A Melegnano continua il consumo di suolo

A cura dell’Osservatorio permanente contro il consumo di suolo e per la tutela del paesaggio.

Con riferimento alla Delibera della Giunta comunale 17 del 18 febbraio 2022 PIANO ATTUATIVO COMPARTO C DELL’AMBITO DI TRASFORMAZIONE AT 24 – ADOZIONE, nell’esprimere la nostra contrarietà agli insediamenti previsti sull’area della San Carlo, qui di seguito avanziamo una serie di osservazioni.

Premessa.

Questa premessa è destinata alla politica che sta amministrando il Comune e dalla politica ci piacerebbe avere delle risposte. Siamo consapevoli che la valutazione delle osservazioni diventa un semplice esercizio di certificazione “notarile” effettuata dagli uffici, non potrebbe essere altrimenti. Alla politica invece spetta il compito di compiere scelte e di giustificarle ai cittadini nel cui nome amministra.
Ricordiamo innanzitutto che questo piano trova fondamento in un PGT, deciso dalla precedente amministrazione, che prevede la cementificazione di quattro lotti per complessivi 409.307 mq., il 10% del territorio comunale.

Al punto 4.2.3. Il sistema insediativo della Relazione generali viene citato il rapporto DUSAF (con una versione ormai superata da altre due edizioni). Già oggi il grado di urbanizzazione del comune di Melegnano, con il 60,3% del totale della superficie comunale (dati ERSAF 2018), è tra i più elevati dell’intera area metropolitana milanese. Con questo intervento la percentuale delle aree antropiz-
zate salirebbe al 63,7% Dato confermato anche dalla lettura dell’ultimo rapporto ISPRA. Nel 2020, la Lombardia era la regione con la più alta percentuale di suolo consumato: il 12,1% ,con la provincia di Milano maglia nera con il suo 31.6%. I comuni dell’area omogenea del Sud Est sono posizionati sopra la media regionale ma sotto quella provinciale, con l’eccezione di San Donato Milanese e Melegnano, all’ultimo posto con il 47.3%.

La documentazione allegata alla delibera mai affronta in modo serio il valore del suolo. Non considera i rischi, sia per le persone sia per l’ambiente, e i costi che derivano dalla perdita dei servizi ecosistemici che un suolo gratuitamente ci fornisce.
Abbiamo apprezzato l’attenzione all’ambiente dichiarata nell’allegato 3.8 Sostenibilità, attenzione che però si limita a identificare un percorso sostenibile riferito alle sole scelte edilizie. Questo sarebbe perfetto se parlassimo di un progetto di rigenerazione urbana, qui invece si vuole sigillare suolo agricolo.
Riteniamo doverosa una riflessione. Il suolo produce il nostro cibo. Già oggi, colpa anche della forsennata cementificazione del patrio suolo siamo costretti ad importare molte delle materie prime necessarie per la nostra sopravvivenza. Consumare suolo significa dipendere ancora di più da altre nazioni per poterci nutrire, significa perdere ancora un altro pezzo della nostra sovranità alimentare.

Si stima che in Lombardia un ettaro di suolo possa fornire le calorie necessarie per nutrire 5,9 persone; dunque, sigillando il terreno del comparto C condanneremo alla fame perpetua più di 100 persone. In Lombardia l’autoproduzione alimentare ricopre solo il 74,1% del fabbisogno calorico. Per supplire alla carenza di cibo dobbiamo ricorrere alle importazioni, con un effetto negativo sulla bilancia dei pagamenti e con la perdita di sovranità alimentare sia per noi che per i paesi che ci vendono il cibo, molto spesso sottraendolo ai loro connazionali.
Ma il suolo non si limita a fornirci il nostro pane quotidiano, è anche il più importante serbatoio di biodiversità del pianeta e, ormai è noto a tutti, è fondamentale per la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici.

Il citato rapporto ISPRA valuta anche i costi della perdita dei servizi ecosistemici del suolo sigillato.
A puro titolo di esempio, il rapporto Mappatura e valutazione dell’impatto del consumo di suolo sui servizi ecosistemici valuta che solo per il sistema di raccolta e allontanamento delle acque in
un’area urbanizzata occorrono 6.500 euro per ettaro per anno.
Questi costi sono stati considerati nella analisi economica del piano?
Non stiamo parlando di minuzie, l’impatto del consumo di suolo nell’economia nazionale e locale è significativo, un costo annuo per ettaro compresa tra 36.000 e 55.000 euro, un valore che (capitalizzato) è maggiore della rendita speculativa derivata dall’edificazione. E non possiamo dimenticare che questi costi sono finanziate dalle tasse, dunque, escono dalle nostre tasche. E sono costi che oggi paghiamo noi, poi li dovranno pagare i nostri figli e i nostri nipoti… per l’eternità.

Non si spiega dunque la disattenzione dell’amministrazione che ha certamente dimenticato di considerare questi costi, prima di approvare il progetto.
Come sempre, a livello locale, il miraggio degli oneri di urbanizzazione, quei pochi maledetti e subito, fa compiere alle amministrazioni scelte antieconomiche. E questo piano ne è l’ulteriore riprova.
Negli ultimi anni, consapevole dell’importanza del suolo pur considerando i legittimi interessi della proprietà, la maggior parte dei piani di intervento edilizio garantisce una percentuale superiore al 50% di superfice da destinare a servizi pubblici, principalmente ad aree verdi. Su un’area complessiva di circa 215 mila m 2 solo poco più di 4mila sono stati riservati ai melegnanesi, un misero 20%.
Se poi guardiamo all’intera AT24 del PGT corrente scopriamo che la percentuale scende al 12%.

Nel piano di cui alla delibera, si tratterebbe di nuova costruzione che va a sigillare su suolo libero e agricolo, scelta non in linea con le attuali politiche territoriali e urbane in materia edilizia.
Di fronte a un livello di urbanizzazione ormai non più accettabile, l’Unione europea ha stabilito obiettivi di riduzione progressiva e di azzeramento del consumo di suolo entro il 2050. Sembra quasi che a Melegnano questa sfida sia stata interpretata come un invito a fare in fretta e sigillare tutto il suolo fertile al più presto.
Questo pressante invito è stato recepito dalla legislazione nazionale, regionale e provinciale.

Città Metropolitana di Milano e di regione Lombardia, danno, seppur con qualche ambiguità, precise indicazioni di riduzione del consumo di suolo. La Regione poi, con la LR 18/2019 stabilisce che per i comuni lombardi la scelta prioritaria è quella della rigenerazione urbana.
Questa forte raccomandazione ad usare aree dismesse è supportata anche dalla Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio che, come riportato al punto 3.4.

PRESCRIZIONI DERIVANTI DAL DECRETO DI ESCLUSIONE VAS DELL’AMBITO DI TRASFORMAZIONE AT24 della Relazione Generale, chiede, tra l’altro, di verificare soluzioni alternative magari in aree già urbanizzate e dismesse al fine di non consumare altro suolo.
Se da un lato siamo abituati, ma non rassegnati, alla voracità dei proprietari che cercano di costruire su ogni singolo centimetro nel totale disinteresse del benessere dei cittadini, troviamo immorale che questa voracità sia avallata da un’amministrazione comunale.
Questa nostra considerazione è condivisa anche dall’ISPRA. Citiamo ancora dall’ultimo rapporto diffuso:

la maggior parte dei servizi ecosistemici sono minacciati da una serie di pressioni politiche, economiche e culturali, il cui controllo è in gran parte regionale e locale. D’altra parte, anche i parametri del benessere umano, quali ricchezza, salute, valori culturali, cui sono in ultima istanza finalizzate le valutazioni, si correlano con le risorse naturali soprattutto a livello locale. Di conseguenza la dimensione locale, nonostante le difficoltà, rimane una priorità per la valutazione.

e conclude: la scala locale rimane invece più difficile da affrontare.
Per questi motivi, si chiede di revocare/annullare la delibera di giunta comunale 17 di adozione del Piano attuativo del comparto C della AT24.

In subordine, qualora l’Amministrazione Comunale, resti insensibile ai problemi del nostro pianeta e, di conseguenza, alla salute dei suoi cittadini, che dovrebbe tutelare e di cui il sindaco è responsabile, avanziamo le seguenti ulteriori osservazioni:

  1. Adeguamento degli standard.
    Per i motivi esposti in premessa si chiede che il 50% del totale delle aree ricomprese nel comparto C venga destinato a verde pubblico. In alternativa che venga acquistata e ceduta al comune un’area verde sul territorio comunale di superficie pari a quella su cui si vuole fare l’intervento.
  2. Inquinamento acustico e atmosferico
    L’allegato 36 VALUTAZIONE PREVISIONALE DI IMPATTO ACUSTICO al punto 4 Descrizione dell’attività ci informa che la fabbrica lavorerà a ciclo continuo per cinque giorni alla settimana (da lunedì a venerdì).
    Dal punto 4.2 Stima traffico indotto dal Comparto C apprendiamo che per il traffico indotto si stima che tutti gli addetti (circa 250 persone) accederanno all’area di lavoro utilizzando il mezzo privato e che i mezzi pesanti sarebbero 35/40 mezzi pesanti al giorno durante tutte le 24 ore.
    L’area Ovest della nostra città soffre per problemi di inquinamento acustico originati dalla A1 (transito superiore a 100.000 autovetture equivalenti) e dalla linea ferroviaria.
    Chiediamo che venga fatta un’approfondita indagine per verificare la soglia di inquinamento acustico considerando la concomitanza di queste fonti di rumore e quello del nuovo ipotizzato insediamento e che nell’attesa la delibera venga ritirata.
  3. Impronta di carbonio
    Altro tema non considerato dai documenti e non richiesto dall’amministrazione è quello delle emissioni climalteranti.
    In assenza di una documentazione completa che comprenda anche il calcolo basato sul ciclo di vita utile dell’impianto (Life Cycle Assesment) chiediamo che la delibera venga ritirata.
  4. Incompletezza della documentazione
    La documentazione è carente sotto due profili legati alla produzione.

4.1 Fumi e vapori. Quale è la temperatura di fumi e vapori emessi dal ciclo produttivo? Anche considerando l’articolo 24 DISPOSIZIONI PARTICOLARI della Convenzione stabilisce che venga ceduto gratuitamente al Comune il vapore prodotto invece di scaricarlo in atmosfera, cosa succederà nei mesi estivi in cui il calore risulterebbe inutile per l’impianto di teleriscaldamento, che, ricordiamo, oggi non è nemmeno a livello di progetto.? L’eliminazione del bosco, con il suo positivo effetto di mitigazione delle isole di calore prodotte anche dalla vicina A1, con l’aggiunta del calore emesso dalla produzione del nuovo insediamento creerebbe maggiori di-
sagi ai cittadini che abitano nel quartiere Ovest.

4.2 Risorse idriche. Dalla documentazione non emerge in modo chiaro quali sono le esigenze complessive della nuova struttura e quanto possano essere soddisfatte dai pozzi presenti sull’area dell’intervento. Considerando che la carenza di risorse idriche sta diventando sempre più pesante in relazione ai cambiamenti climatici, riteniamo doveroso presentare un’indagine più puntuale e dettagliata.
Pre questi motivi chiediamo che la delibera venga ritirata e che venga riproposta dopo la ricezione e la verifica delle integrazioni richieste.

  1. Mancato coinvolgimento della cittadinanza
    Il piano di cui si tratta coinvolge il 5% dell’intero territorio comunale ed è profondamente antidemocratico che questo venga deciso nelle segrete stanze del potere e che l’unico confronto con la città avvenga solo con la possibilità di presentare osservazioni, che saranno poi valutate sotto il profilo squisitamente tecnico.
    Chiediamo che venga ritirata la delibera e che sia apra un percorso di condivisione e discussione con i cittadini, nel nome di quella trasparenza (il palazzo di vetro) promessa ai melegnanesi da questa amministrazione nelle LINEE PROGRAMMATICHE – MANDATO 2017 – 2022.
  2. Presenza di un bosco
    Sull’area sono presenti tre zone boschive.
    Pure se non censite nel Piano di Indirizzo Forestale di Regione Lombardia, lo stato di fatto e l’anzianità delle piante le identifica come bosco, che in quanto tale è tutelato dal Testo unico in materia di foreste e filiere forestali (D.lgs. n° 34 del 3 aprile 2018).
    La presenza del bosco è confermata anche dalla documentazione; il punto 4.6. Piano di Governo del Territorio dell’Allegato 3.2 Relazione di impatto paesistico recita infatti:

Dall’esame puntuale della cartografia del PGT, per ciò che riguarda gli elementi utili per una definizione della sensibilità dell’area di intervento, si desume che:
• Tavola Dp3.1 – Carta del paesaggio. All’interno dell’area vi sono alcune indicazioni relative alla presenza di elementi di carattere ambientale e paesaggistico. Si rileva l’indicazione di “boschi” nella parte est dell’area in prossimità del corso della roggia Canarola, l’indicazione “arbusteti e cespuglieti” nella parte centrale dell’area e lungo il perimetro nord e sud dell’area e “filari alberati” sempre in corrispondenza della parte centrale dell’area.
Risultano ancora mancanti tutti i pareri definitivi sulla presenza dell’area boschiva e dunque sulla possibilità di edificare su questo suolo.
Chiediamo che venga ritirata la delibera poiché l’area boschiva è protetta dalla legge citata e il progetto necessita quindi una profonda revisione.

Per tutte queste ragioni non possiamo che ribadire la nostra profonda contrarietà agli insediamenti previsti che distruggerebbero il suolo, bene comune fragile la cui perdita sarebbe irreversibile, e creerebbero problemi alla cittadinanza.

L’Osservatorio è un organismo composto dalle strutture locali di Italia Nostra, Legambiente, WWF, Slow Food, DESR, Amici di Carlotta, Comitato Tilt Vizzolo, Greensando, Comitato Stop alla logistica Sordio-San Zenone, Associazione per i Vivai proNatura, Associazione per il Parco Sud Milano, Associazione NOI, Associazione Cittadini di Paullo, Comitato salviamo gli alberi di via Galvani a Peschiera Borromeo, Comitato Salviamo il Pratone, Comitato No Logistica di Paullo e Associazione Culturale per l’Autogestione.