di Alessandro Mortarino.
Jeremy Rifkin è un economista, sociologo, attivista e saggista statunitense ed è anche uno dei più ascoltati consulenti dei governanti di ogni angolo del nostro pianeta. Normalmente quando dà alle stampe un nuovo saggio per delineare il percorso della nostra società e i contorni dello sviluppo dei prossimi decenni, ci azzecca. E ci riesce proprio perchè le mosse di governi e grandi corporation non sono per lui un semplice fenomeno di studio, quanto scelte che lo stesso Rifkin-consulente globale ha contribuito a stimolare e sollecitare, da protagonista. Nel suo ultimo saggio “Un Green New Deal Globale. Il crollo della civiltà dei combustibili fossili entro il 2028 e l’audace piano economico per salvare la Terra” (Mondadori, 2019) la sua sicura visione del futuro è chiara e certa: siamo (già) entrati nell’era della Terza Rivoluzione industriale. Dobbiamo solo accelerare un po’ i tempi. Il passaggio sarà qualcosa di grandioso, paragonabile a quello dall’agricoltura alla società industriale: quattro dei principali settori responsabili del riscaldamento globale – tecnologie dell’informazione e della comunicazione, energia ed elettricità, mobilità e logistica e edilizia – stanno iniziando a sganciarsi dall’industria dei combustibili fossili a favore di nuove energie verdi, più economiche.
Possiamo gioirne o è il caso di preoccuparci, tanto e subito?…
In questo articolo mi limito a sintetizzarvi qualche elemento della visione del nostro Guru perchè credo che, innanzitutto, sia necessario che chi non ha ancora letto il suo ultimo saggio possa disporre degli elementi basilari di questo nuovo mondo che ci attende.
A parte mi permetterò di dirvi perchè la grande trasformazione in atto (o in arrivo) penso debba farci riflettere e porre qualche dubbio critico. Non da poco. Sulla base di alcune domande “epocali” alle nostre coscienze, del genere: abbiamo alternative? Qualcuno ci ha chiesto se questo nuovo modello ci interessa? Eliminerà le disuguaglianze? Farà tramontare la società dei consumi o ne resterà ancorata al suo effimero ruolo? Quanto durerà? Sarà un semplice capitalismo verde o azzererà l’era del capitalismo e lo stile di vita basato sui consumi? Impedirà la sesta estinzione di massa, la deforestazione, il consumo di suolo, l’inquinamento ambientale, lo sfruttamento intensivo delle risorse minerarie?
Per ora vi dico che il saggio di Rifkin si apre nel miglior modo possibile. Le prime 33 righe della sua introduzione sono una sintesi perfetta della nostra attuale situazione. Poche righe magistralmente vergate per dire in un lampo in quale baratro siamo finiti, 33 righe che dovremmo leggere ogni mattina prima di uscire di casa, all’inizio di un turno di lavoro, prima di una lezione in classe. Eccole:
«Siamo di fronte a un’emergenza globale. Gli scienziati ci dicono che il cambiamento climatico indotto dall’uomo con l’impiego di combustibili fossili ha portato la razza umana e i nostri amici animali alla sesta estinzione di massa della vita sulla terra. Eppure, solo pochi di coloro che vivono oggigiorno sono minimamente consapevoli di tale realtà. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organo scientifico delle Nazioni Unite, ha lanciato nell’ottobre 2018 un terribile ammonimento: le emissioni di gas serra stanno accelerando e siamo sull’orlo di una serie di eventi climatici sempre più intensi, che metteranno in pericolo la vita sul pianeta. L’IPCC ha stimato che a causa dell’attività umana la temperatura è aumentata, rispetto ai livelli preindustriali, di un grado centigrado, e ha predetto che il superamento della soglia di 1,5 gradi centigradi scatenerà un feedback loop incontrollabile e una cascata di mutamenti climatici che decimerà gli ecosistemi della Terra. Al tipo di vita che conosciamo oggi non vi sarebbe ritorno.
Secondo il famoso biologo di Harvard Edward O. Wilson “l’estinzione di specie a causa dell’attività umana continua ad accelerare, tanto velocemente da eliminare più della metà di tutte le specie entro la fine di questo secolo”, quando i neonati di oggi saranno anziani. L’ultima volta che la Terra conobbe un’estinzione di questa portata fu 65 milioni di anni fa. L’IPCC è giunto alla conclusione che per evitare la catastrofe ambientale dovremmo ridurre le emissioni di gas serra del 45% rispetto ai livelli del 2010, e ci restano solo 11 anni per farlo. Ciò richiederà una trasformazione senza precedenti nella storia umana della nostra economia globale, della nostra società e del nostro stesso stile di vita. In altre parole, la specie umana si trova di fronte a un radicale riorientamento della sua civiltà da realizzare in un periodo di tempo brevissimo».
Perfetto. Il sogno di qualunque “ambientalista” sta per avverarsi…
«Le grandi svolte economiche della storia hanno un comune denominatore. Richiedono tutte tre elementi, ognuno dei quali interagisce come un tutto unico: un mezzo di comunicazione, una fonte di energia e un meccanismo di trasporto. Senza comunicazioni non si può gestire l’attività economica né la vita sociale. Senza energia non è possibile alimentare nè l’attività economica nè la vita sociale. Senza trasporti e logistica il movimento dell’attività economica e della vita sociale è impossibile».
Il XIX secolo ha vissuto sulla stampa azionata a vapore, l’abbondanza di carbone, le locomotive sulle reti ferroviarie.
Nel XX secolo la spinta è arrivata dall’elettricità centralizzata, da telefono, radio, televisione, petrolio a basso costo, veicoli a combustione interna su reti stradali nazionali.
Ora «l’internet delle comunicazioni sta convergendo con un internet dell’energia rinnovabile, a elettricità di origine solare ed eolica e un internet della mobilità e della logistica costituito da veicoli autonomi elettrici e ad idrogeno, a energia verde, in cima a un internet delle cose che, incorporata in edifici commerciali, residenziali e industriali, trasformerà la società e l’economia del XXI secolo».
Questa di Rifkin non è una semplice visione ma una piena constatazione. I fatti ci dicono che due tra le più grandi potenze economiche – Unione Europea e Cina – hanno già lanciato il loro Green New Deal caratterizzato dal calo dei prezzi delle energie rinnovabili e il mondo delle imprese sta progressivamente sganciandosi dal business legato alle fonti fossili: le grandi società petrolifere ed energetiche stanno facendo i conti con i loro “stranded asset” (letteralmente i “beni spiaggiati”), cioè ingenti investimenti che ora saranno resi vani dalla competizione con le meno costose fonti di energia rinnovabili.
Ma la notizia, forse, più rilevante è che i Fondi pensionistici statunitensi stanno disinvestendo dalle aziende del settore dei combustibili fossili e dalle aziende che forniscono loro servizi e/o ne dipendono, come l’industria petrolchimica. Una massa di quasi 73 milioni di lavoratori. Una massa straordinaria di capitali quantificabile, a livello mondiale, nella stratosferica somma di 41mila miliardi di dollari, per più della metà in mano dei risparmiatori statunitensi.
Dice Rifkin: «ogni governo dovrà seguire il mercato o affrontarne le conseguenze».
E’ dunque alle porte l’Età della resilienza; l’uomo corre ai ripari rivedendo il “carburante” del suo modello sociale: tutto sarà più green. La tecnologia farà ancora un balzo in avanti e l’integrazione fra comunicazioni, energia/elettricità, mobilità/logistica e edilizia realizzerà una potente nuova piattaforma che renderà tutto più semplice e rapido.
Gran parte del PIL mondiale del XX secolo è riconducibile alla produzione e vendita di centinaia di milioni di auto e milioni di autobus e camion a combustione interna. E anche per il futuro l’auto avrà un ruolo centrale; naturalmente sarà un veicolo elettrico, a guida autonoma e fortemente condiviso (car sharing) perchè oggi – ad esempio – in Europa le auto private vengono guidate in media per il 5% del tempo, occupando solo 1,5 dei cinque sedili. La mobilità condivisa in veicoli elettrici autonomi aumenterà di 10 volte l’utilizzo di un veicolo, la cui vita si prolungherà fino a 800mila chilometri. Meno auto, meno code, meno smog, meno costi.
Grazie alla tecnologia 5G saremo perennemente connessi e miliardi di sensori potranno consentirci di controllare ogni processo.
L’automazione raggiungerà livelli assoluti e la perdita di occupazione derivante potrà essere rimpiazzata dallo sviluppo del non profit, che in molte economie industriali avanzate è già oggi il settore in cui l’occupazione cresce più velocemente, tanto che in alcuni paesi vi opera il 10% della forza lavoro ed è probabile che nei prossimi decenni, con il passaggio da un’economia di mercato sempre più automatizzata a un’economia sociale ad alta intensità di lavoro, queste percentuali non faranno che crescere.
Nel 2015 il mercato immobiliare era valutato a livello globale 217.000 miliardi di dollari, circa 2,7 volte il PIL mondiale, e rappresentava il 60% degli investimenti dell’economia globale. Guardando al futuro, il mercato edilizio crescerà entro il 2030 di altri 8.000 miliardi di dollari.
Carbone e fonti fossili saranno sostituiti dall’energia ricavata dagli elementi naturali – sole, vento, acqua – e questo ridurrà i fenomeni del cambiamento climatico. Ma non risolverà l’emergenza, perchè i danni già prodotti non potranno essere evitati; dobbiamo accontentarci di mitigarli e non produrre condizioni ancora peggiori.
In
questo scenario, le imprese e il mercato saranno determinanti per
imporre il cambiamento epocale perchè occorreranno ingenti risorse
finanziarie e investimenti, che gli Stati mai sarebbero in grado di
garantire. Un mercato composto da cooperative di cittadini,
amministrazioni locali e piccole comunità che utilizzeranno l’enorme
massa di capitali liberati dai disinvestimenti nell’industria fossile.
«Il mercato è un angelo custode che vigila sull’umanità» afferma Rifkin ironizzando sulle «tesi di Marx a testa in giù»,
facendo intendere che i veri capitalisti – cioè gli stessi che sono
stati i colpevoli della crisi climatica – saranno ora anche i demiurghi
del caso, in grado di risollevare le sorti del mondo grazie ai fondi
pensione – ironia della sorte – in mano alla massa dei lavoratori. «Senza
sparare un colpo, senza lotta di classe, senza scioperi, ribellioni o
rivoluzioni, i ruoli, almeno sulla carta, si sono invertiti: la
principale classe capitalistica è oggi rappresentata da questi milioni
di lavoratori».
Questo è lo scenario. Che secondo Rifkin potremmo realizzare entro il 2028. Un mondo capace di coniugare crescita economica e riduzione delle emissioni di carbonio: una tesi ardita in quanto la storia ci insegna che la concentrazione di carbonio nell’atmosfera è sempre diminuita in corrispondenza di periodi di recessione delle economie avanzate ed è sempre aumentata in quelli di crescita.
Dentro a questo scenario c’è l’uomo.
Ma sarà un homo tornato sapiens oppure un ennesimo homo oeconomicus, questa volta del genere green?…
Concordo con i precedenti interventi. È una menzogna che i fondi pensione vengano decisi dai lavoratori e se anche lo fossero, sono un imbroglio (per garantirsi la pensione devono fare profitti e non importa come) che ha sostituito la pensione pubblica. Il no profit finora ha contribuito a creare lavoro precario, smembramento e privatizzazione di sanità e protezione sociale. Rifkin non mette in discussione la crescita infinita e l’aumento infinito della popolazione. Diffidiamo dei neoliberisti e dei mercati, interessati solo ai profitti e non mettiamoci nelle loro mani.
A me sembra che manchi il piccolo particolare dell’enorme costo ambientale di una simile transizione: si stanno abbattendo foreste per costruire pale eoliche o automobili elettriche, si sta distruggendo uno dei pochi ambienti selvaggi e ignoti rimasti, il fondale marino, per estrarre metalli indispensabili per questa transizione (quando non sono presi da miniere africane piene di schiavi e controllate da milizie), i pannelli fotovoltaici sottraggono terreni all’agricoltura e alla vita selvatica, non si sa dove trovare tutto il rame per costruire la nuova rete elettrica, i mega-piloni e le mega-pale eoliche deturpano i paesaggi agricoli e sono pericolosi per gli uccelli, per non parlare dell’idroelettrico, l’energia “verde” per eccellenza, che sta massacrando i fiumi di tutto il mondo, impedendo ai pesci di riprodursi, stravolgendo l’ecosistema, alterando la temperatura, qualità e flusso dell’acqua, consumando quantità inimmaginabili di cemento per produrre il quale si emettono gas climalteranti… tutto questo Rifkin lo dice? L’autore di questo articolo lo sa?
Queste sono le conseguenze del misurare tutto in CO2, come se non esistesse altro, e del non voler rinunciare a stili di vita assurdamente alti e a livelli di popolazione umana assurdamente insostenibili.
Qualcuno dica qualcosa…
Cara Gaia, nella mia recensione del libro di Rifkin c’è un evidente link a una successiva riflessione del tutto personale, forse non l’hai notata? La trovi qui: http://www.altritasti.it/index.php/archivio/i-nostri-editoriali/4214-ora-o-mai-piu
… non abbiamo più bisogno di “guru” nè di “cassandre”, abbiamo bisogno di fatti concreti e di leggi che impongano il cambiamento …
Rifkin è sempre stato e continua a essere un “ottimista” anche quando la realtà lo contraddice. Non si può sempre salvare capra e cavoli e non si può sperare nel “ravvedimento ecologico” delle multinazionali e men che meno dei fondi pensionisti gestiti dai neoliberisti.