di Paolo Maddalena, già giudice costituzionale.
La foresta del Cansiglio è un bene archeologico, storico, paesaggistico e ambientale di immenso valore, che va tutelata in modo particolare dagli assalti dell’attuale sistema economico, predatorio e incostituzionale, che pone il profitto individuale di pochi, al di sopra dei diritti costituzionalmente protetti del Popolo e del singolo.
Quanto all’aspetto giuridico riguardante il paesaggio e l’ambiente, essa costituisce, in parte, una riserva regionale, del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e, in parte, una “riserva statale demaniale”. Per quest’ultima parte va innanzitutto ricordato che, al di là del vincolo paesaggistico e ambientale, giova molto, ai fini della conservazione della Foresta, il fatto che si tratta di una “proprietà pubblica” del Popolo italiano, pertanto è inalienabile, inusucapibile e inespropriabile.
In proposito giova ricordare (cosa che normalmente alcuni giuristi dimenticano) che, nel passaggio dallo Stato persona giuridica (dello Statuto albertino) allo Stato comunità previsto dalla vigente Costituzione Repubblicana, si è passati dalla nozione di uno Stato, “soggetto singolo” (la “persona giuridica”), alla concezione di uno Stato, “soggetto plurimo” (il Popolo), col conseguente cambiamento della natura del “demanio” che, sotto l’impero dello Statuto albertino, era da considerare una “proprietà privata” dello Stato persona, rafforzata, in relazione a taluni beni di maggiore importanza, col carattere dell’impossibile alienazione, usucapione ed esproprio, a un concetto di “demanio”, da definire “demanio costituzionale”, che non ha la natura della proprietà privata, ma quella della “proprietà pubblica”, cioè della “proprietà collettiva demaniale” dell’intero Popolo, con la conseguenza che l’aggettivo “demaniale”, non sta più a identificare un rafforzamento della proprietà privata dello Stato, singola persona giuridica, ma l’appartenenza dei beni al Popolo, cioè a tutti i cittadini, e per questa ragione (ciò che appartiene a tutti non può evidentemente diventare di un singolo), inalienabile, inusucapibile e inespropriabile.
Si nota a questo proposito, la grandezza della nostra Costituzione, la quale, con l’istituto della “proprietà pubblica” (art. 42, primo comma), tutela in modo insuperabile i “fini sociali” che devono essere perseguiti.
Analogo discorso di natura costituzionale va fatto anche per le riserve regionali, le quali se sono, in tutto o in parte, proprietà demaniale regionale, seguono la stessa disciplina del demanio statale costituzionale per cui si tratterebbe di demanio costituzionale regionale, appartenente alla Comunità regionale e, quindi, a tutti i cittadini della Regione.
La foresta del Cansiglio, considerata nella sua unità (indipendentemente dalla ripartizione tra Regioni e Stato) è, dunque, in base alla Costituzione repubblicana, ampiamente tutelata, non solo dai vincoli, ma anche dagli assetti proprietari previsti in Costituzione.
Ed è da sottolineare a questo proposito che, al verificarsi di eventuali “privatizzazioni” o “svendite” da parte della Regione o dello Stato, è indispensabile ricorrere al giudice, rilevando che atti di questo genere sono contro “i fondamentali fini sociali” sanciti in Costituzione”, la quale pone non solo la norma imperativa riguardante la “funzione sociale”, ma anche un’altra inviolabile norma imperativa, con l’art. 41: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Insomma, in casi di questo genere, i cittadini, singoli o associati (art. 118, comma 4), possono agire in giudizio, come “parte” della Comunità (art. 2 Cost.), chiedendo al Giudice di dichiarare “nulli” tali atti, a termine dell’art. 1418 del codice civile, essendo essi contrari a principi imperativi previsti in Costituzione, e chiedendo la rimessione al vaglio della Corte Costituzionale di quelle leggi incostituzionali sulla base delle quali detti illegittimi provvedimenti furono emanati.
È da aggiungere che, trattandosi di violazione di principi e diritti fondamentali, le norme dei Trattati europei, eventualmente evocate, sono recessive di fronte a quanto previsto in proposito dalla nostra Costituzione.
Lo sancisce la teoria dei “contro limiti”, costantemente affermata dalla nostra giurisprudenza costituzionale.