di Paolo Pileri.
Il 2020 è l’anno mondiale della biodiversità. La biodiversità è quella cosa che stiamo uccidendo a colpi di cemento, sversamenti inquinanti, emissioni nocive, erosioni, tagli arborei e consumi di suolo. La uccidiamo con tutti i compromessi che accettiamo.
Non si tratta di una questione che sta a cuore a un manipolo di irriducibili ambientalisti che non hanno nulla di meglio da fare, ma dovrebbe stare a cuore a tutti per almeno due ragioni. La prima è che la Terra, l’unico pianeta che abbiamo, è come una biglia ferma su un piano inclinato grazie al fatto che miliardi di anni fa ha trovato una nicchia ecologica in cui interrompere la sua mortale caduta. Ma se due o tre condizioni cambiano, addio: salta fuori dalla nicchia e riprende a scendere verso il precipizio.
Quel che la tiene nella nicchia è la natura, usando come mastice proprio la biodiversità. La seconda dovrebbe interessare anche a quelli che non credono alla prima: la biodiversità è la più grande, sicura e gratuita farmacia del pianeta.
Per dirne una: un potente farmaco anti-infarto e ictus è stato ricavato dal veleno di un serpentello che vive in un ambiente sperduto (vipera di Wagler). La streptomicina, il secondo più potente antibiotico al mondo, deriva da microrganismi del suolo. Insomma la biodiversità ci salva la vita, ma solo a patto che noi rispettiamo la natura, altrimenti si rompe il patto e siamo noi a smenarci.
Allora una parte virtuosa del genere umano ha deciso che il 2020 è un anno in cui dobbiamo sensibilizzare al massimo l’impegno in difesa della biodiversità, il che vuol dire fermare tutte le azioni, a partire dalle più inutili, stupide, superflue, egoiste, che generano distruzione della natura di qualsiasi forma, intensità e durata.
E le istituzioni assieme alla politica sono le prime chiamate a dare l’esempio. E invece molti continuano a dare prova di sbalorditiva sordità. Quando ho appreso della terza edizione del Senigallia Beach Cross, vi assicuro che ho trasecolato. Ma come è possibile? Ma ne abbiamo proprio bisogno? Per un pugno di euro abbiamo il diritto di sconquassare un litorale, produrre rumore, consumare benzine, invadere la costa di moto e auto per giorni?
Per preparare quell’evento, che l’Italia certo non ha bisogno per arrivare a fine mese, e che potrebbe essere fatto in una cava dismessa o, meglio, in esercizio (ma i cavatori non possono essere disturbati, mentre flora, fauna ed ecologia costale non protestano), saranno stati movimentati migliaia di metricubi di sabbia, mescolati strati, eroso quel poco di vegetazione spontanea rimasta…. E dopo le moto tutto sarà distrutto. Paradossalmente non mi stupirei di scoprire, chissà, che sono pure stati dati finanziamenti pubblici sotto varie forme: dalle semplici gratuità ai politici a patrocini e sostegni.
O magari poi il comune o qualche associazione chiede alla regione dei contributi per sistemare la spiaggia dopo la devastazione di centinaia di moto da cross. Il tutto in un luogo che, ironia della sorte, chiamano pure ‘spiaggia di velluto’: provate a passare con una moto da cross sulla vostra giacca di velluto e poi mettetevela per andare al teatro delle muse…vediamo che figura farete. Ma come si fa, oggi in piena crisi ecologica e culturale, a consentire un evento del genere? Ma neanche a pensarlo. Devo essere matto io a non capire.
Qual è l’argomentazione così forte da superare da destra le ragioni della sostenibilità? E dire che il comune di Senigallia si permette pure di pubblicare sul proprio sito l’atlante faunistico nel quale si lamenta del fatto che i 14 km di spiaggia sono molto degradati: “l’impatto antropico ha determinato la modificazione del litorale e delle dune costiere, distruggendo ed impoverendo le successioni vegetazionali caratteristiche di questo ambiente. I tratti di spiaggia libera e non attrezzata sono di fondamentale importanza per la biodiversità del litorale di Senigallia: è in queste zone che è possibile riscontrare la presenza, anche di notevole interesse naturalistico, di alcune formazioni dunali e diverse specie floristiche e faunistiche” (p. 6). E quindi? La grande trovata è organizzare una gara di delicato motocross? Il comune abbia allora il coraggio di smentire pubblicamente quel rapporto e dire che è tutta una stupidaggine.
A me sembra che siamo nel pieno del festival della contraddizione e dell’arroganza che divengono il teorema per consentire tutto a chi governa e alla pancia di chi vuole la qualunque. E la gente purtroppo, ignara, viene convinta indirettamente che tutto questo fa bene e porta danaro.
Non è così. Porta distruzione, morte e debiti. Per non parlare dell’impatto culturale di una roba del genere. Cosa impareranno i più giovani vedendo quella roba là? Imparano il rispetto per il mare? Per la spiaggia? La prendono per una lezione di sostenibilità? Magari una bella raccolta differenziata durante la manifestazione basterà a lavare la coscienza di tutti? La mia no.
La mia coscienza non vuole neppure rassegnarsi per un solo secondo a pensare che questa sia l’Italia di cui abbiamo bisogno. Questa è solo irresponsabilità mossa dalla dannata convinzione che i soldi possono permettere tutto e corrompere ogni concetto. Non c’è limite davanti al quale i soldi si fermano. Ma i soldi rimangono il peggior sterco del diavolo. Vorrei che i responsabili di questa decisione avessero la lucidità di scrivere al Presidente Mattarella per dimostrargli che questo evento ci aiuta a raggiungere più velocemente l’obiettivo n. 12 dell’agenda 2030 della sostenibilità che l’Italia ha firmato (e quindi anche il sindaco di Senigallia e il governatore delle Marche).
Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile. Il Presidente della Repubblica il 4 ottobre scorso, durante la presentazione del rapporto ASVIS, è stato informato della situazione ecologica grave in cui versa il Paese e ha reagito chiedendo molta più responsabilità da parte di tutti. Ha chiesto che si cambino radicalmente le cose e le abitudini. Tra questi tutti, ci sono anche i sindaci, i paladini dello sport, gli insegnanti, i politici, i preti e tutti coloro che hanno una qualche responsabilità. Da che parte vogliono stare? Ognuno si prenda la propria responsabilità pubblica.
Sono le più grandi porcherie che l’uomo sta continuando a fare nonostante tutti i segnali di degrado che sono sotto gli occhi di noi tutti. Io credo che sia arrivato il momento di assumerci TUTTI le nostre responsabilità senza demandare ad altri i comportamenti più virtuosi per poterci chiedere un domani ” Ma io non c’ero ? “.
L’hai già detto tu: “E la gente purtroppo, ignara, viene convinta indirettamente che tutto questo fa bene e porta danaro”