È quanto emerso nel corso del convegno “Land Degradation Neutraly: The Sicilia’s Case Study” in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla siccità e alla desertificazione.
Un processo virtuoso che coniughi ricerca e territori con l’obiettivo di rigenerare i suoli “colpiti” dalla desertificazione e dalla siccità. Temi che sono stati affrontati da esperti del settore nel corso del convegno dal titolo “Land Degradation Neutraly: The Sicilia’s Case Study” che si è tenuto nella sala conferenze del Palazzo Leandro-Scalisi del Comune di Floresta e in collegamento con il Dipartimento di Matematica e Informatica dell’Università di Catania in occasione della Giornata mondiale per la lotta alla siccità e alla desertificazione.
Proprio la Sicilia è una delle aree a maggior rischio desertificazione secondo gli esperti e nel corso dei lavori moderati dallo ing. Francesco Cancellieri, in veste di coordinatore della area tematica “Aree Protette ed Ecoregioni” della Società Italiana di Geologia Ambientale, e dalla dott.ssa Chiara Lo Cicero. I relatori hanno proposto di mettere a frutto le conoscenze scientifiche maturate sino ad oggi integrate con un nuovo concetto di zona svantaggiata e, in modo particolare, investire sui Borghi ad Economia Speciale tramite un progetto di manutenzione dei territori comunali a maggiore rischio desertificazione con selezione di quelli più fragili.
«Le piccole comunità sono la chiave di volta per avviare un processo virtuoso che consiste nell’individuare in maniera obiettivo i borghi che potrebbero beneficiare di un processo rigenerativo dei suoli – spiega la Prof.ssa Maria Alessandra Ragusa, Ordinaria dell’Università di Catania e Presidente del Comitato Scientifico dello Istituto di Ricerca, Sviluppo e Sperimentazione sullo Ambiente ed il Territori. «Se il progetto verrà gestito correttamente porterà benefici vari come fermare lo spopolamento, ricostituire i presidi montani, mitigare il dissesto idrogeologico e rivitalizzare le colture di eccellenza tutelando il patrimonio genetico agrotecnico. Si potrà persino frenare l’emorragia di giovani che vanno via a causa della crescita esponenziale della disoccupazione e migliorare la qualità di vita degli anziani che restando non beneficiano di adeguati servizi».
«La Sicilia deve diventare competitiva e, grazie agli atenei siciliani, deve investire sempre di più sulla alta formazione finalizzata alla ricerca applicata. Abbiamo un “Brand Sicilia” che coniuga turismo, beni culturali e prodotti agroalimentari tipici. Molti borghi siciliani sono scrigni di storia, cultura, arte e presidi slow food impegnati nel recupero e la salvaguardia di piccole produzioni di eccellenza gastronomica minacciate dall’agricoltura industriale e dal degrado ambientale. Il progetto dei borghi potrebbe essere la chiave di volta per creare una inversione di tendenza e dare una concreta risposta al rischio desertificazione che se non si può sconfiggere di certo si può almeno mitigare in quanto abbiamo le conoscenze scientifiche e gli strumenti per intervenire».
Nel corso dei lavori sono intervenuti anche il prof. Bernardino Romano dell’Università di L’Aquila, Sabrina Diamanti (Presidente del consiglio nazionale dei dottori Agronomi e Forestali), Rachele Castro (Presidente consulta Ambiente IRSSAT), Maurizio Erbicella (CTS Asso CEA Messina APS), la ricercatrice Giovanna Lucia Piangiamore dell’INGV, Pietro Monforte, Michele Seminara e Vincenzo Veneziano (componenti consulta Ambiente IRSSAT) e il Prof. Vincenzo Piccione, Coordinatore del team Desertificazione IRSSAT.