Gentili Deputate e Deputati, gentili Senatrici e Senatori,
Vi scongiuriamo di evitare che il decreto “Semplificazioni” varato a supporto del PNRR, in particolare le norme specificamente dedicate alla velocizzazione degli impianti eolici e fotovoltaici a terra, sancisca la più grande trasformazione dei territori di pregio naturalistico e paesaggistico in una sterminata zona industriale senza confini. Determinando il più rilevante consumo di suolo che sia mai avvenuto nel nostro Paese, con effetti irreversibili, anche in danno all’agricoltura e all’attività turistica delle aree interne. E che ciò avvenga senza alcuna pianificazione, anzi senza la minima cautela per valori fondanti della Repubblica affermati nella prima parte della Costituzione, limitando gravemente i poteri esercitati dalle autorità preposte al loro esercizio da una normativa consolidata e condivisa.
Siamo preoccupati che non vi sia consapevolezza della gravità delle trasformazioni territoriali in atto. Su questo, non è stata diffusa una corretta informazione, né a voi che siete i nostri rappresentanti, né alla maggioranza dei cittadini che non ha idea della dimensione e del numero di questi impianti, anche a causa dell’assenza di dibattito pubblico intorno a questi temi.
Siamo la “Coalizione Articolo 9”, nata per tutelare il paesaggio e la biodiversità in nome dell’articolo 9 della Costituzione, anche sulla spinta del messaggio lanciato all’opinione pubblica nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato ha sottolineato con chiarezza come “gli insulti al paesaggio e alla natura, il loro abbandono, oltre a rappresentare un affronto all’intelligenza, sono un attacco alla nostra identità…”.
La Coalizione è costituita da ventuno associazioni ambientaliste e culturali che si battono da sempre affinché questo principio venga tutelato, perché il contrasto alla lesione del paesaggio, al consumo indiscriminato di suolo, al depauperamento della biodiversità trovino un riscontro nella legislazione, negli atti concreti di governo, negli interventi amministrativi, a livello nazionale e locale.
Le forze che hanno dato vita alla Coalizione, negli ultimi anni, hanno in ogni modo cercato di dare un contributo costruttivo per una razionale e intelligente pianificazione delle installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici, puntando sull’individuazione dei criteri e delle modalità idonee a collocarli in modo da evitare una selvaggia distruzione del paesaggio e della biodiversità, elementi fondanti per una vera transizione ecologica.
Questo contributo positivo non ci è stato consentito e le nostre voci sono state isolate, riteniamo a causa delle fortissime pressioni esercitate dalla lobby dei facilitatori di impianti a fonti rinnovabili che possono disporre di grandi mezzi di propaganda e condizionamento in forza delle rendite costituite dai lucrosi incentivi – i più alti del mondo! – di cui ancora godono gli impianti già installati per onorare gli impegni europei del 2020.
La Coalizione nasce anche per ottenere lo spazio di rappresentanza che le spetta nell’organismo di consultazione previsto dall’articolo 3 del decreto Semplificazioni.
Alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica chiediamo di stralciare dal decreto semplificazioni tutte le norme che si riferiscono all’installazione degli impianti eolici e fotovoltaici nei territori agricoli, collinari e montani. Per questa specifica materia esiste già l’art. 5 della legge delega europea n. 53/2021 che fissa i criteri su cui dovrà basarsi la disciplina per l’individuazione delle aree idonee e non idonee alla localizzazione degli impianti. Disciplina che dovrà essere emanata con il Decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (c.d. RED 2), che deve essere recepita entro il prossimo 30 giugno.
Tra i criteri contenuti nella legge delega vi sono: il rispetto delle esigenze di tutela del paesaggio e delle aree agricole e forestali, l’utilizzo di superfici di strutture edificate quali capannoni industriali, parcheggi e aree non utilizzabili per altri scopi.
Il decreto legislativo da emanare dovrà, inoltre, uniformarsi all’art. 5 del Regolamento UE 2021/241 che istituisce il Recovery Plan, che stabilisce che il PNRR finanzi unicamente le misure che rispettano il principio “di non arrecare un danno significativo” agli obiettivi ambientali, compresa la biodiversità. Ciò significa che la valutazione ambientale dei progetti di fonti rinnovabili, anche non compresi in aree protette o vincolate, non potrà essere attenuata, evitata o ignorata in nome della velocizzazione delle realizzazioni.
In quella sede, potranno essere definite anche le regole e le modalità per l’informazione e la consultazione delle comunità e delle popolazioni locali, oltre a garantire le condizioni per il rispetto dei diritti dei portatori di interesse nei territori coinvolti dalle installazioni progettate, così come stabilito dai regolamenti europei.
Desideriamo chiarire che le nostre associazioni sono favorevoli a misure efficaci per il contrasto al cambiamento climatico e attive in molti campi – dall’efficienza energetica ad ogni altra misure o soluzione tecnologica per la decarbonizzazione – e continueranno ad essere attive in questo senso ciascuna secondo le proprie competenze e convinzioni. Le nostre associazioni accettano anche l’apporto alla transizione energetica delle fonti cosiddette rinnovabili elettriche intermittenti, purché gli impianti siano collocati in modo consono al grande valore naturalistico e paesaggistico del nostro paese, tenendo anche conto degli obblighi a cui l’Italia si è impegnata con la ratifica delle convenzioni internazionali di protezione dei beni culturali, del patrimonio archeologico e della natura.
Occorre però che ogni previsione di incremento di tali tecnologie sia valutata alla luce delle loro criticità unanimemente riconosciute dalle autorità esperte. Purtroppo, queste criticità non sono note all’opinione pubblica. Per questo vogliamo presentarle a voi, nostri rappresentanti in Parlamento. In estrema sintesi, le elenchiamo:
Criticità delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti
- Le nuove fonti rinnovabili, segnatamente solare ed eolico, a mezzo secolo dall’avvio della loro penetrazione, contribuiscono per appena il 2% al soddisfacimento della domanda mondiale di energia primaria, contro l’80% delle fonti fossili, e per il 9% della generazione elettrica, contro il 64% delle fonti fossili.
- Nel nostro paese il contributo delle nuove rinnovabili è stato relativamente superiore alla media mondiale, coprendo circa il 15% della produzione lorda di energia elettrica, grazie ai forti incentivi – i più alti al mondo- che gli sono stati riconosciuti. Una cifra valutabile – nell’intero periodo di incentivazione – nell’ordine di 240 miliardi di euro che gravano ancora sulle bollette elettriche delle famiglie e delle piccole medie imprese che pagano l’elettricità a prezzi molto più elevati della media europea, in ragione anche della scarsa concorrenza che contraddistingue il mercato finale dell’elettricità.
- La penetrazione delle nuove rinnovabili, nonostante la forte caduta dei suoi costi di produzione, ha seguito strettamente la curva degli incentivi. Nel 2010 si sono registrate installazioni nell’ordine di 10.000 MW di potenza. Successivamente, con la riduzione della curva degli incentivi, le installazioni si sono aggirate sui 1.000 MW di potenza.
- Per conseguire gli obiettivi fissati a livello europeo, 30% dei consumi finali, esse dovrebbero crescere ad un ritmo annuale intorno ai 6.500 MW. È evidente – anche alla luce delle ultime aste andate deserte – che per riuscirvi sia necessario ripor mano a ulteriori incentivi, nonostante che i loro costi di produzione siano fatti passare per competitivi con le altre tecnologie di generazione elettrica.
- Mentre i costi delle nuove rinnovabili ricadono sulla gran moltitudine di consumatori, dei vantaggi beneficia un ristretto numero di operatori, e soprattutto le imprese straniere, segnatamente quelle cinesi, da cui gli impianti vengono quasi interamente importati. Limitati sono stati, per contro, gli impatti occupazionali. Secondo le statistiche dell’ex Ministero dello Sviluppo Economico, l’occupazione diretta e indiretta dell’eolico e fotovoltaico ammontava nel 2018 a 9.400 addetti (sostanzialmente installatori e manutentori). Cifra drasticamente inferiore a quelle propagandate dalle associazioni di categoria e dai loro sostenitori.
- L’onerosità è una delle principali criticità che attraversano l’insieme delle nuove rinnovabili, se si considera l’interezza dei costi da sostenere. Ai loro costi diretti di investimento, a fronte di costi operativi insignificanti, bisognerebbe infatti aggiungere i costi indiretti legati alla capacità di generazione, sostanzialmente a metano, in grado di supplire alla discontinuità sia del solare che dell’eolico. Considerare solo i costi diretti ha quindi scarso significato. A tali costi devono poi aggiungersi quelli conseguenti alla necessità di rafforzare le reti elettriche per renderle compatibili con l’esplosione delle unità di produzione da poche migliaia alle attuali 900.000.
- Altra criticità è quella legata alla dipendenza tecnologica/manifatturiera cui le nuove rinnovabili costringono nei confronti del quasi-monopolio cinese. Alla dipendenza certamente critica dai fornitori di petrolio e metano, in numero comunque molto elevato, si va sostituendo una dipendenza ancor più critica, per diversi decenni, dal controllo cinese quasi esclusivo dell’intera filiera di queste risorse; una dipendenza resa ancor più rischiosa dalle restrizioni all’esportazione imposte da Pechino. Né possono essere sottaciuti i disastri ambientali e sociali conseguenti all’estrazione delle terre rare e dei metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria dell’eolico e del fotovoltaico, disastri provocati prevalentemente in paesi poveri.
- La criticità ambientale è rilevantissima: ovvero l’impatto dell’installazione di queste nuove rinnovabili sul paesaggio e sulla biodiversità, tanto più rilevante più aumenta la dimensione delle turbine eoliche (che hanno raggiunto i 250 metri di altezza) e l’estensione delle superfici con pannelli solari. Per raggiungere gli obiettivi 2030, il consumo di suolo per il solare sarebbe di almeno 4.000 chilometri quadrati pari ad una superficie come quella del Molise, come ha dichiarato il Ministro Cingolani. E, per l’eolico, abbiamo calcolato una lunghezza lineare pari ad almeno 5.000 chilometri, a fronte di una lunghezza complessiva della catena appenninica di 1.200 chilometri. Tale criticità va sollevando una generalizzata opposizione delle comunità locali, dovuta anche all’assenza di ogni dialogo da parte delle imprese e degli “sviluppatori”; all’ostracismo opposto dai media nazionali alle voci critiche; al mancato riconoscimento dei danni arrecati alle comunità di residenti – dal valore catastale degli immobili alle attività produttive e turistiche compromesse -, all’insufficiente regolamentazione normativa.
- Se collocati nei posti sbagliati gli impianti fotovoltaici ed eolici arrecano danni gravi, talvolta irreversibili, agli habitat e alle specie – come provato da studi scientifici -; provocano effetti barriera e causano morte per collisione, soprattutto in corrispondenza delle rotte di migrazione. Solo un’attenta pianificazione territoriale, sia sulla terraferma che in ambiente marino, e la rigorosa applicazione delle valutazioni ambientali possono garantire che la biodiversità, già pesantemente provata dagli effetti dei cambiamenti climatici, non sia ulteriormente danneggiata.
- Come testimoniato, fra gli altri, dal Presidente della Commissione VIA, i ritardi nelle autorizzazioni rilasciate sono sostanzialmente dovuti alla cattiva qualità dei progetti presentati. Così come la drastica riduzione (76%) delle autorizzazioni alle installazioni eoliche, passate dai 2.463 MW del triennio 2012-2014 ai 589 MW del triennio 2018-2020, è stata determinata non certo dalla burocrazia o dai veti delle Soprintendenze quanto dalla crescente opposizione e contrarietà delle popolazioni locali.
Infine, occorre non illudersi che i problemi possano essere risolti in modo autoritario con la frettolosa approvazione di un decreto che si limita ad azzerare le possibilità di opporsi e ad esautorare le autorità di garanzia e di tutela. Occorre una nuova vera regolamentazione normativa che al termine di un debat pubblique con i vari stakeholders interessati possa almeno definire le norme per (a) l’individuazione degli ambiti territoriali in cui installare gli impianti tenendo conto delle criticità ambientali, paesaggistiche e culturali (b) i criteri di dismissione degli impianti al termine del loro ciclo di vita, facendone ricadere i costi sugli installatori e non sulla collettività o sui consumatori.
Coalizione Articolo 9
Altura, presidente Stefano Allavena
Amici della Terra, presidente Monica Tommasi
Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, presidente Rita Paris
Assotuscania, presidente Donata Pacces
CNP, presidente Gianluigi Ciamarra
Comitato per la Bellezza, presidente Vittorio Emiliani
ENPA, presidente Carla Rocchi
Federazione nazionale Pro Natura, presidente Mauro Furlani
Forum Naz. Salviamo Il Paesaggio, portavoce Cristiana Mancinelli Scotti
Italia Nostra, presidente Ebe Giacometti
Lipu, presidente Aldo Verner
Mountain Wilderness Italia, presidente Franco Tessadri
Movimento Azzurro, presidente Rocco Chiriaco
Movimento naz. Stop al Consumo di Territorio, portavoce Alessandro Mortarino
Rete della Resistenza sui Crinali, coordinatore Alberto Cuppini
Wilderness Italia, presidente Giorgio Aldo Salvatori
Aggiungo che la distruzione delle foreste, per alimentare centrali a biomassa, è il paradosso più assurdo che abbia mai visto in vita mia.
E’ come toglirsi l’ ossigeno per lasciarsi morire lentamente e riscaldare la terra fino alla fine.
Da anni non mi capacito: perchè mai nessuno ha tuonato con lo stesso vigore contro i mostruosi elettrodotti che attraversano monti e valli, crete senesi, creste appenniniche e greti fluviali? Fanno parte del paesaggio? E l’idroelettrico non ha un peso paesistico?
Questa lotta contro i mulini a vento mi sembra un partito preso.
Tutto va disciplinato, regolato, i vincoli esistono per essere rispettarti. Ma poi? a leggere la lettera pare quasi che l’industria carbonifera e petrolifera siano meglio e che facciamo uno sbaglio a non tenercele.
Prese di posizione che diventano controproducenti. Ci vuole discernimento ed equilibrio.
e il RISPARMIO !? non se ne parla, è forse troppo scomodo per le nostre abitudini. Eppure sarebbe una fonte secondaria di energia di grande importanza e portata. Mai sentite campagne battenti sul risparmio di energia e di acqua ? io no, veramente.