Nel libro Radici liquide (Nuovadimensione, 2018), Elisa Cozzarini evidenzia come nelle nostre Alpi, per un irrisorio pugno di Watt, si deturpano paesaggi e si alterano ambienti intatti. È così che si pensa al turismo e alle future generazioni.
Una vicenda recente lo conferma in maniera scolastica.
In Valsesia c’è un bellissimo borgo Walser, che si potrebbe definire “paese delle fate”. Il borgo, che fa anche comune, si chiama Rassa ed è situato alla confluenza di due rii ancora intatti, il Sorba e il Gronda.
Nel 2009 la Società Abros Energia S.r.l. di Borgosesia ebbe la bella pensata di realizzare una centralina idroelettrica sul Sorba, ma il progetto venne bocciato in sede di valutazione di impatto ambientale. Successivamente, nell’anno 2014, non più i privati ma lo stesso Comune (!) riprese, con varianti, il progetto dell’impianto sempre sullo stesso torrente, con relativa centrale nel bel mezzo del paese, prevedendo una captazione massima di 1.400 litri al secondo e media di 342.
Lungo il Sorba, come in tutto il bacino dell’alto Sesia, la normativa del Piano Territoriale delle Acque della Regione Piemonte vieta da tempo ogni nuova captazione per uso energetico. Ma, in barba al divieto, questo impianto ottenne nel novembre 2015 dalla stessa Regione una deroga in virtù di una sua presunta strategicità, ovverosia l’impianto sarebbe stato progettato abbastanza grande da poter generare un utile annuo tale da consentire la realizzazione di altre opere ritenute appunto “strategiche” per la zona).
Ottenuto tale riconoscimento di strategicità, che non impedì peraltro a Rassa di meritarsi la bandiera nera di Legambiente, il progetto è peraltro transitato attraverso la fase di valutazione di impatto ambientale (VIA). In questa sede, per poter soddisfare almeno i requisiti ambientali indispensabili, la taglia dell’impianto è stata ridotta a meno della metà.
Ora, dunque, l’impianto, in questa sua configurazione ridotta (caratterizzata da una producibilità annua di energia elettrica di soli 1.650 megawattora, contro i 3.600 megawattora annui previsti nel progetto originale), non è assolutamente più in grado di generare l’utile annuo sufficiente a realizzare le opere ritenute strategiche per la zona.
Ciononostante, il Comune, pervicacemente, vuole portare a termine l’opera. Tradotto: vuole rinunciare alla ricchezza che deriva dalla naturalità dei suoi corsi d’acqua e al flusso di turismo dolce che caratterizza questo piccolo borgo e buona parte della Valsesia. Esponendosi in compenso al rischio concreto di non poter neppure realizzare integralmente le opere strategiche. Non sembra davvero un buon affare!
Alcuni residenti e amanti della valle hanno lanciato una raccolta di fondi per un ultimo ricorso legale teso a bloccare l’opera (Iban: IT44E0306909606100000115558 Intesa San Paolo – intestato a Federazione Nazionale Pro Natura, via Pastrengo 13, 10128 Torino – causale “Contributo Salviamo il torrente Sorba – Rassa). In poco tempo sono pervenute 185 donazioni da 17 Paesi diversi (inclusi Russia, Stati Uniti, Cile e Sud Africa!) per 5.300 euro: la speranza è che servano a evitare lo scempio dei bulldozer e il prelievo della linfa vitale dal torrente Sorba.
Già pubblicato su: https://volerelaluna.it/ambiente/2020/03/19/una-storia-esemplare-piccolo-idroelettrico-grandi-danni/?fbclid=IwAR0d-sNz3DXiAAnoIQlDhAnE_drtT6ihy7vafwMO2e48j7kCML7_bwafuro