di Paola Somma.
Nei giorni scorsi, il quotidiano La Repubblica ha iniziato una rubrica, intitolata “nel frattempo”, nella quale compaiono notizie che non riguardano l’epidemia in corso, ma non per questo sono poco importanti per la vita di noi tutti; dai morti sul lavoro allo sterminio dei migranti.
Credo utile che una simile iniziativa venga avviata da chi partecipa al lavoro di Emergenza Cultura, perché il pericolo che una società annichilita sia meno attenta alle manovre di chi intende approfittare dell’emergenza, si veda ad esempio la proposta del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia di sospendere il codice degli appalti “per ripartire”, non è teorico.
Venezia, ancora una volta, spicca come modello di amministrazione pubblica che approfitta di un disastro per accelerare l’iter di progetti finora bloccati o rallentati dall’opposizione dei cittadini. Con tempismo perfetto, infatti, la giunta comunale, nella seduta del 27 febbraio 2020, quando già le prime pagine dei giornali erano occupate da allarmi per la mancanza di posti letto e il collasso delle strutture ospedaliere pubbliche, ha licenziato e inviato al consiglio la delibera di adeguamento al piano degli interventi, con la variante che consente la demolizione dell’ospedale al mare del Lido e la destinazione dell’area a complesso turistico di lusso.
E’ stato così eliminato l’ultimo ostacolo alla realizzazione del progetto, avviato nel 2004 dalla giunta del sindaco Massimo Cacciari, per alienare e distruggere il complesso ospedaliero e usare il ricavato per costruire un nuovo palazzo del cinema, in ossequio alle richieste della Biennale. Il bilancio di tale sciagurata decisione è il seguente: il palazzo non è stato costruito, ma gli alberi della pineta storica dove avrebbe dovuto sorgere sono stati abbattuti; lo smantellamento del presidio sanitario dell’isola del Lido ha privato gli abitanti di servizi essenziali; i vantaggi finanziari derivanti dalla cessione dell’area demaniale, inclusa la spiaggia, in una zona con un enorme potenziale speculativo, sono stati incamerati da investitori privati.
Negli anni intercorsi, sono cambiati i partiti ai vertici delle istituzioni ai vari livelli di governo, ma unanime è stata la loro complicità nell’operazione e la condivisione degli obiettivi, ben riassunti dalle dichiarazioni di Gianmarco Centinaio, ministro dell’agricoltura e turismo del primo governo Conte, il quale, nel giugno 2019, a commento della firma del protocollo di intesa tra comune, regione, Cassa depositi e prestiti, ha espresso soddisfazione perché i due alberghi di lusso del Club Mediterranée e di TH Resort “nel rispetto della vocazione del sito al benessere e alla salute”, offriranno adeguati servizi alla clientela “medio- alto spendente” alla quale sono destinati. Ma i normali cittadini stiano tranquilli, di tali servizi potranno usufruire anche loro. Se, infatti, non ci sarà più la piscina per le cure riabilitative erogate del servizio sanitario nazionale, al suo posto sarà disponibile un centro fitness, con palestra e piscine, privato, ma aperto al pubblico (sottinteso medio-alto spendente).
Simili concetti si ritrovano sul sito web del comune di Venezia dove, a proposito della citata delibera con la quale, ignorando la richiesta del presidente della municipalità del Lido di discuterne il contenuto con gli abitanti, la giunta ha messo fine alla vicenda, ci si compiace perché “il Lido tornerà all’antico splendore… dando risposte alle esigenze della popolazione lidense”.
Ci si augura che il modello Venezia rimanga isolato, ma nel dubbio chiederei al governo che, come chiude scuole e tribunali, imponga alle amministrazioni locali un periodo di quarantena durante il quale è fatto divieto di approvare qualsiasi provvedimento di svendita, alienazione, privatizzazione di beni pubblici. Altrimenti, come avviene durante qualsiasi emergenza, le sofferenze e i disagi della maggioranza della popolazione si tramuteranno in guadagni per gli speculatori e gli accaparratori di beni comuni.