A cura dell’Alleanza delle Associazioni Ambientaliste Marchigiane.
L’ESPERIENZA DEGLI ULTIMI CINQUE ANNI
I cinque anni trascorsi dalle ultime elezioni regionali del 2015 a livello globale hanno visto una sempre maggiore presa di coscienza delle istituzioni, ma anche dei popoli, riguardo alle conseguenze dell’emergenza climatica, con l’impegno sempre più ampio dell’ONU e dell’Unione Europea per ridurre l’utilizzo delle fonti fossili e la produzione di anidride carbonica.
Diverse autorità religiose hanno preso posizioni significative a difesa dell’ambiente; in particolare Papa Francesco ha pubblicato una specifica enciclica, la “Laudato sii”, interamente dedicata ai temi della salvaguardia degli ecosistemi planetari; la giovane svedese Greta Thumberg ha sollevato l’interesse di milioni di giovani attorno all’urgenza di agire per la salvezza del pianeta e costituito un’organizzazione giovanile diffusa in tutto il mondo (Friday For Future).
Nella nostra Italia l’epidemia di covid19, tutt’ora in atto, ha posto in evidenza le fragilità del nostro sistema economico e l’inadeguatezza dell’attuale sistema di protezione della salute.
Le richieste, condivise da tutti noi seppure con sensibilità diverse in taluni punti, che avevamo avanzato alle forze politiche regionali in occasione delle elezioni del 2015, sono state di fatto ignorate; ne ricordiamo le principali:
- Una visione strategica che il nuovo governo regionale doveva avere, mettendo al centro il miglioramento della qualità della vita dei cittadini e la tutela delle risorse territoriali. Possiamo affermare che l’attuale governo della Regione Marche non ha operato, almeno a nostro parere, secondo una organica e lungimirante visione strategica.
- Il buon governo del territorio che non c’è stato: la proposta di legge di iniziativa popolare sulla “tutela del paesaggio ed il governo sostenibile e partecipato del territorio”, nel testo firmato da ben 8717 cittadini marchigiani, non è stata neanche discussa in consiglio regionale, così come non è stata discussa alcuna altra proposta di aggiornamento della obsoleta legge urbanistica del 1992, né si è proceduto, secondo gli obblighi di legge, all’adeguamento del PPAR ai dettami del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Si è invece provveduto a prorogare, fino al 2022, il piano casa che prevede un ulteriore aumento della cementificazione, consentendo ampliamenti degli edifici da ristrutturare dal 20% al 40%, anche nelle aree di tutela integrale dei parchi.
- Il rifinanziamento dei tanti progetti della Rete Natura 2000, dei parchi e delle riserve naturali, insieme costituenti la “rete ecologica delle marche (REM)”. Dal 2015 sono stati invece tagliati i fondi a Parchi e Riserve naturali e non si è ampliata la rete dei Parchi (su tutti la mancata istituzione del Parco Regionale del Catria e del Nerone, della Riserva naturale della Selva di Castelfidardo, del Parco naturalistico e della memoria del Monte Sant’Angelo di Arcevia, della Riserva Naturale Regionale delle “Alti Valli del Giano – Esino – Potenza”, etc.). La legislatura si è caratterizzata invece per interventi pubblici in aree montane (es. Monte Acuto del massiccio del Monte Catria) proprio della Rete Natura 2000 che hanno deturpato irrimediabilmente l’ambiente montano stesso, con lavori di sbancamento e di deforestazione per permettere l’allargamento e il rinnovamento di impianti sciistici (con inosservanza, a nostro parere, delle prescrizioni che è oggetto di nostro esposto giudiziario) ad una quota che, tenuto conto della crisi climatica, difficilmente vedrà la neve. Scelta miope e distruttrice di possibilità di sviluppo sostenibile ed equilibrato delle aree montane. Inoltre non si sono create nuove riserve marine, a partire da quella del Monte Conero, per la quale sono tutt’ora disponibili risorse finanziarie da parte del Ministero dell’Ambiente e la realizzazione di Sic e Zps costieri di tutela degli habitat del fratino caradriforme minacciato di estinzione a livello costiero.
- I fiumi “da non trattare con la cura della ruspa” mentre anche in questi mesi di chiusura precauzionale del Paese abbiamo visto i pessimi interventi sul Musone, sull’Aso e su altri fiumi marchigiani.
- La mobilità e trasporti per i quali chiedevamo il potenziamento del trasporto pubblico su ferro che non ha fatto alcun passo avanti: né per il raddoppio della Roma Ancona, né per il progetto della metropolitana di superficie per l’hinterland di Ancona per la quale si sono già spesi alcuni milioni di euro (cancellata con il voto determinante della Regione Marche), né per il progetto della Ferrovia dei Due Mari, né per l’ipotesi di tracciato P.to San Giorgio Fermo Amandola, né per la Fano Urbino. Abbiamo invece registrato la prosecuzione delle grandi opere stradali come la Pedemontana, che poteva, e doveva, essere stralciata ed un aumento irrefrenabile delle strade nella Regione che ancora costituiscono una voce imprescindibile nei programmi di tutti i Partiti.
Pochi sono stati gli sforzi fatti per incentivare la mobilità dolce, con la realizzazione di piste ciclabili spesso frammentate e poco sicure. - L’inquinamento per il quale ritenevamo necessario un programma strategico per procedere alla bonifica di tutte le aree a rischio per la salute, per l’ambiente, per le risorse idriche e alimentari. Nessuna bonifica è stata invece effettuata, tanto meno per l’area ad alto rischio di catastrofe ambientale di Api di Falconara Marittima. Tutto tace anche per quanto riguarda il basso bacino del fiume Chienti, da quando tutta l’area è stata declassata a sito di interesse regionale.
- Il paesaggio ed il patrimonio culturale che rappresentano un valore fondamentale ed identitario che caratterizza fortemente la nostra regione e per il quale era necessario investire risorse per la sua tutela e corretta valorizzazione: non quella dei raduni musicali che abbiamo invece avuto su aree tutelate della montagna, con la autorizzazione della Regione Marche. Chiediamo un impegno a bloccare tutti i lavori e gli interventi in area montana che non rispondono ai criteri della Montagna come bene comune (da tutelare ai sensi dell’art. 9 della Costituzione) e chiediamo di investire risorse pubbliche per mitigare gli effetti devastanti che hanno deturpato l’ambiente montano (possiamo elencare tra i tanti esempi la funivia del Monte Bove, monumento all’inutilità e allo scempio che è lì, inutilizzata, da più o meno 40 anni!) e per pianificare la graduale ricostruzione ambientale di ciò che si è distrutto investendo anche risorse europee. E’ necessario recuperare tutto il patrimonio culturale distrutto/lesionato dagli eventi sismici del 2016.
Questo quinquennio si è infine caratterizzato per una pessima gestione della fauna selvatica, con il ritardo decennale nella approvazione del piano faunistico venatorio, avvenuta con il rigetto delle nostre osservazioni, e con la approvazione e riapprovazione, anche dopo bocciatura in sede giudiziaria amministrativa, dei calendari venatori che hanno confermato la preferenza della Regione Marche per la ricerca di voti presso i cacciatori e le loro lobby. Si ricorda che la tutela della fauna selvatica e degli animali domestici rappresentano valori etici ed ecologici che devono essere ampiamente riconosciuti nel nostro ordinamento giuridico. La Regione deve essere impegnata in azioni precise, affinché il rapporto con gli animali sia il più solidale e meno conflittuale possibile. Tale ruolo deve essere svolto, tra l’altro, ricostituendo l’ “Ufficio Tutela Animali” presso l’Assessorato Regionale all’Ambiente, dato che nelle ultime due legislature esso è stato reso completamente inattivo.
Sono pochi i fatti positivi di questi 5 anni di amministrazione; ci si riferisce, ad esempio, al Piano Energetico Regionale frutto di confronto, ed al progetto di prossima elettrificazione della tratta ferroviaria Civitanova – Albacina.
Il giudizio quindi sulla attività della amministrazione regionale uscente è complessivamente negativo per quanto riguarda l’impegno sugli argomenti citati. Per completezza è anche necessario aggiungere che scarsa attenzione alle nostre proposte è stata rivolta, nella sostanza ed a parte qualche lodevole eccezione, dalle forze di opposizione che non possono rivendicare ora sensibilità ambientaliste che non hanno dimostrato di avere.
QUALE STRATEGIA PER IL FUTURO?
In questi cinque anni è aumentata moltissimo, a livello mondiale, la sensibilità della popolazione sull’emergenza climatica. Ai nuovi amministratori chiediamo che vengano affrontati con il dovuto impegno almeno i seguenti tre punti, nella certezza che questa volta la gravità della situazione richiederà la massima attenzione:
- I cambiamenti climatici sono la grande sfida con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente e che deve entrare in via prioritaria, e con urgenza ed efficacia, nell’agenda della politica.
L’esigenza di contrastare i drammatici effetti che il cambiamento climatico sta causando, in maniera differente ma pur sempre violenta, in tutto il mondo, può stimolare a rivedere i modelli di sviluppo e ad orientare le comunità e la società tutta verso sistemi più sostenibili quali l’economia circolare. L’ambiente e la sua salvaguardia devono essere lo strumento trasversale per leggere i cambiamenti in atto e per dare risposte ai giovani e a tutti i cittadini che chiedono un cambiamento radicale del rapporto tra ambiente e politica. I cambiamenti climatici ci costringono a vedere oltre la solita ripartizione tra “ambiente” – “economia” – “società”, insegnandoci che tutto è connesso. La lotta ai cambiamenti climatici passa necessariamente per la tutela dell’ambiente, visto come un sistema unico e intrinsecamente connesso alle attività umane. Le scelte politiche, a tutti i livelli, devono essere necessariamente orientate al duplice sforzo di ridurre le emissioni di gas climalteranti e di adattare i sistemi umani agli effetti dei cambiamenti climatici già in atto. Siamo per il consumo “zero” di territorio e per l’incentivazione fiscale alla riqualificazione sismica ed energetica del patrimonio edilizio obsoleto. A livello internazionale ed europeo, accordi e strategie hanno dettato obiettivi e linee di azione. L’Italia, nonostante buone intenzioni e molti proclami, ben poco ha fatto per contrastare efficacemente i cambiamenti climatici, limitandosi a rispettare (e neanche sempre) quanto concordato in sede europea; pendono infatti sulle nostre teste diverse procedure di infrazione che rischiano di trasformarsi in multe. Sulla stessa linea, la Regione Marche, con una visione poco lungimirante ha spesso prediletto scelte non in linea con gli obiettivi di riduzione e in contrasto con le più basilari regole di adattamento: basta con i piani casa, basta con lo sfruttamento delle risorse naturali e con le attività estrattive in zone sensibili, basta con nuove strade e con la speculazione edilizia, basta con gli investimenti nell’energia fossile, basta ad una gestione del territorio che non tenga conto dei cambiamenti in atto. Sì invece all’uso sostenibile delle risorse, al consumo zero del territorio, all’incentivazione delle energie rinnovabili (fuori delle aree tutelate e dai centri storici), sì alla valorizzazione e ad una sempre migliore gestione degli ambienti naturali anche attraverso nuovi parchi e aree protette. Per le energie rinnovabili è da sottolineare come le Marche non siano un distretto eolico, la ventosità è limitata e la distribuzione dei venti è alquanto irregolare. Inoltre, le poche aree dove vi è vento, sono collocate sugli alti crinali dell’Appennino, dove la costruzione di parchi eolici genererebbe un impatto ambientale inaccettabile, come dimostra quanto accaduto in quelli realizzati, dove aree di grande pregio ambientale, raggiungibili solo attraverso piccole carrarecce, sono state trasformate in zone industriali, con grande viabilità ex novo, nuove elettrovie, capannoni, parcheggi e torri eoliche colossali. Tutto questo a fronte di produzioni del tutto risibili e non in grado di compensare le spese, sia in termini economici (se non con finanziamenti pubblici) che climatici, giacché le emissioni occorse per la costruzione verranno pareggiate solo dopo tempi lunghissimi. Occorre quindi una legge, che sancisca l’inadeguatezza delle Marche ad ospitare aereogeneratori, specie sui crinali montuosi. In questo quadro la foresta è il primo agente di contrasto e contenimento riguardo ai cambiamenti climatici; è necessario finanziare attivamente il restauro dei boschi esistenti e l’ampliamento della superficie forestale, sottrarre da qualsiasi intervento alcune
estensioni di bosco destinandole alle sole funzioni di accumulatrici di carbonio atmosferico, generatrici di biodiversità e di paesaggio, produttrici di acqua; riprendere la campagna di demanializzazione, con acquisizione pubblica di vaste aree a bosco; portare entro i margini della legalità il settore forestale, con garanzie contrattuali per gli operatori, rispetto delle norme sulla sicurezza dei cantieri con l’ emersione del lavoro occulto. Per quanto riguarda l’applicazione della strategia nazionale per la biodiversità anche nella Regione Marche, si ribadisce l’importanza di applicarle anche nella nostra regione attraverso l’attivazione dell’Osservatorio regionale per la biodiversità, istituito ma non funzionante. Bisogna intensificare le iniziative per una agricoltura veramente biologica mettendo al bando i pesticidi. - Il recupero delle comunità e delle aree terremotate nonché delle aree interne e dei borghi che deve essere basato sul ripristino delle condizioni di vivibilità oltre che sulla ricostruzione edilizia nei centri storici, terremotati e non, rispettosa dei valori storici e architettonici
e delle norme antisismiche. Nelle nostre Marche il terremoto del 2016 lascia ancora dietro di sé 20.000 cittadini sfollati e la ricostruzione dei paesi e delle comunità locali, sia fisica che socio-economica, è ancora di là da venire. Ricreare le condizioni di vivibilità vuol dire garantire i servizi pubblici (sanità, poste, banca, scuole, connettività) e condizioni economiche, seppur temporanee di vantaggio economico perché questi sono gli unici strumenti – a nostro parere – per evitare l’abbandono definitivo delle aree interne che possano consentire lo sviluppo delle attività economiche compatibili e non impattanti e dove non dovranno essere istituite nuove discariche. - La capacità di spendere bene i finanziamenti della comunità europea e nazionali che verranno posti a disposizione in quantità notevoli. Non servono nuove impattanti infrastrutture bensì un accurato e diffuso intervento sulle fragilità idrogeologiche della nostra regione, nella manutenzione dei servizi e delle opere pubbliche già esistenti (scuole, acquedotti, ospedali, etc), nella applicazione delle misure anti sismiche e nella corretta gestione del territorio, così da non aggiungere ulteriori fragilità. Chiediamo di pianificare la graduale ricostruzione ambientale di ciò che si è distrutto investendo anche risorse europee. Al fine di sfruttare al meglio l’occasione che l’Europa ci offre, è necessario che la programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 sia basata sulle reali esigenze del territorio, che non possono essere lette solo al chiuso dei palazzi: è necessario quindi che la partecipazione in fase di programmazione sia estesa il più possibile a tutti i portatori di interessi, compresi quelli “diffusi” come la materia ambientale.
Nello specifico dei singoli argomenti reiteriamo le proposte e le richieste avanzate già nel 2015 a cui rinviamo, richieste rimaste – come già detto – quasi del tutto inevase.
La Alleanza delle Associazioni Ambientaliste Marchigiane di Club Alpino
Italiano, Federazione Pro Natura, Gruppo di Intervento Giuridico, Italia Nostra, Lega Anti Caccia, Lega Anti Vivisezione, Lipu, Lupus in Fabula, Salviamo il Paesaggio, WWF Italia.
Aderiscono: Associazione Ente Zoofilo Ecologista, Associazione Luoghi
Comuni
Con grande tristezza occorre riconoscere quanto sia fondata e documentata questa analisi. Con altrettanta speranza occorre tener duro nel proporre elementi di riflessione per stimolare e sostenere la partecipazione politica e l’influenza del voto quale premio alla lealtà e fedeltà ai valori piuttosto che alla vuota appartenenza partitica. Gabriella Lalìa