Tutti in difesa del suolo… tranne se in ballo ci sono posti di lavoro!?
di Massimo Mortarino, Comitato torinese del Forum Salviamo il Paesaggio.
Sapevate che, mentre la COP 26 di Glasgow annunciava sciagure e disastri ambientali, mentre ovunque si parla (purtroppo si parla soltanto, spesso a vanvera) d’inquinamento fuori controllo, di aria, acqua e suolo, o almeno ciò che resta di loro, da salvare, le nostre Amministrazioni svendono ancora questi beni primari invendibili al migliore offerente, che magari ha un nome stra-famoso e può offrire a un territorio “fortunato” un migliaio di posti di lavoro…?
Bene, pur mettendo il massimo impegno a entrare nel merito, non possiamo proprio comprendere come si possa ancor’oggi, a fronte di un possibile nuovo insediamento industriale di questo tipo, non solo srotolare il tappeto rosso (e molteplici incentivi, che auspichiamo opportuni e ragionevoli) per accogliere il nuovo investitore, ma anche lasciargli scegliere il tipo di terreno per lo stabilimento da costruire: green field (cioè prato vergine, per tradurre in maniera rapida…) o altro.
Questo neologismo (almeno relativamente al significato) spunta in un breve servizio del TGR Piemonte di mercoledì 10 novembre scorso (vedi il filmato, a partire dal minuto 09.57) e ce lo presenta candidamente Andrea Tronzano, Assessore alle Attività Produttive della Regione Piemonte.
Ma veniamo per ordine. Da settimane ci si interroga se il Piemonte sia ancora “in partita” riguardo al possibile mega insediamento della fabbrica di microchip di INTEL. Più si avvicina la scadenza di fine anno e più si moltiplicano le voci su dove finirà l’investimento della multinazionale, tra i 4 e gli 8 miliardi di euro. L’ultima dichiarazione ufficiale (proveniente dal ministro dello Sviluppo Economico Giorgetti) ha confermato come l’Italia sia ancora tra i candidati: la questione è dove e quanto si investirà.
INTEL intende portare in Europa due stabilimenti, uno dedicato al “chip manufacturing” (quello più grande, che probabilmente troverà sede in Germania) e l’altro legato all’advanced packaging (più piccolo ma comunque importante). Anche solo questa parte di “impacchettamento” porterebbe alla creazione di circa 1.000 posti di lavoro.
Per questo progetto il Piemonte ha offerto siti a Galliate, Casale Monferrato, San Giorgio Canavese, Bairo, Cuneo, Vercelli e Torino, quest’ultimo con l’area di Mirafiori.
“Mirafiori è comunque una delle candidate e l’abbiamo inserita nel dossier. – ha dichiarato Andrea Tronzano, Assessore alle Attività Produttive della Regione Piemonte – Certamente se l’impresa INTEL vorrà green field, (cioè prato vergine, per tradurre in maniera rapida…) saranno favorite le aree di Vercelli e di Galliate”.
Certo, i nuovi posti di lavoro sono fondamentali (come la salvaguardia di quelli già esistenti), ma in questo momento decisivo per i nostri destini, per la salvaguardia del nostro habitat in cui poter continuare a vivere, fa paura assistere alla svendita di un preziosissimo terreno libero, nostro principale fornitore di servizi ecosistemici, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni su 365 e per di più a costo zero!
Qualcuno dovrebbe insegnare a chi ci amministra che il calcolo dei costi che la collettività deve sostenere in cambio della creazione di posti di lavoro deve comprendere anche quelli dei mancati servizi, che quel terreno non ci fornirà più dopo la sua trasformazione in superficie impermeabilizzata! E forse, con qualche semplice operazione matematica, verrebbe fuori sorprendentemente che l’operazione sarebbe conveniente solo per l’investitore, non per la collettività…
Consci dell’improbabilità di una presa di coscienza, rapida e definitiva, da parte di chi ha in mano i nostri destini (non solo più le casse locali e statali), temiamo che anche questa volta ci tocchi sperare che INTEL, come molte grandi sorelle del vertice economico mondiale, tenga fede ai suoi molti annunci pubblici di azienda verde e sostenibile, che tutela l’ambiente e le risorse umane, e quindi scelga autonomamente di insediarsi su terreno già compromesso, cementificato, non più in grado di fornirci quei servizi per noi vitali di cui parlavamo…