La vendita dei beni pubblici e il decreto “Terrevive”: nessun impegno per l’agricoltura e un piatto ghiotto per chi vuole fare speculazione. Pubblichiamo il contributo sull’argomento del Coordinamento romano terre pubbliche.
(tratto dal sito comune-info.net)
Ricorrere alla vendita di beni pubblici con il pretesto di “fare cassa” è come dichiarare di non essere in grado di amministrare o di far amministrare il patrimonio agricolo del Paese. Come sigle, associazioni e cittadini attivi nella difesa e per la valorizzazione delle #TerrePubbliche nel contesto romano e laziale, siamo tenuti ora ad un salto di qualità: adesso sono di tutta Italia le terre pubbliche concretamente minacciate di vendita. Sulla vendita delle terre pubbliche, infatti, si chiude una porta e si apre un portone.
Mentre molte Regioni vanno nella direzione di regolamentare affitti e bandi per la gestione virtuosa del patrimonio pubblico – escludendo l’ipotesi di alienazione – nel panorama nazionale il Ministero delle Politiche Agricole (ministro Maurizio Martina), di concerto con quello di Economia e Finanze (ministro Padoan), firma il decreto dal titolo “Terrevive” … vive ancora per poco!
Perché oltre a proporre la vendita dell’80 per cento del patrimonio agricolo finora censito tra i beni del Demanio e degli Enti pubblici, ne garantisce un vincolo d’uso di soli vent’anni. Un piatto ghiotto, quindi, per chi voglia fare speculazione (di natura anche non agricola) su terre vendute sotto costo, e dovendo aspettare solo 20 anni per il cambio di destinazione d’uso.
Si dice che la decisione sia in favore anche del ricambio generazionale e delle nuove generazioni, ma i terreni di valore superiore ai 100.000 euro saranno venduti con asta pubblica, sbaragliando ogni possibilità di accesso a giovani agricoltori, dando altre terre (inoltre pubbliche) a chi terre ed imprese già ne ha, avendo la capacità di fare acquisti di così grande valore. Un favore ai soliti noti, alle grandi famiglie d’Italia e ai loro rampolli. Nessun impegno sull’agricoltura e nessuna convenienza economica reale per il Paese.
Una istituzione che vende beni pubblici, perde le sue garanzie di credibilità finanziaria, perde patrimonio non recuperabile in altro modo, perde risorse su cui costruire uno sviluppo trasparente per il bene comune.
Nelle manifestazioni di ormai due anni fa sotto il Ministero chiedevamo di pubblicare gli elenchi dei terreni del Demanio e degli Enti, ma non per favorirne la vendita.
Ora più di 5000 ettari rischiano per l’80% l’alienazione, in attuazione dell’articolo 66 del decreto 1/2012. Manteniamo l’attenzione sul tema: pianificheremo operazioni comunicative, concrete e coordinate, valutando insieme proposte.
Fate girare questo appello, se pensate sia utile.
Come “Circolo per la Valorizazione delle terre pubbliche attraverso le popolazioni locali” ci stiamo battendo da anni per mantenere natura e finalità delle terre civiche sia ai fini della sopravvivenza umana che più in generale per la valenza di un modello di sviluppo che riporti il settore primario al suo ruolo centrale anche ai fini della biodiversità e dei prodotti di nicchia