L’ultima variante del progetto che interessa l’area storica dell’ex feltrificio Scotti su Viale Cesare Battisti a Monza prevede un aumento delle altezze. Più appartamenti, più traffico e una profonda ferita al patrimonio storico a cui si oppongono cittadini e comitati, anche con una petizione online.
Giornate intense di mobilitazione e azione
Subito dopo la pubblicazione della documentazione che ha reso noti i contenuti della variante al Programma Integrato di Intervento (P.I.I.) dell’ “Ex Feltrificio Scotti” di via C. Battisti a Monza, i cittadini si sono mobilitati. Dal passaparola ai banchetti, la consapevolezza del rischio incombente e la determinazione dei residenti più vicini all’area in questione, ha fatto nascere il Comitato Residenti Area Scotti che ora cresce raccogliendo numerosi cittadini interessati a collaborare e appoggiare le iniziative del gruppo. La segnalazione è arrivata anche alla nostra redazione e diversi giornali hanno iniziato ad occuparsi della vicenda.
Un primo successo, forse inaspettato e per questo ancora più incoraggiante , è quello della petizione NO AI CASERMONI SU VIALE CESARE BATTISTI DI MONZA lanciata lo scorso 28 giugno che, in una settimana ha superato le 1.800 firme. Un numero che può crescere perchè è ancora possibile firmare su change.org a questo link.
Durante la conferenza stampa del 3 luglio 2020 Antonella Gaddi, referente del comitato, ha sottolineato la criticità di un progetto, ormai avviato da tempo, su cui però si può ancora intervenire chiedendo, molto chiaramente, una riduzione del numero dei piani.
Cosa sta succedendo?
L’iter del Programma Integrato di Intervento (P.I.I.) è iniziato nel 2015. Nel 2018 alcune modifiche proposte avevano iniziato a cambiare la fisionomia dell’intervento che era già stato approvato in consiglio comunale. Ora con la modifica dello scorso maggio si propone un aumento della superficie residenziale, riducendo quella per il terziario e il commerciale. Ma soprattutto si staglia all’orizzonte un aumento considerevole delle altezze degli edifici che da 4 passano a 5 e “crescono” rispetto a quanto inizialmente previsto. 5 casermoni, così sono già stati giustamente ribattezzati, di cui 3 da oltre 32 metri, con più di 140 nuovi appartamenti.
L’intervento previsto porterà quindi più appartamenti e sicuramente più guadagno per i proponenti, ma senza dubbio meno sostenibilità e meno rinaturalizzazione, principi che in realtà dovrebbero prevalere per la salute dei cittadini e per l’interesse pubblico. Ma ci saranno soprattutto conseguenze preoccupanti sulla vivibilità e sul traffico (auto in ingresso e in uscita si concentreranno su un’unica via) in una zona già congestionata che lo stesso Rapporto Preliminare definisce come un contesto che risulta “molto denso e urbanizzato“.
In più verrà profondamente modificata un’area dall’importante valore storico e paesaggistico. Perché, come si ricorda nella petizione, il viale Cesare Battisti, o meglio il vialone, “è vincolato con decreto ministeriale del 1965, è parte fondamentale della storia di Monza e ne verrebbe completamente snaturato il suo significato oltre che la sua forma e la visione prospettica di collegamento ideale con Vienna secondo i disegni originali del Canonica“.
I cittadini residenti nella zona ma non solo, hanno compreso da subito il rischio di “una ferita al patrimonio storico culturale e paesistico della città, che ne cambierà per sempre l’immagine“. E’ vivo il ricordo di un’altro intervento che 10 anni fa circa aveva già profondamente cambiato quella zona come ancora oggi si può vedere: il centro commerciale Auchan del Rondò dei Pini
Rischia di sparire anche la memoria storica di un’area, quella dell’ex feltrificio, caratterizzata dalla presenza della ciminiera, che per il comitato è un bene storico da mantenere e recuperare insieme ai capannoni. Di questo elemento, che da sempre caratterizza la zona, era inizialmente prevista la conservazione. La variante prevede invece l’eliminazione quasi totale.
Ci chiediamo: ben venga il recupero di un’area degradata, ma questo deve per forza coincidere con un’inopportuno sovrasfruttamento? Con la motivazione di risolvere una situazione di degrado e abbandono, si può giustificare questa corsa verso l’alto? Crediamo proprio di no. Così facendo non si arresta il consumo di suolo. Lo si riduce, solo formalmente, rispetto alla precedente proposta, pagando però questa scelta in termini di impatto visivo e sostanziale. Sarebbe più opportuno tener conto del notevole patrimonio immobiliare sfitto e dei tanti progetti incompiuti, alcuni di questi ricordati dal comitato in conferenza. In più l’effettivo andamento demografico cittadino non giustifica, dal punto di vista dell’interesse pubblico, questo aumento.
Non c’è solo l’area Scotti
Per l’intervento in questione è stata avviata la procedura di verifica di assoggettabilità alla Valutazione Ambientale Strategica. Entro il 28 luglio quindi c’è un’altra fase importante, quella della presentazione delle osservazioni al Programma Integrato di Intervento su cui il comitato e gli ambientalisti sono già al lavoro.
Il nuovo Comitato Residenti Area Scotti si aggiunge ad una realtà di movimenti, molto attivi e ben coordinati sia a livello cittadino che provinciale.
Perchè le minacce al paesaggio e al territorio sono tante. Lo ricorda Giorgio Majoli del coordinamento delle associazioni e dei comitati. «Ci sono altri piani in itinere, molti caratterizzati da questa corsa verso il cielo, insostenibile dal punto di vista paesaggistico e ambientale» aggiunge Majoli «Dai 50 m (16 piani) del bosco verticale previsto in Via Ugo Foscolo ai 12 piani sull’area dell’ex Buon Pastore di via Cavallotti, vincolata dalla Soprintendenza come bene monumentale». Solo per citare due delle tante “vertenze urbanistiche” che interessano il capoluogo della provincia più urbanizzata d’Italia.
Da qualche settimana è in corso un’altra importante battaglia che da Monza interessa i comuni limitrofi e, per i benefici ambientali che potrebbe avere, tutta la provincia. Quella per l’adesione del Comune di Monza al Parco Locale di interesse Sovracomunale Grubria. Si tratta di aree agricole, verdi e libere minacciate da interventi di cementificazione come il deposito della futura linea metropolitana M5.
Luca D’Achille@LucaDAchille