di Alessandro Mortarino.
Da alcune settimane eravamo in trepida attesa di conoscere il nome del Comune piemontese “baciato” dalle scelte del piano del Ministero della Cultura per rivitalizzare i borghi italiani nell’ambito delle iniziative finanziate dal PNRR. Un piano che non ha mancato di generare critiche anche feroci da parte di molti che contestavano proprio la scelta di fondo, ovvero la destinazione di ben 420 milioni di euro (su un totale di un miliardo di euro) a soli 21 Comuni italiani, uno per regione o provincia autonoma. Ora conosciamo il Comune piemontese che ha ricevuto il massimo punteggio del bando e che, dunque, beneficerà dei fondi: 20 milioni di euro. E’ Elva, provincia di Cuneo, una borgata di 87 residenti in val Maira…
(Qualche mese fa Elva era assurta anche alle cronache nazionali per essere il borgo meno vaccinato d’Italia).
Per chi conosce la zona, la notizia può apparire come molto positiva immaginando che questa sostanziosa dotazione finanziaria permetterà, finalmente, il ripristino della Strada Provinciale 104, nota come Strada del Vallone o Orrido d’Elva: un capolavoro d’ingegneria civile e vero e proprio simbolo per gli abitanti del paese a 1637 metri di quota sulle Alpi Cozie, con i suoi oltre nove chilometri di carrozzabile, dodici gallerie, pareti a strapiombo e panorami mozzafiato. Completamente chiusa e impedita al traffico; per ragioni di sicurezza il paese è infatti da anni raggiungibile solo attraverso un’altra provinciale, la SP 335, che dal colle delle Cavalline arriva a Stroppo. Una strada lunga il doppio dell’interdetto Vallone.
Ma il recupero della strada è solo l’ultimo di una serie di 11 progetti che avranno il compito di rigenerare Elva sotto il profilo culturale, sociale ed economico.
E’ la “valorizzazione”, bellezza…
Gli 11 progetti comprendono un Centro Studi di Alpicoltura (o Apicoltura?…) studiato in collaborazione con l’Università di Torino, una scuola di Pastorizia, l’Osservatorio astronomico «Lhi trèes sitors», il «Centro Saperi tradizionali delle produzioni alpine» curato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, una Foresteria Alpina, un museo immersivo dedicato ad Hans Clemer e a scrittori elvesi, una scuola per «Riabitare le Alpi» realizzata con il Politecnico di Torino, un Rifugio, la rigenerazione di spazi e servizi per la collettività, una rete di teleriscaldamento a biomassa e, infine, la valorizzazione e messa in sicurezza de “La vio d’la Cumbo”.
Una pioggia di soldi, che ci auguriamo non faccia ubriacare i pur sobri valligiani, per rivitalizzare una terra marginale e rendere possibile un ripopolamento certamente necessario e utile.
Ma i dubbi restano. E sono tanti.
In primis, la scelta di concentrare 20 milioni su un solo borgo quando, forse, sarebbe stato più strategico distribuire i 20 milioni di euro su un’intera valle e immaginare la rivitalizzazione di una intera area, con la creazione di una rete di servizi concreti e permanenti utili a rendere attrattiva la vita di famiglie e micro-imprese.
Le scelte, ora, sono state fatte. Avremo una Elva in formato Disneyland oppure una Elva luogo idilliaco della cultura oppure una Elva nuovo modello di rivincita della ruralità nuovamente protagonista?
Ai posteri l’ardua sentenza. Al momento, la sensazione che l’economia e la finanza – ancora una volta – abbiano avuto il predominio sul rispetto e la cura di un territorio, pare dominare.
Ma, forse, è solo una percezione pessimistica: non mancheremo di gioire per esserci sbagliati…