Sono quasi ultimati i lavori per l’edificazione a Napoli, in via Rotondella ai Camaldoli, di un nuovo edificio scolastico progettato per accogliere 400 alunni. Mancano ancora alcune finiture, le porte e le finestre ma è questione di dettagli per giungere al completamento dell’opera.
C’è solo un “piccolo” particolare: la struttura, pur essendo un’opera pubblica pensata come essenziale per una zona in cui da sempre vi è carenza di edifici scolastici, è abusiva. Ed è, dunque, da abbattere.
Abusiva perché si trova nel bosco che fa parte del Parco metropolitano delle Colline, a Chiaiano, un’area sottoposta a vincolo paesaggistico nella quale è fatto divieto costruire: il comune di Napoli, che l’aveva edificata una decina di anni fa, ora la deve abbattere dopo la richiesta formale della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio.
Stiamo parlando di un progetto che prevedeva la costruzione di tre complessi (scuola d’infanzia, elementare e media), con una spesa di 6 milioni di euro, poi ridotti a 1,5 milioni per realizzare solo l’edificio per la scuola d’infanzia, su un’area di proprietà comunale di 3.500 metri quadrati, di cui 1.746 coperti. Un progetto di vent’anni fa: nel 2004 arrivò l’autorizzazione al progetto definitivo, approvato anche dal ministero dell’Istruzione e nel 2008 fu approvata la variante per farne un edificio più moderno dal punto di vista ambientale. Il 14 luglio 2010 però i lavori furono sospesi per attendere il parere di competenza del ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’adozione della necessaria variante allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Napoli. Mancavano, in sostanza, i permessi della Soprintendenza e l’autorizzazione paesaggistica.
Da allora la scuola è rimasta abbandonata e lasciata in un triste degrado.
Ora dalla Soprintendenza giunge la richiesta di demolizione e la domanda che tutti i cittadini si pongono è se sia più utile per la comunità salvare la scuola e i fondi investiti, a spese del paesaggio, oppure salvare il paesaggio a spese della scuola e dei fondi investiti.
La risposta è certamente difficile. Noi propenderemmo per la seconda risposta ma, al contempo, chiederemmo alle Istituzioni – tutte, nessuna esclusa – di indagare sulle probabili “leggerezze” con cui il progetto ha incardinato il suo iter, sui danni registrati, sulle responsabilità che vanno individuate e punite.
Di certo risulta difficile dover accettare, nonostante l’utilità sociale dell’opera in questione, che sia proprio l’Istituzione pubblica a derogare il dovere di rispettare le regole e consentire che l’abusivismo possa essere condonato quando è il “Pubblico” che si rende responsabile del suo reato: verrebbe considerato come un esempio. Negativo. Non accettabile…