Il progetto di nuova edificazione nella «sottozona 32», l’area che si estende da via Speziale fin oltre il centro commerciale «Porte dello Jonio» costeggiando Cimino, ripropone il tema del consumo di suolo in una città – Taranto – che si presenta già estremamente dilatata. In Italia la copertura artificiale di suolo ammonta a circa il 7% del territorio nazionale (dati ISPRA 2022), quasi il doppio della media europea; a Taranto si arriva al 21% della superficie comunale: il triplo della media nazionale, cinque volte il dato europeo.
Il consumo di suolo è riconosciuto come uno dei fattori che contribuiscono ai cambiamenti climatici, poiché i terreni edificati smettono di svolgere una serie di funzioni ecologiche essenziali. Ad esso sono correlati anche problemi di altra natura. L’espansione senza freni della città genera crisi del piccolo commercio, emarginazione sociale, aumento delle patologie legate all’esposizione al traffico, crescenti difficoltà economiche per i Comuni – costretti a servire aree sempre più vaste.
Nonostante la tendenza ormai consolidata al declino demografico (oltre quattordicimila abitanti in meno rispetto al 2013) i terreni edificati continuano ad aumentare anche nella nostra città e si progettano ulteriori colate di cemento. Un vero e proprio spreco di territorio a vantaggio di pochi e a danno della collettività. Tutto questo mentre porzioni crescenti del centro cittadino vanno svuotandosi e Taranto assume sempre più i contorni della “città-groviera” evocata da Alessandro Leogrande.
Per progettare un futuro sostenibile per la nostra comunità è necessario arrestare queste dinamiche: le energie e le risorse delle istituzioni pubbliche e degli operatori privati vanno rivolte al recupero ed alla rigenerazione dell’esistente e alla valorizzazione del paesaggio, a partire dagli immediati adempimenti previsti per il Parco Naturale Regionale del Mar Piccolo e dalla necessaria attenzione ad aree di interesse naturalistico come l’Oasi della Salina Piccola o la pineta in zona Blandamura.
In particolare, riteniamo che le scelte in tema di pianificazione del territorio debbano seguire quattro direttrici fondamentali:
- respingere qualsiasi progetto che prospetti l’ulteriore espansione dell’abitato e l’edificazione di nuove aree;
- individuare all’interno della città già edificata gli spazi e i contenitori per lo sviluppo di nuove funzioni;
- tutelare il paesaggio, anche attraverso l’istituzione di aree naturali protette, adeguando il piano urbanistico alle previsioni del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale;
- pervenire nel più breve tempo possibile a un Piano urbanistico generale (PUG) indirizzato dal principio di consumo di suolo a saldo zero – obiettivo fissato dalla stessa Commissione europea.
Per sensibilizzare in questo senso la società civile e le istituzioni promuoviamo il comitato «Città sostenibile». L’adesione è aperta a chiunque, singoli e associazioni, riconosca che non si possono più riproporre i modelli di sviluppo che hanno provocato la crisi ambientale ed economica in cui ci stiamo dibattendo e che occorre procedere speditamente in direzione della sostenibilità, per una Taranto che guardi al futuro.
Hanno già aderito:
ARCA Taranto, ARCI AL42, ARCI Futurja. ARCI Gagarin, Associazione culturale Gruppo Taranto, Comitato Parco regionale del Mar Piccolo, Fillea CGIL – Taranto, Forum Salviamo il Paesaggio – Taranto, Fucina 900, Italia Nostra – Taranto, Legambiente – Taranto, Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie – Taranto, LIPU – Taranto, OPS – Osservatorio Permanente Salinella OdV, Peacelink, puntapenna.info,
SiAmo Taranto, Mario Carobbi (architetto), Assunta Cocchiaro (archeologa), Leo Corvace (ambientalista), Giovanni Fanelli (ricercatore CNR Taranto), Rino Giangrande (presidente Associazione Grande Salento). Massimo Prontera (architetto).
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Il 16 novembre, in previsione del possibile approdo in Consiglio Comunale di una proposta di delibera sulla “sottozona 32”, abbiamo rivolto ai consiglieri comunali il seguente appello:
“Il prossimo passaggio in Consiglio comunale della delibera sulla sottozona 32 rende necessarie alcune considerazioni.Il testo licenziato dalla giunta e sottoposto al Consiglio in sostanza stralcia il progetto presentato dalla ditta Marchetti Srl per la realizzazione di capannoni commerciali e, nella stessa zona, prospetta la realizzazione di “servizi di supporto” al nuovo ospedale San Cataldo. Si fa genericamente riferimento a “RSA, laboratori, foresterie, centri direzionali”. Interventi che andrebbero ad anticipare in quell’area le previsioni del Piano urbanistico generale (Pug) per la cui redazione è stato affidato solo pochi giorni fa l’incarico all’architetto Karrer.
Dal nostro punto di vista la delibera presenta diverse criticità. In primo luogo, ci interroghiamo sulla necessità di realizzare proprio in quella porzione di territorio non ancora estesamente urbanizzata i servizi cui si è accennato. Scorrendo le pagine del progetto originario del San Cataldo si legge “il complesso ospedaliero (…) rappresenta (…) un elemento urbano autonomo che non impone la necessità di realizzare nelle aree limitrofe servizi e attività ad esso connesse, ma che rappresenta una realtà sociale in cui soddisfare tutti i principali servizi connessi con le prestazioni che ivi si svolgeranno”. Il nuovo ospedale infatti è stato pensato per comprendere già al suo interno alcune delle funzioni che la delibera intende sviluppare nella sottozona 32, come la foresteria. A ciò sono stati aggiunti, con una recente variante, un “polo direzionale e didattico” e una “scuola per l’infanzia”. Se queste opere non dovessero bastare a rendere il San Cataldo quel “polo di eccellenza” che tutti auspichiamo, è opportuno chiedersi per quale ragione gli altri “servizi di supporto” debbano essere collocati proprio nella sottozona 32 e non in un’area già urbanizzata. Potremmo citare numerosi esempi di ottimi ospedali che si stagliano come “cattedrali nel deserto” nel paesaggio circostante: si pensi al Miulli di Acquaviva delle Fonti, che dista circa sette chilometri dai limitrofi centri abitati.
D’altra parte, è già stato messo in cantiere il collegamento del San Cataldo con la città attraverso le cosiddette “BRT”, le “linee veloci” che congiungeranno le diverse zone dell’abitato. Quanto alle esigenze di ricezione poi, facciamo notare che non mancano in città aree in cui realizzare strutture idonee: lo stesso progetto del nuovo stadio prospetta la costruzione di un grande albergo in una superficie già urbanizzata. Infine, la dislocazione di attività funzionali al San Cataldo all’interno del tessuto urbano potrebbe favorire quel processo di riqualificazione dell’esistente che pure è stato enunciato come uno dei principi che dovranno informare il prossimo Pug. Un tema che torna con forza se si pensa al futuro delle strutture del Santissima Annunziata, che non possono essere lasciate vuote. Un altro elemento ci lascia perplessi, e riguarda proprio il rapporto con il Piano. Se questo dovrà fornire un nuovo disegno di città, archiviando finalmente l’attuale strumento urbanistico in vigore dal 1978, quali pressanti esigenze impongono di anticipare l’edificazione di una zona ancora solo parzialmente urbanizzata? A nostro parere sarebbe più coerente che gli interventi sulla sottozona 32 – come su altre superfici non impermeabilizzate – fossero parte integrante di una visione globale sul futuro assetto della città. Il rischio, in caso contrario, è di elaborare il Piano come somma di decisioni estemporanee, sollecitate ora da questo ora da quel progetto, perdendo la prospettiva d’insieme. La definizione della sottozona 32 va dunque rinviata all’iter di elaborazione del Pug.
Alla luce di tutto questo, chiediamo ai rappresentanti dei cittadini in Consiglio comunale di non prendere una decisione affrettata. Si avvii un percorso di ascolto delle diverse componenti della nostra comunità prima e non dopo l’approvazione della delibera – quando le scelte fondamentali sarebbero già state prese. Si ricordi che è in gioco il futuro della città e di fronte a questo fermarsi a riflettere non è una perdita di tempo. Da parte nostra valuteremo tutte le iniziative necessarie ad arrestare interventi che non rispondano all’interesse pubblico e alla difesa e tutela dell’ambiente”.