di Claudio Arbib.
La preoccupazione per il clima e l’ambiente naturale – ma anche l’interesse per le rilevanti poste del Recovery Fund – ha aperto in questi giorni una discussione estesa a molti livelli di competenza. Come è bene che sia, la discussione coinvolge in prima linea persone di inequivocabile senso di responsabilità e attenzione ai temi ambientali. Un esempio è il recente intervento di Ferdinando Boero, zoologo marino di grande competenza, esperienza e autorevolezza. Sul Fatto Quotidiano Boero offre importanti ragioni a quanti, anche con intenti diversi dai suoi, hanno in questi giorni proposto la modifica dell’Articolo 9 della Carta costituzionale.
Queste ragioni sono di fatto le stesse che informano un disegno di modifica costituzionale (il n. 3311) ispirato dallo stesso Boero e presentato nel lontano maggio 2012 dai Sen. Maritati, Zanda e altri. L’argomento principale può riassumersi così: l’Articolo 9 è invecchiato. Quando fu concepito non vi era interesse per una tutela dell’ambiente correttamente intesa: il Paesaggio che all’epoca si rendeva necessario difendere dal progresso tecnico ed economico, non era l’Ambiente come oggi lo vediamo definito nei testi scientifici, era il “bel panorama”. Oggi l’urgenza della tutela ambientale richiede con forza, prima di tutto, di sciogliere questo equivoco e porla quindi nei termini appropriati fra principi che ispirano il nostro agire da cittadini.
Scrivo su queste pagine e credo quindi sia ovvio che ritengo la tutela dell’ambiente naturale un’esigenza pressante e di principio. Condivido anche l’impostazione di fondo del ragionamento: l’Ambiente è una cosa, il Paesaggio è un’altra. Quello però che non capisco è: se l’intento, giustamente, è di inserire l’Ambiente fra i principi fondamentali della Carta, perché inserirlo “a casa d’altri”aggiungendo un comma all’Articolo 9?
E’ vero che l’Articolo 9 è stato a volte invocato per estensione a tutela dell’Ambiente – e ciò talvolta può essere stato fatto in modo improprio, concedendo a studiosi magari di grande levatura (o piccola, come il sottoscritto) ma di diversa specializzazione, di intervenire sul tema ambientale senza averne propriamente titolo. Ma il Paesaggio non sta lì per quello (Boero osserva correttamente che nel ’47 mancava perfino il lessico per parlare compiutamente di ambiente naturale).
Nell’Articolo 9 il Paesaggio si trova in compagnia di Ricerca Scientifica e Patrimonio Culturale, insomma del futuro e del passato della nazione.
La riduzione del Paesaggio a un’aggettivazione dell’Ambiente, ad ambiente strutturato, è scientificamente riduttiva e politicamente inopportuna. E se tecnicamente può avere delle ragioni, è evidente a tutti che la strutturazione che le società umane hanno dato all’Ambiente con le loro attività sedimentate in secoli di storia è, appunto, storia, tradizione, cultura, identità nazionale.
È in questi aspetti, non semplicemente nella difesa del “bel panorama”, che si trova la forza specifica e straordinaria dell’Articolo 9.
Ritoccarlo significa privarlo di questa forza. Il paesaggio italiano va tutelato a prescindere, come le opere di Raffaello. Quando si invoca la difesa dell’Ambiente a protezione del Paesaggio lo si fa con gli stessi fini di quando si invoca la difesa dell’agricoltura tradizionale, che se vogliamo è in fondo poco rispettosa dell’ambiente selvatico: la si invoca insomma in funzione strumentale, con esiti a volte contraddittori, ma a volte anche molto fecondi (vedi le proposte di legge per la difesa dei suoli).
Forse è da questo equivoco che nasce l’idea di modificare proprio questo articolo.
Ma allora, in una proposta di modifica costituzionale che, fornendo anche alti riferimenti di carattere religioso e morale, stabilisce il primato dell’Ambiente su ogni attività dell’uomo, perché non toccare anche l’Articolo 2 inserendovi i diritti della natura e degli esseri viventi? O l’Articolo 4, visto che il diritto al lavoro contrasta spesso e volentieri con l’integrità dell’ambiente naturale?
Insomma, il vero problema è che la tutela dell’Ambiente – ma anche quella della salute dei cittadini – non dev’essere ancillare e occasionale. E allora mi chiedo: c’è una ragione cabalistica per la quale gli articoli che illustrano i principi fondamentali siano nel bel numero biblico di dodici? Evidentemente no. Perciò, visto che le idee che uniscono chi teme per l’ambiente e per il Paesaggio sono molte più di quelle che dividono, uniamo le forze per chiedere una modifica della Costituzione che la traghetti nella contemporaneità con un Articolo 13 e magari un 14 in difesa specifica di Ambiente e Salute.
Ma, per favore, non tocchiamo l’Articolo 9, bello ed esemplare proprio come il paesaggio italiano…