La storia dell’Italia unita è scandita da indagini archeologiche, ma anche da troppi abbandoni. Da distruzioni di ogni tipo. Dagli sterri dei primi decenni del Novecento alle indagini preliminari più recenti, una parte del patrimonio, dissipato. Per risorse indiscutibilmente insufficienti, ma anche per evidenti incapacità gestionali. Per politiche, anche culturali, inadeguate.
Già nel 1878, in una sintesi della storia urbana di Roma rivolta al pubblico dell’Esposizione Internazionale di Parigi, Rodolfo Lanciani, uno dei più grandi archeologi romani di tutti i tempi, chiedeva una maggiore attenzione al patrimonio archeologico del sottosuolo urbano. Condannando la sistematica distruzione subita dalle ville storiche ed esprimendosi in maniera quanto mai critica in merito ai risvolti affaristici e speculativi della crescita edilizia della città.
La capitale del degrado artistico
I diversi Prg che si sono succeduti nella Capitale, senza dare un ordine alla città in espansione, hanno per certi versi agevolato la distruzione di un numero impressionante di monumenti di ogni tipo e mole. Nonostante sia innegabile che le nuove norme ed un’accresciuta sensibilità, almeno a partire dagli anni Ottanta, abbiano costituito un strumento di salvaguardia. Spesso incerto: interi quartieri costruiti cancellando quasi per intero il popolamento antico. Singoli edifici ed opere di urbanizzazione a far scomparire tessere preziose di un grande puzzle. Alla Bufalotta e agli ex Mercati Generali all’Ostiense. A Casal Bertone e a Tor Marancia, su via di Grotta Perfetta. Al Gianicolo e a Dragona. Villae, ma anche tracciati stradali, necropoli, stazioni di posta, templi, acquedotti, ponti, terme, teatri e anfiteatri e moltissimo altro. Per non parlare della campagna romana in cui la dilatazione di alcuni paesi e il fenomeno delle seconde case hanno comportato l’obliterazione perpetua di tantissimi resti antichi.
Roma, specchio dell’Italia
Centinaia e centinaia di metri cubi di costruzioni antiche polverizzate. Oppure ri-sepolte dopo la scoperta, in attesa di risorse che probabilmente non arriveranno mai. A Napoli come a Bologna, a Cagliari come sulle colline marchigiane. Nel reggiano come a Torino. Ovunque lavori edilizi, sia pubblici che privati, troppo frequentemente abusivi, abbiano comportato scavi. Quasi non c’è città, paese e territorio che non abbia sacrificato, più o meno consciamente, parti cospicue del suo passato. La “foga cieca e distruttrice”, come sostiene Settis nel libro Paesaggio, Costituzione, Cemento del 2010, uno dei grandi mali. Una delle cause del disastro. Perché non esistono solo l’abbandono e il degrado, che uniscono Pompei a Sibari, Crotone ad Ancona, Paestum a Cales. Accanto a questi ci sono le troppe distruzioni, tante volte regolarmente autorizzate. Il caso del quartiere produttivo di Pompei, individuato nel comune di Torre Annunziata, sacrificato per lasciare spazio ad un nuovo megastore è solo l’ultimo di una lista quasi infinita.
Non ci sono stime al riguardo. Ma in molti dei casi per i quali siano noti significativi elementi, i numeri sulla distruzione parlano di almeno un 20% di monumenti andati distrutti. Così pezzo dopo pezzo l’Italia assottiglia il suo patrimonio archeologico. Peraltro ancora solo parzialmente noto. Secondo la recente indagine effettuata dall’Istat, in collaborazione con il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo, nel 2011 le aree o parchi archeologici erano 240, mentre 501 i monumenti e i complessi monumentali. In realtà il loro numero deve ritenersi di gran lunga maggiore, anche se non quantificabile, considerando i resti di varia consistenza disseminati per il Paese. Il quadro che se ne ricava è desolante. Valorizziamo in maniera inadeguata una parte più che esigua dell’esistente. Tuteliamo pochissimo di quel che si scopre. Mentre la gran parte degli addetti ai lavori, a partire dagli archeologi, cerca di sopravvivere come può alla continua emergenza. Viene da credere che nonostante i proclami, il patrimonio archeologico continui ad essere un fastidioso “peso”. Del quale disfarsi.
La mappa – necessariamente incompleta – dei luoghi minacciati:
Verona, Piazza Corrubbio. Tra il 2009 e il 2011, nelle indagini preliminari alla realizzazione di un parcheggio interrato, scoperta un’estesa necropoli con sepolture datate tra il III e l’VIII secolo. Distrutta.
Vicenza. Corso Fogazzaro. Nel corso dei lavori di rifacimento della pavimentazione al di sotto dei portici, alla fine del 2012, si sono rinvenuti dodici pilastri relativi all’acquedotto della città romana. In attesa di una loro valorizzazione i resti sono stati reinterrati.
Bologna. Via Orfeo. Nel 2013, nel corso delle indagini preliminari per la realizzazione di un grande complesso residenziale nel centro storico, nell’area del Convento del Sacro Cuore, si è rinvenuta una necropoli. Le oltre 150 tombe, databili tra il 1200 e il 1300, non hanno fermato il progetto.
Roma. Gianicolo, Rampa Torlonia. Resti della villa di Agrippina scoperti durante i lavori per la realizzazione della rampa che conduce al megaparcheggio di propaganda Fide, in occasione del Giubileo del 2000. Le strutture, rimosse dal luogo della scoperta, a lungo in una sorta di deposito Atac nelle vicinanze. Anni dopo, le pitture con le teste di Medusa e gli uccellini asportate dalle strutture per essere esposte. Altri resti sono visibili all’interno dell’Hotel “Gran Melia Villa Agrippina”.
Roma. Via di Casal Bertone. Nel corso delle indagini archeologiche preventive per la realizzazione della Tav Roma-Napoli, tra il 2007 e il 2008, sono stati scoperti i resti di una grande fullonica, estesa su circa 1000 mq. L’impianto, datato II secolo, era allineato ad un vicino tratto della via Collatina antica, accanto ad alcuni edifici funerari. Il più grande impianto industriale antico noto. Non potendo conservare in situ l’impianto, è stato mappato e “smontato” in attesa di poterlo ricomporre in un luogo adatto alla sua conservazione ed alla visita del pubblico.
Roma. Via Ostiense. Ex Mercati Generali. Nelle indagini archeologiche preliminari alla realizzazione della “Città dei Giovani” progettata da Rem Koolhaas, negli 82mila mq. degli ex Mercati Generali, scoperti tra il 2007 e il 2008 estesissimi resti di un impianto di bonifica idraulica realizzata con migliaia di anfore betiche, oltre a due tracciati stradali e un’area di necropoli. Ricoperti immediatamente al termine delle indagini nel 2009. In quelle aree ancora debbono essere realizzate le opere edilizie previste dalla trasformazione urbana presentata dal sindaco Veltroni nel dicembre 2003.
Roma, Bufalotta. Resti di tracciati stradali scavati nel banco naturale (con pareti alte fino a 10 metri) e basolati, un’ampia area di necropoli, che dall’età protostorica raggiunge il III-IV secolo d. C., una villa. Distrutti dalla costruzione di palazzi e centro commerciale Porta di Roma. Si è salvata l’area della necropoli, lungo viale Carmelo Bene, che inizialmente avrebbe dovuto essere musealizzata. Ricoperta e adibita a giardino.
Roma, zona Laurentina, via di Grottaperfetta. Resti di una villa romana, una necropoli e due tracciati stradali, scavati tra il 2009 e il 2011 e ricoperti. Su di essi è prevista la costruzione del Piano I-60. Oltre 400mila metri cubi di cemento, di cui 280mila destinati ad usi residenziali e 120mila da utilizzare in servizi turistico-ricettivi. In attesa del pronunciamento della Soprintendenza archeologica di Roma sulla richiesta di vincolo sottoposta dal Coordinamento Stop I-60, sono iniziate le opere di urbanizzazione.
Roma, via della Lega Lombarda. Nel corso degli scavi preliminari per la realizzazione della “Città del Sole”, un intervento edilizio che prevede la copertura di una superficie di 11.800 mq, nell’agosto 2010 sono state scoperte strutture antiche, forse riconducibili ad un complesso cultuale. In particolare un mitreo e un colombario del III secolo, una vasca monumentale di età repubblicana e una grande necropoli datata tra la prima e la tarda età imperiale. Scoperto anche un deposito di fossili animali, tra i quali una zanna ed un femore, di un “Elephas”, databile 650mila anni fa, che rappresenta una rarità rispetto ai già noti giacimenti del Pleistocene presenti sul territorio romano. Ormai completati gli edifici progettati al di sopra.
Artena (Rm). Resti del basolato della via Latina in pieno centro cittadino coperti dal cemento di nuovi edifici. Nonostante il tracciato stradale fosse noto ed esistesse anche una denuncia al procuratore della Repubblica di Velletri del 18 aprile 2011.
Velletri (Rm). Madonna degli Angeli. Abusi edilizi reiterati, anche recenti, nell’area della cd. villa di Augusto, nonostante l’esistenza di un vincolo archeologico. Gran parte delle strutture note, obliterate da nuove costruzioni che ne hanno comportato anche la distruzione.
Velletri (Rm). Colle Lenza. Sull’altura lungo il km 4 della SS. 600 Ariana, una lottizzazione (abusiva) alla fine degli anni Ottanta ha comportato la distruzione delle strutture superstiti di un grande impianto rustico-residenziale di età romana, dal quale negli anni Quaranta si recuperò una testa marmorea di Ottavia (?), conservata al Museo Nazionale Romano.
Genzano di Roma (Rm). Monte Cagnoletto. Sull’altura affacciata sulla via Appia antica, a partire dagli anni Ottanta, è stata realizzata un’urbanizzazione massiccia nonostante l’esistenza, anche documentaria, di rilevantissime strutture antiche relative ad impianti residenziali antichi. Rimangono soltanto pochi resti.
Ariccia (Rm). Via Appia antica. Lavori di trasformazione realizzati agli inizi degli anni Novanta all’edificio in Valle Ariccia, presso il XVI miglio della strada antica, nel quale era da tempo identificata una stazione di posta antica, hanno provocato la distruzione dei resti antichi superstiti.
Frosinone. Via Giacomo De Mattheis. Nel 2007 negli scavi per la realizzazione di un parcheggio si rinvengono cospicue strutture delle terme di età imperiale. Distrutte.
Bolsena (Vt), via della Pescara. Tratto di mura con blocchi incisi da lettere e segni ed un’area pavimentata, rinvenuti tra il 2003 e il 2009, coperti nel 2011 dalla costruzione di una palazzina. Con permesso di costruire del Comune di Bolsena del 22 febbraio 2011, dopo il nulla osta della Soprintendenza archeologica dell’Etruria dell’aprile 2010.
Bacoli (Na). Lido turistico “El Piranha”. Sequestrato nel dicembre 2004 dai Carabinieri perche le strutture del lido avrebbero distrutto parte dei resti sommersi della villa imperiale romana. Per gli inquirenti, molti dei 600 pali di ferro utilizzati per allestire i pontili illegali del “Piranha”, sarebbero stati conficcati direttamente sui resti archeologici.
Giugliano (Na). Via Ripuaria. Nel 2009, nei lavori per la realizzazione del parco Obelisco si rinvenne per un lungo tratto il tracciato basolato della via Domiziana. In parte distrutto per la costruzione di un edificio.
Soleto (Le). I terreni immediatamente all’esterno del parco archeologico, venduti dal Comune come regolarmente edificabili, in mancanza di un vincolo archeologico.
Oria (Br). Nel 2002 una necropoli messapica datata al III secolo a. C., scoperta nell’area del cortile del palazzo dei missionari di San Vincenzo, è stata distrutta per la realizzazione di un campo di calcio a cinque. Nonostante l’esistenza sull’area di vincoli dettati da un decreto del 16 marzo 1998, che poneva limiti di edificabilità, tuttora in vigore.
Crotone. Stadio Ezio Scida. Tra la fine degli anni Ottanta ed i primi degli anni Novanta, gli scavi per la realizzazione della struttura, in coincidenza dell’area interna, hanno consentito il rinvenimento di una stoà da riferirsi all’area centrale dell’abitato antico. Ricoperta dalle strutture metalliche della curva nord. Contemporaneamente all’esterno della struttura si sono scoperti i resti di un quartiere artigianale di epoca greca e romana con pozzi e fornaci. Sono stati reinterrati e tutta l’area asfaltata.
Casi di strutture in procinto di essere distrutte per la sovrapposizione di edifici moderni:
Chiavenna (So). Area nel centro storico, quella dell’ex tennis di via Picchi, destinata ad un utilizzo pubblico fino al 2006. Quando il proprietario fu autorizzato da Comune e Soprintendenza archeologica a costruire residenze e uffici con parcheggi. Nel 2008, nel corso dell’avvio dei lavori, la scoperta dei resti di un abitato di età romana, preceduto da una fase di X secolo a. C. Secondo gli addetti ai lavori, “il più importante ritrovamento archeologico della provincia”. Così nel 2010 la Soprintendenza appose un vincolo sull’area, i resti antichi ricoperti per essere preservati, consentendo di proseguire i lavori nell’area circostante. Ma ora che il cantiere è in procinto di ripartire, con il benestare ancora di Comune e Soprintendenza, il vincolo di non edificabilità non è reiterabile se non con un grosso indennizzo al proprietario. Che il Comune non è in grado di pagare.
Casi di abusi edilizi in aree con vincoli archeologici, per i quali non si ha notizia di distruzione di resti antichi
Capocolonna (Kr). Nell’area del parco archeologico di Capo Colonna è presente un insediamento di 35 ville che impedisce l’estensione del parco a tutto il sito archeologico. La vicenda giudiziaria inizia nel 1995, quando gli edifici furono posti sotto sequestro. Nel febbraio del 2004 la prima sentenza nei confronti di 35 proprietari, con l’assoluzione per prescrizione del reato, ma confisca degli immobili. Gli edifici sopravvivono indisturbati alle ruspe.
Pianura (Na). Un’area di 25 mila mq. nella periferia occidentale di Napoli, sottoposta a sequestro preventivo nel giugno 2013 dalla polizia locale e dai Carabinieri nell’ambito di un’inchiesta su una lottizzazione abusiva. L’area sequestrata è classificata a destinazione agricola nel PRG e rientra nel piano territoriale paesistico di Agnano-Camaldoli, in una zona di interesse archeologico a protezione integrale sottoposta, in parte, a vincoli paesaggistici.
Palmi (RC). Immobili con piscina realizzati in area con vincolo archeologico e paesaggistico. Sequestrati dai Carabinieri locali nel luglio 2013. Dopo il provvedimento emesso dal tribunale del riesame di Reggio Calabria e confermato dalla Cassazione. Due le denunce.
Manlio Lilli, per Il Fatto Quotidiano
Credo che il passaggio cruciale sia la discussione pubblica. Approdo imprescindibile .
A livello legale non si farà mai nulla, perchè spesso gli organi statali preposti alla salvaguardia sono corroti oppure incompetenti (o entrambe le cose contemporaneamente).
Le vivo dal “di dentro” queste situazioni e da addetto ai lavori posso solo dirvi un cosa: è una guerra.
Volete che i cantieri si fermino? L’unico modello vincente è quello della Val di Susa applicato su larga scala.
L’IDEA DI UNA MAPPA GENERALE DELL’ITALIA CHE SI PUO’ANCORA SALVARE E’DA PERSEGUIRE CON DETERMINAZIONE PER UNA LOTTA COMUNE CHE IMPEDISCA ALLE NOSTRE ENERGIE DI DISPERDERSI IN MILLE RIVOLI.CI DEVE PERO’ESSERE UN CHIARO RESPONSABILE DELL’AGGIORNAMENTO COSTANTE E DELLA CONOSCIBILITA’ DI QUESTO ELENCO IN MODO DA CONCORDARE VIA VIA LE VARIE STRATEGIE DI LOTTA.POTREBBE ESSERE IL FORUM NZ. DI “SALVIAMO IL PAESAGGIO”O CMQ QUALCHE ALTRO SOGGETTO CHIARAMENTE RAGGIUNGIBILE