di Claudio Meloni, FP CGIL.
Il cambio di maggioranza politica non ha certo frenato gli attacchi alle Soprintendenze: il personaggio è sempre il solito, l’ex ministro Cingolani nella sua nuova veste di consigliere del nuovo ministro Fratin, dichiara che il richiamare l’incipit costituzionale sul paesaggio è un esercizio stucchevole a fronte dell’emergenza energetica che vive il paese. Da che si deduce che sarebbe stucchevole l’art. 9 della Costituzione ed il suo recepimento nell’art. 145 del Codice dei beni culturali, la cui attuazione, che ricordava l’urbanista Vezio de Lucia, in occasione della presentazione del suo prezioso libro “L’Italia era bellissima”, è rimasta desolatamente sulla carta.
Tra le poche voci che si sono levate in difesa apparente del Ministero registriamo quella del sottosegretario Sgarbi, che però ha accompagnato il suo proclama a difesa delle Soprintendenze con un “mettiamoci d’accordo”, come se la tutela del paesaggio fosse un compromesso politico e non la rigorosa applicazione di una norma di diretta derivazione costituzionale, e quella del Presidente del FAI, Marco Magnifico, il quale ha altresì accompagnato questa difesa del principio costituzionale con un attacco ai tecnici delle Soprintendenze, utilizzando esempi strumentali, i quali, secondo il nostro, ancorché oberati di lavoro a causa delle carenze negli organici, risulterebbero privi delle competenze specifiche per potersi occupare di paesaggio. Con buona pace dei titoli richiesti per accedere a quelle qualifiche.
Insomma il Presidente del FAI sembra imputare il mancato decollo del piano per la transizione ecologica alla supposta incompetenza specifica dei tecnici delle Soprintendenze ed al mancato completamento, per quel che riguarda questo settore, di quelle che lo stesso definisce “eccellenti” riforme dell’ex ministro Franceschini sollecitando il nuovo alla realizzazione di questi obiettivi.
Possiamo dire, tentando di interpretare il pensiero dei lavoratori del ministero, che di queste espressioni di pelosa solidarietà se ne fa volentieri a meno. Possiamo aggiungere che le riforme della cosiddetta semplificazione delle procedure autorizzative si sono fatte, basti pensare alla riforma delle conferenze dei servizi o ai tempi del silenzio assenso che hanno prodotto in questi anni sfracelli sul territorio sottraendo di fatto al MIC pezzi di titolarità istituzionale riconosciuti dal Codice dei Beni Culturali. E poi c’è la vicenda farsa della Soprintendenza Unica nazionale per il PNRR, una scatola vuota con le relative pesanti incombenze procedurali scaricate sui pochi funzionari rimasti in Direzione Generale e nelle Soprintendenze Territoriali, centralizzando i meccanismi decisionali.
E infine si ripropone tutta la questione dell’autonomia differenziata che si sta pensando di attuare sottraendo materie dei beni culturali e del paesaggio alla titolarità dello Stato. Ecco ci piacerebbe sapere cosa ne pensa l’illustre Presidente FAI di tutto questo e magari anche del tentativo di affidare ad istituzioni private la gestione dei luoghi della cultura in capo al MIC, e non vederlo profittare in modo poco decoroso delle debolezze strutturali che affliggono l’organizzazione ministeriale, in gran parte prodotte dalle “eccellenti” riforme dell’ex ministro.
(Foto di Paolo Baldi)