di Jasmine La Morgia, Bene Comune Cernusco – Salviamo il Paesaggio.
I parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS) sono una particolare forma di tutela del territorio realizzata in Lombardia fra comuni adiacenti ove i vincoli dipendono dagli strumenti urbanistici di ciascun comune. Alcuni funzionano, altri molto meno, spesso sono usati dalle amministrazioni come forma di greenwashing perché dietro alle dichiarazioni enfatiche rispetto ad obiettivi e risultati – non poi così grandiosi – poche sono le azioni efficaci a salvaguardare l’ambiente ed a promuovere una effettiva conoscenza e consapevolezza del territorio.
Il parco Est delle Cave, posto ad Est di Milano, ha già scritta nel nome la contraddizione del suo destino che mette insieme il concetto di parco legato alla tutela degli ecosistemi con l’attività estrattiva che ha prodotto e continua a produrre profonde ferite nel territorio.
Praticamente un ossimoro, perché parco e cave non sono conciliabili. Eppure al suo interno, nel comune di Cernusco, si trova uno dei più grandi comparti estrattivi (pari a più del 30% dei volumi di sabbie e ghiaie per i prossimi dieci anni) previsto dal piano cave di città Metropolitana, su cui né il comitato di gestione del parco e tantomeno il comune di Cernusco hanno fatto pervenire un’osservazione contraria durante il recente iter di approvazione per strapparne qualche lembo al destino estrattivo.
Il parco eredita pure numerose cave dismesse che arrivano dagli anni della furiosa ricostruzione post bellica fatta a spese dell’ambiente e così, una volta esauriti gli orizzonti produttivi, sono rimaste buche enormi, profonde a volte anche sino a trenta metri, spazi lunari colonizzati da una vegetazione pioniera o laghi quando si è scavato così tanto da arrivare a far emergere la falda.
Sono sei gli specchi d’acqua del parco Est delle Cave derivanti da ex cave, una sola di queste ferite è stata pienamente recuperata, attraverso un percorso di ripristino durato molti anni che l’ha trasformata nel parco Increa a Brugherio, l’unica area verde completamente fruibile dalle comunità.
È ancora in corso invece il recupero della cava Gaggiolo e del suo lago fra Cernusco e Vimodrone, mentre il lago degli Aironi a Cernusco, trasformato in parco nel 1996 poi lasciato in abbandono, ora è frequentato quasi solo da bracconieri e pochi appassionati che si avventurano fra sentieri privi di manutenzione, invasi da vegetazione e sponde non in sicurezza. Stesso destino di abbandono per il lago dei pescatori, ove pure si trova l’unica area boscata sottoposta a vincolo ambientale e che qualsiasi amministratore lungimirante avrebbe valorizzato come osservatorio naturalistico.
Anche il lago Gabbana a Vimodrone si trova nel parco, ma su area privata ed il suo destino è segnato perché verrà riempito da 600000 mc di materiali, operazione autorizzata con un semplice permesso di costruire (sic!) senza alcuna verifica preliminare sulla compatibilità ambientale dell’intervento, sui rischi di contaminazione delle acque e sulla variazione del livello della falda (se ne era già parlato qui). E dunque ci si chiede a cosa serva il parco.
Sempre a Vimodrone il piccolo lago Crivella è inserito in un’area su cui grava una pesante eredità di contaminazione la cui bonifica non è ancora all’orizzonte. E anche in questo caso la domanda rimane la stessa: a cosa serve il parco?
Eppure sono proprio i laghi ed i pochi lembi di verde residuale che costituiscono quegli ambiti di naturalità così importanti per spezzare le conurbazioni ed insieme collegare altre aree naturali o protette vicine.
Solo attraverso una globale tutela di questi ambiti, correlata al recupero della trama di quegli interventi dell’uomo che nel tempo ne hanno ridisegnato il paesaggio, dal reticolo delle rogge, agli antichi sentieri e strade interpoderali, sino alle cascine, il parco Est delle Cave può diventare un parco vero e chi lo gestisce ha questa responsabilità.
La pandemia infine ha fatto emergere in modo drammatico l’importanza di avere spazi del territorio locale che possano offrire la possibilità di stare all’aperto a comunità che per lunghi mesi sono rimaste chiuse in casa e che poi hanno visto ridotta la mobilità, elemento quest’ultimo che continuerà a condizionare la nostra vita anche nel futuro più prossimo. Ed è proprio favorendo tutte le iniziative che arrivano dalla cittadinanza attiva che si crea quel legame di appartenenza fra il territorio e chi lo vive, mentre i segnali che arrivano da chi gestisce il parco vanno in senso contrario.
Il parco dietro casa, conosciuto, frequentato, amato e rispettato dalla comunità, è questo l’obiettivo che dobbiamo darci, altrimenti resterà il parco dei sepolcri imbiancati.
Foto di Federico Belloni.