In un piccolo borgo ricco di storia e tradizioni. O nella natura ancora incontaminata, tra parchi e crinali. Andare a vivere in Appennino: un’opportunità che per 341 giovani coppie o famiglie è diventata realtà, grazie anche all’aiuto della Regione per comprare o ristrutturare una casa. Di 28.500 euro l’importo medio assegnato a fondo perduto, a beneficio di nuclei con figli nell’80% dei casi, per un’età media di 32,5 anni.
E’ la prima tranche di domande finanziate grazie al Bando Montagna, uscito il 15 settembre scorso: 10 milioni di euro le risorse stanziate dalla Giunta regionale per contributi a coppie e famiglie che hanno deciso di risiedere stabilmente in uno dei 119 comuni appenninici dell’Emilia-Romagna. Un finanziamento che potrà mobilitare investimenti per almeno altri 10 milioni di euro: dunque, anche un’iniezione significativa di risorse a beneficio dell’economia dei territori montani, grazie ai cantieri che si apriranno per gli interventi necessari, nel 93% dei casi realizzati da imprese locali. E in questa prima fase, sono stati premiati i nuclei che hanno deciso di insediarsi nei comuni più svantaggiati.
Ma altri 10 milioni di euro sono già previsti per il 2021, inseriti nel Bilancio di previsione varato nei giorni scorsi dall’esecutivo regionale. L’obiettivo: dare risposta ad un’altra fetta cospicua delle tante domande arrivate: 2.310 in totale quelle ammissibili. Numeri che confermano il forte interesse in atto per l’Appennino. Un’inversione di tendenza da parte soprattutto dei giovani su cui può aver influito anche l’emergenza Covid, ma che più in generale rivela la ricerca di uno stile di vita più sostenibile. 20 milioni, con l’obiettivo di reperire altre risorse.
Gli interventi finanziati per provincia
Su 341 interventi al momento finanziati, 70 sono nei comuni montani della provincia di Reggio Emilia per 1.993.416 euro di contributo regionale; 64 in quelli in provincia di Parma per 1.884.750 euro; 52 in quelli del Modenese per 1.547.500 euro; 42 in quelli in provincia di Piacenza per 1.215.576 euro; 25 in quelli del Bolognese per 738mila euro. E ancora: 47 i progetti e 1.402.500 di euro le risorse nei Comuni montani della provincia di Forlì-Cesena; 17 e 502.061 euro in quelli della provincia di Ravenna; 24 interventi e 703.500 euro in quelli del Riminese.
In questa prima parte di domande finanziate, sono stati premiati i progetti dei nuclei familiari che hanno inteso insediarsi nei comuni appenninici più svantaggiati.
Tante le domande ammissibili, con appunto nuovi fondi in arrivo: 2.313. Così distribuite per province di provenienza: 129 in quella di Piacenza, 335 in quella di Parma, 297 in quella di Reggio Emilia, 390 in quella di Modena, 624 in quella di Bologna, 99 in quella di Ravenna, 319 in quella di Forlì-Cesena, 120 in quella di Rimini.
Il valore medio dell’importo assegnato è di circa 28.500 euro. Ad usufruirne sono giovani nuclei famigliari (80%, quasi tutte con figli), nuclei monoparentali (genitore con figli, 14%), single (6%). L’età media è di 32,5 anni.
Vengono finanziati 166 interventi di acquisto (il 49% del totale), 66 di ristrutturazione (18%), e 122 che prevedono un mix acquisto e di recupero (33%).
Nell’80% dei casi interventi su immobili di valore storico, nel 93% lavori realizzati da imprese locali.
Sostenere lo sviluppo e la crescita dei territori montani. Ma non solo. Tra gli obiettivi del bando anche quello di contrastare lo spopolamento dell’Appennino, condizione imprescindibile per costruirne su solide basi il rilancio economico e sociale. Per questo il bando prevede per tutti i beneficiari del contributo – sia coloro che già vivono in montagna che quanti intendono trasferirsi – l’obbligo della residenza nel comune montano per almeno cinque anni, residenza che va comunque presa entro sei mesi dalla sottoscrizione dell’atto di acquisto o dalla data di ultimazione dei lavori di recupero.
Tra le finalità anche quella di promuovere il recupero del patrimonio edilizio montano prevedendo criteri premianti nel caso di interventi su edifici di valore storico come le case di sasso, situati all’interno di aree di pregio ambientale, oppure dismessi e abbandonati. Un risultato raggiunto nell’80% delle proposte.
Un altro elemento che garantiva punteggi aggiuntivi quello di utilizzare imprese locali: una scelta fatta con lo scopo di sostenere il lavoro proprio in queste aree più fragili. Anche in questo caso un obiettivo centrato nel 93% dei casi.
Priorità per i comuni più in difficoltà
Il bando ha previsto contributi a fondo perduto da un minimo di 10 mila euro, a un massimo di 30 mila euro e comunque non superiori al 50% delle spese sostenute in caso di acquisto dell’immobile e, in caso di ristrutturazione, al 50% dell’importo lavori e alla somma non portata in detrazione fiscale.
Destinatari: nuclei famigliari in cui almeno uno dei componenti (ad esclusione dei figli) sia nato dopo il 1^ gennaio 1980 (età massima 40 anni) e abbia la residenza anagrafica in Emilia-Romagna o comunque svolga un’attività lavorativa esclusiva o principale nel territorio regionale. Tra i requisiti anche l’Isee inferiore a 50mila euro se relativo a un nucleo già formato, e fino a 60 mila per nuclei da formare.
Tra le diverse premialità prioritarie quelle a favore degli interventi realizzati in comuni montani in cosiddetta fascia 1 e 2 (su tre fasce, quelli più penalizzati sulla base degli indici di reddito, di anzianità e di spopolamento). Punteggi aggiuntivi anche per i nuclei familiari che trasferiscono la residenza da un comune non montano (in particolare se un componente del nucleo ha un lavoro in montagna); per le famiglie con figli conviventi e/o minori; per quelle già residenti, ma con attività lavorativa in altro comune montano.
I tempi
Aperto il 15 settembre e chiuso il 30 ottobre il bando prevede che l’intervento sia concluso entro 9 mesi (in caso di acquisto dell’immobile) o di 24 mesi (in caso di recupero, con fine dei lavori). Già alla fine di gennaio si aprirà la fase di rendicontazione e di successiva liquidazione dei contributi.
Sarebbe ora di finirla di sprecare risorse pubbliche per mantenere in piedi economie fittizie. Case e terreni costano poco in molte zone abbandonate: se uno vuole coltivarli, può farlo già adesso. Se però molta montagna si è spopolata c’è un motivo: era troppo popolosa prima. In montagna la terra rende meno, le infrastrutture costano di più, i mercati sono più lontani. Quando c’è troppa gente si fa la miseria, non abbiamo imparato niente?
Basta con questa logica antropocentrica, godiamoci i luoghi inselvatichiti se nessuno ci vuole vivere.
Tanto più che più popolazione significa più competizione per le risorse, più traffico, più usura stradale, più tutto… Certo, certi borghi sono bellissimi ed è un peccato che vadano in rovina, ma lì basterebbe proibire di costruire fuori, ed ecco che la gente tornerebbe ad abitare in paese. E sarebbe meglio concentrarci sul non costruire obbrobri adesso, perché siamo rassegnati al fatto che l’unica bellezza possibile in Italia è il passato?
E lo dico da persona che vive in montagna, ma non vuole assistenzialismo pubblico a spese dei poveracci stipati in città che dovrebbero pagare tasse per farmi fare la bella vita qui, ma scherziamo?