La tutela del territorio come bene comune al centro del convegno “Zero suolo, zero Paese” organizzato da Salviamo il Paesaggio a Roma. Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale: “Popolo, territorio e sovranità sono i tre elementi fondativi dello Stato. Il suolo appartiene quindi al popolo sovrano come proprietà originaria collettiva tutelata dalla Costituzione. Ristabilire equilibrio tra proprietà pubblica e privata”.
Senza suolo non esiste lo Stato e senza Stato non esistono cittadini, ma solamente dei sudditi. Per scongiurare tale minaccia, tutt’altro che infondata purtroppo, si è tenuto lo scorso 25 ottobre presso la sede del Cnel a Roma, il convegno organizzato dal forum Salviamo il Paesaggio dal titolo “Zero suolo, zero Paese”, una giornata di studi sul tema del consumo di suolo in preparazione di una conferenza nazionale da programmare nel 2014.
Diversi gli esperti che si sono scambiati la parola all’interno della sede Cnel, Consiglio Nazionale Economia e Lavoro, nella splendida Villa Lubin, analizzando le molteplici sfaccettature di un tema molto complesso per ricondurle ad un unico approdo. Come un grande mosaico, per vedere il quale bisogna prima unire i tasselli e poi allontanarsi di qualche passo per avere una visione d’insieme.
Molti i contributi alla discussione quindi, per un unico denominatore comune, un concetto di fondo: Il suolo va difeso e il suo consumo fermato ora. La situazione catastrofica del nostro Paese rispetto al problema viene da tempo denunciata, per cambiare concretamente le cose tuttavia appare chiara l’esigenza di partire dall’etica e dai principi fondamentali.
“La terra è un bene comune, res extra commercium, non può essere alienata a pochi. Dobbiamo ricondurre l’individuo e i suoi diritti all’interno del concetto di comunità”. Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale, è tra gli ultimi a prendere la parola ma il suo intervento è una sintesi e insieme una sorta di manifesto conclusivo dell’incontro.
“Quando nasce una comunità politica, con la confinazione dei terreni, nascono tre cose incredibili: Un popolo che si installa sul territorio, un territorio che appartiene a titolo di sovranità al popolo e nasce la sovranità. Il territorio appartiene al popolo nella sua integralità. È la legge, ovvero la volontà del popolo, che riconosce e garantisce la proprietà privata. Si tratta di una proprietà originaria collettiva con prevalenza giuridica e costituzionale”.
Il nodo è quello del diritto ad edificare. “Il ius aedificandi” aggiunge Maddalena, “è un diritto collettivo all’integrità del territorio non collegato al diritto di proprietà privata, con la quale invece, oggi, pare identificarsi. È lo Stato che concede tale diritto a determinate condizioni contemplate dalla costituzione”.
Gli articoli 41 e 42 della nostra Costituzione in effetti, parlano chiaro: “L’iniziativa economica privata”, recita il primo, “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Mentre il secondo sottolinea che “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”. In barba a tali aulici concetti, purtroppo, in Italia si è venuto a creare “un forte squilibrio tra proprietà privata e collettiva”, sottolinea il l’ex magistrato, ai danni della seconda. “La soluzione non è privatizzare perché significa rimettere in commercio i beni di tutti, quelli extra commercium, appunto”. Beni di tutti che diventano di pochi.
Tutelare il suolo significa rispettare anzitutto principi fondamentali alla base dell’esistenza stessa del concetto di Stato, ma non solo. Non si tratta, in altre parole, di attenersi ad antichi dettami, pur profondi e pregnanti, contenuti in documenti ingialliti dal tempo e dimenticati dalla realtà quotidiana delle persone. Il territorio è qualità della vita e parte della nostra identità.
“Il consumo di suolo genera lesioni al proprio luogo di vita e quindi disagio psicologico ed esistenziale automatico”, dice Francesco Vallerani, docente all’università Ca’ Foscari di Venezia. “L’attaccamento delle persone ai luoghi in cui vivono, lavorano, si svagano, corrisponde ad un’immagine di sé. C’è una stretta connessione tra identità personale e ambiente esterno. Una proiezione della nicchia materna”. Veder distruggere luoghi belli e significativi per la nostra vita, quindi, determina “un impoverimento esistenziale che genera malinconia”. È come se morisse una parte di noi. In questo senso contrapporsi a certi progetti che si percepiscono come lesivi dei luoghi che amiamo significa combattere per tutelare la propria identità e qualità dell’esistenza, “per evitare la perdita di senso profondo di appartenenza ai luoghi, l’essere nel mondo come diceva Heiddeger. La soluzione e prendersi cura dei luoghi”, conclude il professore, “alfabetizzare e informare su ciò che accade per rendere consapevoli le persone”.
Per difendere i territori e, insieme a questi, noi stessi e lo Stato è necessario tuttavia avere un’idea di ciò che si vuole fare. “Non basta porre vincoli senza che vi sia una strategia generale relativa alla pianificazione urbanistica di un’area, un’idea per trasformare una città, ad esempio, in maniera positiva”, dice Alessandro Leon presidente del Cles, Centro per le ricerche e studi sui problemi del Lavoro, dell’Economia e dello Sviluppo. “Porre semplicemente un vincolo e ritenere che ciò concluda la vicenda significa far sì che si alzino le rendite immobiliari e aumenti l’offerta, anche illegale, nelle aree limitrofe a quelle vincolate, specie in realtà con una sola centralità, come Roma, dove i cittadini si spostano solo in certe aree. La soluzione è ripensare i sistemi di centralità, che non corrispondono necessariamente ai Municipi, dislocando uffici e servizi in maniera più razionale. Con più centralità vi sarebbe maggiore distribuzione della rendita sul territorio. A quel punto sarebbe più facile porre vincoli senza creare squilibri”.
Bisogna avere in mente, quindi, un’idea precisa di Paese, sapere dove vogliamo portare le generazioni future. È imperativo conoscere per deliberare, come sosteneva Einaudi, e capire che il suolo sono le persone e la loro vita. Quando si comprende che facendo gli interessi di tutti si fanno anche i propri pianificare diventa più semplice.
Marco Bombagi
Salviamo il Paesaggio Roma e provincia
www.salviamoilpaesaggio.roma.it
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molto utile il convegno e i contributi ma bisogna ricordare che la corte costituzionale non ha ancora modificato le sue sentenze sullo ius edificandi dei proprietari dei terreni tant’è che oggi i comuni e gli assegnatari delle aree espropriate per i PEP piani per l’edilizia economica e popolare sono in grosse difficoltà finanziare dato che ai proprietari è stato riconosciuto il diiritto ad un valore di esproprio quasi di mercato.Infine penso che si debba trovare un equilibrio sulla base delle proposte avanzate dall’economista Paolo Leon.
“Senza suolo non esiste lo Stato e senza Stato non esistono cittadini, ma solamente dei sudditi. ”
Son contento che ci siano persone come Marco Bombagi che si accingono alla titanica impresa di riscrivere buona parte della storia del mondo. Dell’Europa Occidentale ma anche di una parte dell’ Oriente (la Cina). Chi sa cosa ne penserebbero il Re Sole (quello noto per le pasticche) o Elisabetta I o Carlo V d’Absburgo apprendendo di aver governato dei non-stati….Questo è solo il principio, suppongo. Aspetto di vedere la fine…speriamo sia altrettanto divertente.