Verona: la svendita del patrimonio storico monumentale

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Tra circa diciotto mesi terminerà la seconda amministrazione guidata dal sindaco Tosi ed un primo e parziale bilancio si può già fare. Mi limiterò a ragionare sull’equilibrio o meglio sullo squilibrio urbanistico del nostro territorio dopo le due amministrazioni, su come è stato svenduto parte del patrimonio storico monumentale ricevuto in eredità e sulle opportunità future..

La mancata programmazione pubblica sull’uso del territorio e la conseguente scelta di lasciare agli investitori privati il ruolo di pianificatori, ha ridotto la nostra città ad una sorta di vestito d’arlecchino, senza alcuna logica e con l’accumulo di centri commerciali in un’area, Verona sud, che sarebbe potuta diventare una vera porzione di città con residenziale, commerciale, direzionale, servizi e verde nelle giuste proporzioni.

Invece in quelle aree si sta realizzando la più pesante speculazione che la nostra città ricordi. Circa 3.000.000 di mc di commerciale, terziario, alberghiero, ricettivo e direzionale, oltre a 1.000.000 di mc di residenziale. E, alla Marangona, su un’area di circa 40.000 mq, anziché lasciarla a destinazione agricola o attrezzarla per il Polo dell’Innovazione, pare che si aggiungano altri 100.000 mq di spazi commerciali per accogliere l’Ikea. Mi sto chiedendo come sarà Verona sud tra qualche anno, quando tutto il cemento previsto sarà realizzato.

Nonostante le migliaia di appartamenti sfitti (pare siano oltre 10.000) e il leggero calo demografico, il P.A.T. prevede, nel decennio, una capacità insediativa residenziale di altri 5.000.000 di mc; il P.I. quinquennale ne ha potenzialmente consumati già 4.293.000.

A tutto questo è necessario aggiungere le cessioni di tanti edifici monumentali per coprire spese e costi spesso inutili.

Un esempio è l’assurda e contraddittoria operazione del supermercato davanti alla fiera. Nel 2009 fu acquisita dalla Polo Finanziario S.P.A. l’area degli ex magazzini ortofrutticoli attraverso la permuta di Palazzo Forti e dell’annesso isolato, valutati circa 33 milioni di euro. Lo scopo era di fornire alla fiera spazi ed eventuali strutture per facilitarne lo sviluppo. Questo è quanto aveva affermato l’allora assessore alla pianificazione per giustificare l’operazione: “…„un’area strategica per la città, torna in possesso del Comune e ci permetterà di garantire il futuro sviluppo della Fiera, uno dei principali volani per l’economia della città…” Logica che è stata totalmente smentita nel 2015, quando la stessa area è stata venduta all’Esselunga per 27 milioni e mezzo. Un cattivo affare per il Comune e per i veronesi che perdono uno dei più preziosi edifici del lascito Forti in cambio di un altro supermercato. Questo non è che uno dei tanti esempi di come si stata amministrata la città in questi ultimi anni.

Il sindaco Tosi, per sistemare i conti delle sue amministrazioni e forse di qualcuna del passato, ha ben pensato di vendere altri beni ricevuti dal Comune tramite lasciti testamentari e che avrebbe avuto il dovere di preservare quale patrimonio della città.

Lo storico  Palazzo del Capitanio, di 8.800 metri quadrati, in pieno centro, passa alla Fondazione Cariverona per 18 milioni di euro, che avrebbero dovuto essere destinati per la quota di 12 milioni, al finanziamento della ristrutturazione dell’ex-Arsenale asburgico e per la quota di 5 milioni per allestire il nuovo museo di storia naturale a Castel San Pietro (che non ha gli spazi sufficienti ad ospitare tutte le collezioni), considerato che palazzo Pompei, che lo ospitava, è stato venduto alla Fondazione Cariverona. Dell’ultimo milione non si ha notizia.

Lo stesso Castel San Pietro è stato acquistato da Fondazione Cariverona per il prezzo di circa 11 milioni di euro.

Già sede della Galleria di Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Forti, con l’intero isolato, è stato venduto alla locale Fondazione Cariverona per 33 milioni di euro invece dei 65 milioni pretesi dal Comune .

Palazzo Gobetti, di origine quattrocentesca, messo in vendita per 10 milioni, è stato venduto al prezzo di 6,4 milioni di euro ad una immobiliare, che potrà realizzare appartamenti, dopo l’approvazione del cambiamento di destinazione d’uso da museale a residenziale.

L’ex-convento francescano di San Domenico, che rappresenta una preziosa testimonianza artistica dell’architettura del XVI—XVII secolo, è stato venduto per circa 12 milioni di euro.

Il centralissimo palazzetto del Bar Borsa, in vendita per 6 milioni e mezzo, è stato ceduto per 4,8 alla «Valpadana Costruzioni».

Per tranquillizzare i compratori che temevano i vincoli architettonici dei palazzi storici in vendita, il Comune ha risposto ufficialmente on line con queste parole: «Per detti immobili è stato adottato un apposito provvedimento urbanistico che ha assegnato le diverse destinazioni urbanistiche (residenziale, direzionale e commerciale) consentendo la più ampia possibilità di utilizzo».

Con questi esempi negativi è illusorio pensare che i forti e le mura storiche che, per il processo del federalismo demaniale, sono di recente passati alla proprietà del Comune, possano essere rivalutate come meriterebbero. Sono opere di architettura militare che hanno permesso alla città di Verona di ricevere dall’ Unesco il riconoscimento di “Patrimonio dell’Umanità”.

Un’altra opportunità, che però temo si tramuterà in illusione, è che la gran parte delle caserme militari che verranno dismesse dal demanio e messe all’asta, siano acquisite dal Comune di Verona per programmare urbanisticamente la loro riconversione d’uso e, ristrutturandole, evitare la cementificazione di altro terreno agricolo.

Prevedo che, visti gli esempi del passato, il sindaco Tosi le lasci volentieri agli operatori privati, o meglio, agli speculatori immobiliari.

Le nove principali caserme, ubicate in centro storico sono: Caserma 4° O.R.E, tra ponte Catena e ponte Risorgimento; Caserma Dalla Bona e Ospedale Militare; Caserma Li Gobbi in Corso Porta Palio; Caserma Busignani in piazza Pozza; Caserma di fanteria Campone; Caserma Rossani in via del Minatore; Caserma Trainotti in via XX settembre; Caserma San Bernardino di fronte ai bastioni, tra porta Palio e porta San Zeno.

Con un’attenta analisi e progettazione urbanistica, queste aree potrebbe avere destinazioni diverse: residenza convenzionata, negozi di vicinato, alloggi per anziani autosufficienti, scuole materne e asili nido, spazi comuni, teatro-auditorium, polo museale e culturale, palestre, etc…

Alcuni esempi su cui si potrebbe aprire un dibattito.

L’ospedale Militare potrebbe essere la sede succursale di uno o più grandi musei internazionali (Ermitage, Louvre, D’Orsay, British Museum ,National Gallery, Metropolitan, MoMa, Guggeneim, Alte Pinakothek, Prado, Thyssen Bornemisza, etc…) per ospitare alcune delle loro opere artistiche a rotazione (hanno i depositi pieni); e ricevere buona parte del patrimonio artistico ora contenuto a Castelvecchio, sia quello esposto nelle sale che quello collocato nei depositi. In questo modo sarebbe possibile riprendere l’originale allestimento architettonico come l’aveva progettato l’architetto Carlo Scarpa e mantenuto dal compianto direttore professor Licisco Magagnato.

Il Campone potrebbe ospitare la Corte d’appello e la Cittadella della giustizia.

Altre caserme potrebbero essere riconvertite in residenze convenzionate, etc…

A questo punto, la prima domanda che ci si pone è: “dove si trovano i soldi?” Certamente non svendendo il nostro patrimonio storico, ma presentando progetti e programmi dettagliati all’U.E. per avere quei finanziamenti che hanno permesso a molte città dell’Unione di recuperare il proprio patrimonio architettonico e culturale. Facendo partecipare gli operatori privati all’interno di norme chiare e precise. Concedendo alle cooperative, anziché lotti di terreno, caserme o parti di esse da ristrutturare per l’edilizia convenzionata. Cercando sponsor non per l’assurda copertura dell’Arena ma, per esempio, per realizzare il polo culturale e museale negli edifici dell’Ospedale Militare. Abbandonando definitivamente i progetti assurdi come quello del traforo e incassando la penale da chi non ha rispettato i termini del contratto (per fortuna). Evitando spese eccesive, come i 26 milioni di euro per avere dalla Provincia la metà dell’area del parco di San Giacomo, probabilmente forzata dalla demagogia di Tosi. Con molti meno soldi si potevano acquistare i terreni agricoli di cintura che congiungono i forti esterni austriaci, dal forte Chievo sino a Forte Santa Caterina (primo campo trincerato), per realizzare una fascia verde di collegamento. Evitare i milioni di euro spesi in progetti di grandi architetti finiti nel nulla. Si parla di oltre 50 milioni di euro. Risparmiare i migliaia di euro per tutte le varie consulenze esterne; per gli studi di avvocati ingaggiati dal sindaco per querelare chi osava contestarlo; per i gettoni ai diversi componenti delle numerose aziende partecipate (scandalosa è la situazione delle aziende del trasposto pubblico); e per tante spese e costi utili solamente alla demagogia di chi detiene il potere.

Verona non può sopportare altri cinque anni di un’amministrazione così.

Giorgio Massignan (VeronaPolis)
Verona 08. 12 2015

3 commenti

  1. chi si candida sindaco portando avanti queste idee?? dove sono quelli che dovrebbero lavorare per il popolo?
    aiutoooo ci stanno facendo fuori!!!

  2. Tutto ciò Che era di fondazione cariverona ora è di Torre sgr, sempre guidata dal solito Biasi. Ma Torre non è una fondazione no profit, ma un fondo immobiliare motto profit… Per cui la svendita dei beni Della citta è totale!

  3. sicuramente manca un progetto organico e di lungo periodo; già dai tempi Sironi si acquisiscono immobili già abbandonati per lasciarli andare definitivamente in rovina o ipotizzando riutilizzi improbabili per logica e costi. comunque si può anche cambiare idea purché appunto ci sia logica e opportunità economica e non mi pare ce ne siano tante. se ci sono invece opportunità personali, anche per puro prestigio, a guidare le scelte non aiuta certo. però ogni opzione alternativa sarebbe comunque soggetta a critiche

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