Presentato nei giorni scorsi il rapporto 2014 sul consumo di suolo a cura di Legambiente, Istituto Nazionale di Urbanistica e Politecnico di Milano. La prima analisi comparativa delle iniziative delle Regioni italiane per il contenimento del consumo di suolo. E’ arrivata l’ora delle regole: quali sono gli strumenti giusti per contrastare il fenomeno?
Ecco il testo del comunicato stampa di Legambiente Lombardia dello scorso 5 giugno 2014 dopo la presentazione del rapporto del Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo realizzato da Legambiente, (INU) e il DaSTU, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
In Lombardia attesa per il disegno di legge per la limitazione del consumo di suolo. Ma nel frattempo infrastrutture e capannoni continuano a invadere campi e foreste.
Il consumo di suolo è uscito dalle accademie e dalle proteste ambientaliste per diventare tema dell’agenda politica. Ma dopo anni di dibattito, approdato nelle aule parlamentari dove sono stati presentati una mezza dozzina di progetti di legge, sul piano del diritto siamo ancora all’anno zero: il nostro Paese continua a essere sguarnito di regole atte a contrastare la perdita e il degrado di suoli liberi e la loro trasformazione in superfici urbanizzate. E allo stesso tempo continua a essere privo di politiche urbane che orientino investimenti e progetti verso la riqualificazione edilizia e la rigenerazione urbana. Non troppo diverso è il quadro nelle Regioni: per ora in nessuna regione italiana esiste una disciplina che limiti la trasformazione della risorsa territoriale primaria.Ciò non toglie che in molte regioni si siano prodotte proposte di riforma legislativa e atti di pianificazione strategica che pongono al centro la limitazione del consumo di suolo.
A darne conto è il rapporto 2014 del Centro Ricerca sui Consumi di Suolo, realizzato da Legambiente, l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e il DaSTU, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, pubblicato grazie al contributo di Fondazione Cariplo e Regione Lombardia.
Un rapporto, il quarto per l’esattezza, che non si concentra sui numeri, bensì sulle politiche, sulle proposte e sugli orientamenti emergenti nelle regioni in cui la discussione sul consumo di suolo ha acquisito sostanza e spessore istituzionale. Le avanguardie di questo dibattito, con motivazioni diverse, sono senza dubbio la Toscana e la Lombardia, dove l’elaborazione di testi di legge è più avanzata. In particolare in Lombardia il progetto di legge nato su impulso della maggioranza e ora all’esame della Commissione Territorio del Consiglio Regionale è atteso per le votazioni in aula nel prossimo mese di luglio.
“La proposta di legge lombarda introduce strumenti adeguati a scoraggiare il consumo di suolo, certo è che agire è divenuto un’urgenza, per questo la legge deve farsi carico da subito della regolazione degli usi del suolo e non aspettare che l’attuale ciclo di pianificazione si concluda – rileva Andrea Arcidiacono, docente del Politecnico e membro del direttivo nazionale di INU – perchè mentre noi discutiamo, i comuni continuano a pianificare enormi sacrifici di suolo. Basti pensare che nei PGT approvati fino a inizio 2014 sono previste urbanizzazioni su oltre 41.000 ettari di suoli liberi: un valore ancora più alto di quello realmente registrato nell’ultimo decennio e che non può essere dato per acquisito”.
Ma sarebbe ingeneroso scaricare tutte le responsabilità sugli enti locali, anche perchè in tempi di depressione del mercato immobiliare, i maggiori ‘propulsori’ di consumo di suolo sono a livello di organi centrali, Stato e Regioni, attraverso programmi di infrastrutture, soprattutto strade e autostrade, determinando una urbanizzazione del territorio che si somma a quella indotta da scelte urbanistiche locali.
Per ora però le regole non ci sono, e l’esito è l’inarrestabile avanzata di edifici, lottizzazioni, centri commerciali e infrastrutture stradali, con effetti di degrado del paesaggio, che è solo una degli effetti del consumo di suolo, i cui severi impatti ecologici vanno dall’ aumento di gravità dei fenomeni di dissesto idrogeologico alla riduzione di disponibilità di terre coltivabili.
“Finchè i suoli liberi continueranno a costituire gli spazi più redditizi per localizzare interventi immobiliari, parlare di rigenerazione urbana o di edilizia del recupero resterà poco più che un esercizio retorico – conclude Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia – davvero sarebbe inconcepibile che l’atteso nuovo ciclo dell’edilizia riproponesse lo spreco di spazi e di risorse territoriali che lo ha contraddistinto nell’ultimo cinquantennio, in cui la Lombardia ha perso un quarto delle sue terre coltivate, invece che recuperare il tantissimo dismesso che c’è nelle città e farne occasione di rilancio, qualificazione e competitività dell’intera infrastruttura urbana presente nella nostra Regione”.
Ufficio stampa Legambiente Lombardia
Mi sembra lecito affermare che di tempo se ne è perso tanto e che a forza di star dietro alle “illuminate” proposte di legge in circolazione, le tematiche che ci stanno a cuore restano al palo con evidente peggioramento della situazione territoriale generale, incluso il dissesto idrogeologico. Propongo di rimetterci a lavorare sulla NOSTRA proposta di legge di iniziativa popolare evitando di bloccarci sugli innumerevoli “depistaggi”. Non dobbiamo dimenticare che la forza della nostra proposta e l’originalità risiede nello “stop al consumo di suolo”. Alle deroghe che ci pensino gli altri. Saluti. Maurizio Mattioli
penso che come al solito, in campagna elettorale hanno promesso di tutto, erano diventati anche ambientalisti. Ora che sono stati eletti non si ricordano più di nulla. Sicuramente i tonti siamo noi, anche dove abito io in prov. di pisa vogliono costruire anche dove ci sono stati gli allagamenti, ma invece in quel periodo anche Gabrielli diceva basta a consumo del territorio. Nedo ricci Lajatico pisa.