Oltre il 55% delle aree costiere trasformate per sempre dal cemento. Record negativo di Lazio e Abruzzo che hanno perso il 63% di litorale Dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, cancellati 160 chilometri di coste.
Le coste italiane sono sotto costante minaccia. Se un tempo erano una crocevia di storie, di incontri tra culture diverse, da troppo tempo sono invece diventate preda e bottino della speculazione edilizia che ne sta cambiando irreversibilmente i caratteri.
Su 1.800 km di coste analizzate in 8 Regioni italiane, tra Adriatico e Tirreno, oltre il 55% sono state trasformate dall’urbanizzazione. Senza contare che dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, sono stati divorati dal cemento ben 160 chilometri di coste. È quanto emerge dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che analizza Regione per Regione il consumo delle aree costiere attraverso un lavoro di analisi e confronto delle foto satellitari. Scatti che hanno permesso di riconoscere le aree dove è stato cancellato in modo irreversibile il rapporto tra mare, paesaggi naturali e agricoli.
E i dati che emergono sono estremamente preoccupanti: tra le 8 regioni analizzate (Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise, Sicilia e Veneto), il record negativo va all’Abruzzo e al Lazio con il 63% di coste trasformate, si salvano solo un terzo dei paesaggi mentre tutto il resto è ormai occupato da palazzi, ville, alberghi, porti. Male anche l’Emilia-Romagna (58,1%), la Sicilia (57,7%), le Marche (54,4%), la Campania (50,3%), il Molise (48,6%) e il Veneto (36%) dove l’urbanizzazione ha avuto come freno il delta del Po e il sistema lagunare. Nel complesso la costa Tirrenica mostra i dati più allarmanti rispetto a quella adriatica con quasi 120 km tra il 1988 ed 2011di costa con paesaggi naturali e agricoli cancellati nelle varie Regioni analizzate, con un aumento del 10,3% di consumo delle aree costiere.
“La fotografia scattata da Legambiente evidenza un quadro preoccupante, una deriva pericolosa che non trova, al momento, ostacoli efficaci né nella legislazione né nelle volontà politiche degli amministratori locali. – dichiara il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – I risultati che emergono dal dossier evidenziano non solo come continui la pressione delle speculazioni in tanti luoghi di straordinaria bellezza, ma che esiste un grave problema di tutela che riguarda vincoli, piani e sistemi di controllo. La preoccupazione aumenta se si pensa poi alla crescente esposizione al rischio idrogeologico che questa situazione fa emergere e se si considera che l’esplosione dell’occupazione delle coste con il cemento in molte parti d’Italia avviene in assoluto rispetto della legalità. L’abusivismo peggiora una situazione già gravemente compromessa. L’obiettivo deve essere salvare la natura residua, liberare l’accesso alle spiagge ed avviare un grande piano di riqualificazione dell’esistente, per cancellare quella litania di case e costruzioni che rovinano la bellezza delle nostre coste. È dunque fondamentale che si apra una nuova fase di attenzione nei confronti dei paesaggi costieri, un patrimonio unico, una risorsa preziosa, che non può rischiare di essere divorata anno dopo anno dal cemento ma, al contrario, che l’Italia deve tutelare e valorizzare.”
Anche per questo Legambiente ha messo a punto un ddl sulla bellezza, depositato in Parlamento e che deve essere rapidamente discusso e approvato per risanare questi scempi. Nell’interesse dei cittadini e dell’ambiente, del turismo e di un settore come quello edilizio che può trovare nuove opportunità di lavoro proprio puntando sulla riqualificazione.
“L’iniziativa di Legambiente – dichiara il Sottosegretario ai Beni culturali e turismo Ilaria Borletti Buitoni – è meritevole nel merito e nel metodo, e trova il mio incondizionato sostegno. Lo è nel metodo, perché si tratta di una denuncia documentata e puntuale del degrado che sta aggredendo da troppo tempo una parte costitutiva dell’identità italiana come il meraviglioso paesaggio delle nostre coste, in primo luogo per colpa di un selvaggio abusivismo edilizio; e lo è nel merito, perché passando dalla protesta alla proposta, con la presentazione di un ddl ne fa una questione nazionale che chiama in causa la responsabilità e la capacità della politica di tutelare questo patrimonio. Si tratta di uno stimolo ad agire immediatamente – conclude il Sottosegretario Borletti – che intendo prendere molto seriamente”.
I DATI
Abruzzo e Lazio detengono il record negativo con oltre il 63% di coste trasformate. In particolare in Abruzzo sono ben 91 i km di costa irreversibilmente modificati rispetto ad un totale di 143 km. Tra le infrastrutture, nate o ampliatesi negli anni scorsi, spiccano i porti di Pescara, Giulianova, Ortona e Vasto. Ma in questa regione l’aspetto più impressionante è che il paesaggio costiero “ancora” libero sia protetto solo parzialmente, solo il 9% dell’intera costa abruzzese risulta essere infatti area protetta. Situazione preoccupante anche nel Lazio, dove su un totale di 329 km, 208 km risultano essere trasformati ad usi urbani e infrastrutturali. Senza contare che l’urbanizzazione realizzata successivamente all’entrata in vigore della Legge Galasso ha portato alla cancellazione di ben 41 km i costa, cioè il 20% dell’intera urbanizzazione esistente. I tratti di costa in cui i valori di consumo di suolo sono più alti, sono quelli che vanno da Salto Corvino a Terracina, da Anzio a Torvaianica.
Passando alle altre regioni, in Emilia-Romagna il 58,1% delle coste sono state trasformare e 140km totali di costa ben 82 km sono stati urbanizzati sui 141 totali. In particolare da Cesena a Cattolica, tra il 1988 ed il 2011, si è registrato un aumento di costruzioni anche alle spalle della linea costiera. Dati negativi riguardano anche la Sicilia, le Marche e la Campania, dove sono stati mangiati rispettivamente il 57,7%, il 54,4% e il 50,3% di coste totali. In particolare in Sicilia emblematico è il caso del tratto tra Fiume Grande e Capo, nei pressi di Cefalù, in precedenza caratterizzato da aree verdi. Anche in Molise i dati sono preoccupanti, con ben il 48,6% di coste trasformate. Nonostante la costa molisana sia di modesta lunghezza (35 km), nel corso degli ultimi 25 anni risulta essere tra le più aggredite dalla cementificazione registrando tra il 1988 ed il 2011 un aumento di consumo di suolo costiero del 28,6%. Infine c’è il Veneto con il 36% di coste mangiate dal cemento, un dato molto più basso rispetto alle altre Regioni prese in esame grazie al peso rilevante che ha avuto la morfologia costiera con la laguna veneta e il delta del Po’ hanno nel limitare l’espansione del cemento.
“Non è più rinviabile un intervento di tutela delle aree costiere ancora libere dal cemento. – conclude Edoardo Zanchini, vice-presidente di Legambiente – Altrimenti si continuerà a vedere scomparire anno dopo anno dune e litorali sotto il peso di villaggi turistici, seconde case, palazzi, alberghi sfruttando l’inefficacia dei vincoli della Legge Galasso e dei controlli, la vaghezza delle indicazioni dei piani paesistici regionali. Occorre che i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente stabiliscano un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato per almeno 1 chilometro dal mare. In parallelo spetta alle Regioni e al Ministero dei Beni culturali la responsabilità di concludere finalmente la revisione dei piani paesaggistici regionali, per adeguarli alle indicazioni della Convenzione Europea del paesaggio e del Codice dei beni culturali e del paesaggio, per introdurre indicazioni di tutela efficaci e obiettivi di riqualificazione del patrimonio edilizio e dell’offerta turistica”.
Sul sito di Legambiente è possibile scaricare il dossier “Salviamo le coste italiane” e le analisi del consumo delle aree costiere nelle 8 regioni analizzate al seguente link:
http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/salviamo-le-coste-italiane
Oltre a scoprire “l’Atlante fotografico dei paesaggi costieri italiani“, uno spazio interattivo, dove si possono monitorare i cambiamenti che stanno avvenendo lungo le coste italiane e i 639 Comuni che si affacciano sul mare. E al tempo stesso informarsi sulle spiagge più belle e i luoghi più suggestivi della Penisola. Il link dell’atlante è:
http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/atlante-fotografico-dei-paesaggi-costieri-italiani
Provate a monitorare la Puglia dell’ecologista Vendola. Durante il suo regno – dati vostri – la cementificazione è aumentata del 13% contro l’8% della media nazionale. Forse non è un caso che sia stata esclusa da Legambiente che appartiene alla sua cordata politica. L’Italia resta un paese medievale diviso per lobby e caste di ogni natura.
da trent’anni e forse più, frequento l’Abruzzo; mi trattengo pochissimo sulla riva del mare, vado all’interno, ma il luogo che frequento la dice lunga sulla occupazione della spiaggia. Alberghi,bar ed altro hanno occupato e trasformato il litorale;non solo il cemento, che ne è l’aspetto più devastante, ma anche la trasformzione con giardini, prati, siepi, piscine. La capitaneria di porto, che ha la giurisdizione, concede le autorizzazioni. La capitaneria di porto? Si, la Capitaneria di porto! Pensate un pò.
marinof
Che l’uomo è l’animale più stupido della terra, l’unico che “non usa” il proprio istinto di conservazione per preservare l’ambiente in cui vive..