A cura dell’Ing. Donato Cancellara, Pres. Associazione VAS per il Vulture Alto Bradano.
È passato quasi un anno dall’ultima notizia ufficiale sulla vicenda “solare termodinamico” ed oltre sette anni dall’ormai lontano 12 novembre 2012 quando la società Teknosolar Italia 2 S.r.l. presentò, ai competenti Uffici della Regione Basilicata, istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio dell’impianto con relative opere connesse, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n.387/2003.
Un impianto che, come tanti ricorderanno, riguardava una centrale termoelettrica ibrida sottoposta alla direttiva 2012/18/UE (cd. “Direttiva Seveso III”) in seguito al pericolo di incidenti rilevanti connessi all’utilizzo di sostanze pericolose (2.100 tonnellate di oli diatermici con temperature fino ai 390 °C e 38.000 tonnellate di sali fusi con temperature che non possono andare al di sotto dei 290 °C). Una centrale alimentata anche da 7 milioni di normal metri cubi di gas mentano, da bruciare ogni anno, con emissioni di inquinanti in atmosfera quali ossidi di azoto, benzene e fenolo liberati dai 4 camini alti 18 metri dal suolo. Territori principalmente coinvolti: Banzi, Palazzo San Gervasio, Genzano di Lucania e Spinazzola della limitrofa Regione Puglia per i suoi impatti ambientali diretti ed indiretti.
La vicenda si era conclusa con l’archiviazione del procedimento di Valutazione Impatto Ambientale (V.I.A.) ed annessa autorizzazione per le emissioni di inquinanti in atmosfera.
Il ricorso per l’annullamento del provvedimento di archiviazione e relativo risarcimento del presunto danno lamentato dalla società, venne depositato dalla società Teknosolar Italia 2 S.r.l. il 10 giugno 2016.
Da allora si sono susseguite due camere di consiglio per giungere alla sentenza n. 68 del 24 gennaio 2018 che ha fatto luce sui tre motivi del ricorso presentato dalla società ricorrente. In brevissima sintesi, i giudici amministrativi dichiararono in modo inequivocabile l’infondatezza del primo e del secondo motivo del ricorso respingendo al mittente una serie di doglianze quali: il mancato rispetto dei termini fissati per la conclusione del procedimento rappresentati da 180 giorni più ulteriori 60 giorni, in caso di proroga motivata, nonché l’incompetenza del dirigente dell’Ufficio compatibilità ambientale a disporre l’archiviazione del procedimento ritenendo che ciò spettasse alla Giunta regionale previo parere del Comitato tecnico regionale per l’ambiente. Tutti aspetti ritenuti infondati poiché il decorso del termine non costituisce di per sé causa di illegittimità del provvedimento tardivamente adottato, né preclude la prosecuzione delle attività. Inoltre, i giudici amministrativi ebbero modo di ricordare alla società Teknosolar, che la sua “prospettiva ermeneutica è fuori asse” poiché l’Ufficio regionale di compatibilità ambientale può richiedere alla società proponente integrazioni alla documentazione presentata con l’indicazione di un congruo tempo per la risposta. Nel caso in cui il proponente non ottemperi, non si procede all’ulteriore corso della valutazione.
Infine, vi era il terzo ed ultimo motivo del ricorso con il quale la Teknosolar ha sollevato lagnanze sulle motivazioni del provvedimento di archiviazione in quanto, secondo la società, le richieste di integrazione formulate dalla Regione Basilicata sarebbero infondate, pretestuose e illegittime. Solamente per quest’ultimo motivo, i giudici amministrativi decisero di avvalersi di una consulenza tecnica d’ufficio fissando al 30 marzo 2018 il termine per il deposito della perizia. Successivamente, venne concessa una proroga al 30 maggio 2018 fissando, contestualmente, un’udienza pubblica per il 18 luglio 2018 tramite Ordinanza n. 258.
Siamo finalmente arrivati ai giorni nostri e in particolare, dopo la recente Camera di Consiglio del 6 febbraio scorso, è stata pubblicata l’Ordinanza n. 355 del 9 aprile u.s. con la quale si prolunga ulteriormente la vicenda chiedendo un supplemento di perizia al fine di acclarare se i documenti riguardanti le emissioni di inquinanti in atmosfera, ivi compreso il parere espresso dall’Ufficio compatibilità ambientale, nonché il Rapporto Preliminare di Sicurezza possano essere ritenuti idonei a modificare l’esito degli accertamenti cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio.
Il termine per depositare la perizia, salvo nuove proroghe, è stato fissato per il prossimo 7 giugno e la successiva udienza pubblica al 3 luglio. Continueremo a vigilare affinché anche quest’ultimo tassello possa trovare la giusta collocazione.
Sembra alquanto surreale, se non in un’ottica di un possibile risarcimento dei presunti danni milionari rivendicati dalla società materana, parlare ancora oggi di un impianto che avrebbe interessato un’area che risulta essere, ad oggi, definitivamente destinata al completamento dello Schema idrico Basento-Bradano ed in particolare alla realizzazione del progetto “tronco di Acerenza – Distribuzione III lotto”. Un’area che ha visto la realizzazione definitiva di una fitta rete di irrigazione con una miriade di bocchette (terminali delle condotte di distribuzione) al fine di consegnarla alla sua vera vocazione: quella agricola e non certo quella industriale. Una progettazione non più sulla carta, come nella fase precedente all’archiviazione del progetto Teknosolar, ma definitivamente concretizzata con la conclusione dei lavori e sommari indennizzi ai legittimi proprietari per la temporanea occupazione dei terreni.
La vicenda dell’interferenza del progetto “tronco di Acerenza – Distribuzione III lotto” con la proposta progettuale dell’impianto termodinamico nell’area del Torrente Marascione, è una lunga storia che trova spazio anche nella Delibera n. 583 del 27 giugno 2018 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Venne chiamata in causa l’ANAC per la vicenda delle riserve iscritte dall’impresa esecutrice dell’opera idrica, relative alla richiesta di maggiori oneri e danni conseguenti alla sospensione parziale dei lavori avvenuta in data 13.5.2014, ordinata dal RUP a causa della necessità di valutare alcune interferenze tra le opere in corso di realizzazione ed alcune opere per la produzione di energia da fonti rinnovabili (ammontare della riserva circa 26 milioni di euro), ma questa è un’altra storia richiamata unicamente per ricordare che non sarebbe stata necessaria nessuna sospensione dei lavori per la rete di Distribuzione, quindi nessun risarcimento danni, se non fossero state azzardate idee industriali incompatibili con quell’area. L’unica carta vincente è legata alla valorizzazione del comparto agricolo e non al suo irrimediabile danneggiamento tramite proposte industriali non rispettose del passato, del presente e del futuro di quell’area.