi, la frequenza delle nostre vacanze e il tipo di strutture che utilizziamo, e così via. Non è tutto solo speculazione e capannoni (che, ripeto, esistono: ma siccome questo sito ne parla regolarmente, io ho preferito concentrarmi su un aspetto meno noto).
La riduzione dei consumi pro capite non può andare avanti all’infinito: come ho scritto in risposta a un precedente commento, la maggior parte delle persone non è disposta a vivere in abitazioni plurigenerazionali che non può mai lasciare (senza contare che qualsiasi tipo di consumo, dall’alimentazione all’abbigliamento, alla cultura, all’avere animali domestici e chi più ne ha più ne metta, richiede suolo).
Quindi si arriverà al punto in cui ulteriori diminuzioni del consumo ‘pro capite’, dati i sacrifici che richiedono, non saranno più accettabili: se nel frattempo non avremo però ridotto o stabilizzato anche il numero totale di persone, i nostri sforzi saranno stati vani.
Non vedo cosa ci sia in tutto ciò che incoraggia la cementificazione. Io non ho detto che sbaglia chi cerca di censire il patrimonio inutilizzato e di capire come recuperarlo: ho semplicemente detto che non basta.
Questo studio offre alcune risposte: alle pagine 13-16 in particolare. Si osserva il verificarsi di entrambi i fenomeni: aumento dell’urbanizzazione in aree con incremento demografico, e crescita urbana in comuni soggetti a calo demografico. Si nota inoltre che: “sul totale del territorio indagato, che, come già precisato, costituisce un campione esteso oltre il 44% della intera superficie nazionale, la densità di urbanizzazione si è mediamente quasi sestuplicata tra la metà del secolo scorso e i primi anni del 2000, mentre sono circa quadruplicati i valori pro capite delle aree convertite a funzioni urbane.”
Se interpreto correttamente questo dato, due terzi dell’aumento sono attribuibili all’aumento del consumo pro capite di suolo, e un terzo all’aumento della popolazione.
Va sottolineato però che mancano allo studio regioni importanti e molto popolate come la Lombardia, la Campania e il Veneto, e che i dati pro capite si fermano al 2000, prima quindi di un decennio di crescita dopo due decenni relativamente stabili.
http://www.fondoambiente.it/upload/oggetti/ConsumoSuolo_Dossier_finale-1.pdf
Per esempio, cose del genere sono legate all’aumento della popolazione?
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-speculazione-in-nome-del-golf/2211658
finalmente !cualquno che dice la verità!
Sono d’accordo con questo ultimo commento, è necessario completare il censimento degli immobili al piu’ presto per avere un quadro preciso della situazione.
Condivido, in parte, quanto sostiene “romegas”: intanto utilizziamo quello che c’è!
Per esempio a Firenze, la mia città fino a pochi anni fa si aprlava di 6.000 persone senza casa e di 9.000 appartamenti sfitti! Evidente che non c’è (non ci sarebbe!) più bisogno di costruire un m3 di cemento in più!
Per quanto riguarda la spinosa e complessa questione dell’immigrazione anche qui gli immigrati spesso occupano ex fabbriche e/o ex uffici che possono ospitare molte famiglie. Talvolta aiutati da associazioni come Action a Roma o il Movimento di lotta per la casa a Firenze, talvolta in modo spontaneo.
Per quanto riguarda, invece, le “infrastrutture” mi pare che, a parte le grandi opere (TAV, Ponte sullo Stretto, Autostrade varie) non se ne facciano più di tante. Questo si può vedere anche dalle migliaia di palazzi e villette a schiera invendute che spuntano come funghi nell’ormai ex Bel paese!
Iniziamo intanto a riempire le case vuote, poi limitiamo l’immigrazione, anche se con la crisi molti hanno lasciato il nostro paese. L’Italia non può sopportare troppi abitanti, altrimenti è la fine, e questo è facile prevederlo, senza bisogno di calcoli matematici. Comunque molti comuni decrescono e abusano di dati statistici dubbi per costruire.
bravo!