di Dante Schiavon.
Quanti politici, giornalisti, commentatori vari si sono presi la briga, non dico di analizzare o di studiare la legge veneta sul suolo, ma almeno di leggerne il testo e possibilmente gli allegati contenenti la delibera “applicativa” della giunta regionale? La conservazione del suolo non è una priorità per la stragrande maggioranza dei politici, sia di destra, sia di sinistra, sia in regione, sia a livello nazionale.
Vorrei cercare di spiegare perché si tratta di un fake clamoroso e per cercare di catturare la già scarsa attenzione verso il dramma del suolo veneto, eviterò tutti i passaggi burocratici e amministrativi che in Veneto hanno accompagnato la stesura dell’accomodante percorso legislativo per azzerare il consumo di suolo entro il 2050.
In Veneto, nel 2015, l’annuncio della possibile emanazione di una legge regionale per il “contenimento del consumo di suolo” aveva accelerato la scellerata follia edificatoria dei 541 Comuni veneti i quali, presi da una grave “crisi di astinenza da cemento”, la tradussero nei loro strumenti di pianificazione urbanistica in una capacità edificatoria cumulativa complessiva nella regione pari a 33547 ettari di cui 12.224 ettari già trasformati.
Tale “pianificazione edificatoria”, folle e ingiustificata, ha dovuto però fare i conti con la previsione dell’art. 13, comma 1, lett. f) della legge regionale nr. 11 del 23 aprile 2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio” che fissava, attraverso i Piani di Assetto del Territorio (PAT) dei comuni, gli obiettivi e le condizioni degli interventi e delle trasformazioni ammissibili e il limite quantitativo massimo della “zona agricola trasformabile” in zona con “destinazione diversa da quella agricola”, avendo riguardo al rapporto tra la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) e la Superficie Territoriale Comunale (STC).
Tale correttivo, propiziato dalla legge regionale nr. 11 del 23 aprile 2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”, unito ad altre valutazioni politiche che tenevano conto, da un lato, della eccessiva velocità del consumo di suolo in Veneto rispetto alla media nazionale e, dall’altro, della esagerata e sconsiderata mania edificatoria dei comuni, hanno costretto la Regione ad abbassare a 9727 gli ettari consumabili dal 2017 al 2050. Tale quantitativo, spalmato nei 32 anni che ci separano dal 2050 e distribuito tra i 541 comuni, comporta un plafond annuo di 304 ettari. La Regione anche recentemente, attraverso la Presidente della Commissione Urbanistica del Consiglio Regionale, si è affrettata a ribadire che la quota di 9727 ettari da consumare in 32 anni è da intendersi come quantità massima di suolo consumabile, ma solo nella fase di prima applicazione della legge e che la Giunta Regionale ha comunque il potere di autorizzare ulteriore consumo di suolo pari a 8530 ettari che sono stati sottratti alla cementificazione dai correttivi prima descritti.
Tale quantitativo di 8530 ettari, rassicura la Presidente della Commissione Urbanistica della Regione Veneto, rappresenta una “dotazione di riserva” che potrà essere utilizzata qualora si dovesse rendere necessaria una nuova determinazione del valore della quantità massima di suolo consumabile. La Presidente della Commissione Urbanistica della Regione Veneto chiama questa dotazione di riserva un “tesoretto di quote”.
Quello che non dice a proposito della legge regionale sul suolo e su cui non c’è opposizione che si opponga con determinazione e nemmeno una narrazione mediatica locale indipendente, è la sottrazione degli ettari dal conteggio del suolo consumato per 16 tipologie di consumo di suolo (deroghe) che non vengono scalati da questo assurdo e ingiustificato plafond di terra da consumare: un plafond in totale contraddizione con la mole notevole del già edificato e infrastrutturato.
Il combinato disposto di 9727 ettari già pianificati, del “tesoretto di quote” di riserva pari a 8530 ettari e delle 16 deroghe previste dalla normativa di riferimento sul suolo sta producendo la “perdita irreversibile” di quella “terra buona” e dei suoi servizi ecosistemici e climatici di cui abbiamo tanto necessità. Il risultato finale di questa legge regionale, nei primi 5 anni di applicazione, è un ossimoro clamoroso sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere: si è di fatto trasformata in un grossolano incentivo al consumo di suolo.
Basta girare, con gli occhi distolti dai nostri smartphone, per i nostri paesi, per le nostre città, per le nostre campagne, per le nostre montagne: quasi ogni cantiere stradale, infrastrutturale, produttivo, commerciale, residenziale che vediamo rientra in una delle 16 deroghe della legge veneta sul suolo: pazzesco!
Curioso il modo con cui la Presidente della Commissione Urbanistica regionale definisce gli 8530 ettari di riserva di suolo consumabile: un tesoretto di quote. Come se fosse un tesoro la “perdita” di suolo fertile e non la “conservazione” per le future generazioni del poco suolo libero rimasto nella nostra regione. Vergogna!