A cura di Italia Nostra.
Sette pale eoliche alte 180 metri, questo è Badia del Vento, un ecomostro che, se autorizzato, deturperà l’Alta Valmarecchia e l’area dello storico Montefeltro che ospita scorci riconosciuti tra i più suggestivi dell’Appennino, quali i Balconi di Piero della Francesca e le morbide colline del paesaggio della Gioconda.
Qualora il progetto venisse approvato dalla Regione Toscana, l’impianto eolico vedrebbe l’installazione di sette turbine alte 180 metri, con rotori di diametro pari a 136 metri inseriti su mozzo alto 112 metri che, una volta posizionate, supererebbero ampiamente i 1200 metri slm nonostante le disposizioni previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che tutelano le zone appenniniche localizzate sopra questa quota.
Presso la Regione Toscana è stata presentata istanza di autorizzazione per l’edificazione di un impianto eolico industriale di grande taglia nel comune di Badia Tedalda (Arezzo) al confine con la Regione Emilia Romagna lungo il crinale che da Poggio Val d’Abeto si dirama sul Monte Loggio verso il sottostante Monte Faggiola. La documentazione riguardante il progetto è consultabile al seguente indirizzo: https://www.regione.toscana.it/-/paur-provvedimento-autorizzatorio-unico-regionale
La vistosa alterazione del paesaggio, data dall’innalzamento delle turbine, sarebbe nettamente percepibile in Romagna nei comuni di Casteldelci (compreso il centro storico e l’antico borgo di Gattara), Pennabilli e Sant’Agata Feltria in provincia di Rimini, nonché nel comune di Verghereto in provincia di Forlì Cesena e a Badia Tedalda (principalmente nella frazione di Rofelle), in provincia di Arezzo.
Turbine eoliche alte 180 m (come un grattacielo di 60 piani) e con rotori di diametro pari a 136 m (la stessa altezza della cupola di San Pietro), andrebbero ad impattare negativamente sul territorio, danneggiandone gli aspetti naturalistici e paesaggistici, limitando fortemente ogni prospettiva di sviluppo e valorizzazione territoriale (quali il turismo escursionistico e storico-culturale di cui si è registrato un forte aumento negli ultimi anni) con una netta svalutazione di tutto il patrimonio che ricade nel campo visivo di questi macchinari. Tale aspetto è ancora più evidente se si considera che l’impianto non rispetta i 7 Km di distanza, di numerosi beni architettonici e nuclei storici tutelati, previsti dal D.Lgs. 50/2022 così come non tiene conto della vicinanza a siti di importanza comunitaria e aree naturali protette. Chiese, edifici religiosi, torri, castelli e altre architetture storiche ubicate nei comuni di Casteldelci, Pennabilli, Verghereto, Badia Tedalda, Sestino, sarebbero gravemente sfregiate dall’innalzamento di queste turbine, così come sarebbero sfregiate aree naturali protette quali la Riserva Naturale dell’Alpe della Luna, il Monte Fumaiolo, la ripa della Moia, i fiumi Marecchia e Senatello, il borgo di Petrella Guidi, il Monte Carpegna, il Torrente Messa, il Poggio Miratoio, il Parco e la riserva naturale del Sasso Simone e Simoncello.
Si tratta di una installazione estremamente impattante anche per altri aspetti, basti pensare all’inquinamento acustico, ai pericoli per la avifauna locale e ai danni al territorio, con l’abbattimento non compensabile di alberi e di specie arboree, causati dai mezzi di trasporto eccezionali per raggiungere i crinali nonché dall’innalzamento delle gigantesche torri e dal montaggio delle pale. In aggiunta, devono essere considerate le opere per la realizzazione delle fondazioni delle torri, per lo sbancamento del terreno e delle formazioni rocciose con allargamento delle strade e dei sentieri presenti, per le installazioni delle piazzole, per l’interramento dei cavidotti in un territorio notoriamente fragile e a rischio idrogeologico.
Agli impianti di produzione delle energie rinnovabili dovrebbero essere destinate superfici idonee secondo un piano regolatore nazionale, utilizzando zone dismesse e da riqualificare oppure superfici già edificate per installazioni di fotovoltaico compatibili con il territorio e non dovrebbero essere prese d’assalto aree incontaminate e di alto valore paesaggistico ed ecologico, quali i crinali appenninici ricchi di storia, bellezza e biodiversità. Se, come previsto dalla Convenzione Europea del Paesaggio e dalla Costituzione italiana, il paesaggio e i beni culturali sono patrimonio comune, allora questo patrimonio deve essere tutelato e non può essere devastato da opere così invasive che, sotto la falsa bandiera della transizione ecologica, ci portano dritto alla devastazione di una delle ricchezze più importanti del nostro Paese compromettendo in modo irreparabile lo sviluppo del turismo.
Si confida sul fatto che la Regione Toscana, chiamata ad esprimersi sull’emissione del provvedimento autorizzativo, tenga in debita considerazione gli impatti estremamente negativi sul Paesaggio e sul turismo anche dell’Alta Valmarecchia e della zona di Verghereto e che non esistono logiche di confine per la tutela dei territori e dei loro patrimoni.
Antonella Caroli, Presidente nazionale Italia Nostra
Massimo Bottini, Italia Nostra Valmarecchia
La provocazione grafica di Italia Nostra, ovvero l’accostamento del capolavoro Leonardesco allo sfondo paesaggistico “moderno” pullulante di pale eoliche, ha destato molte reazioni e certamente può essere considerato come un riuscito strumento per allargare un dibattito che, purtroppo, però pare essersi gravemente assestato su posizioni di difficile mediazione.
Tanto che il presidente di Legambiente Toscana (anche responsabile nazionale del Paesaggio della stessa associazione) ha così commentato: «La polemica su Leonardo è fuori dal tempo. Come se non fossimo nella più grave crisi climatica ed energetica della storia umana. Questa sensazione, per la verità fastidiosa, torna ogni qual volta ascoltiamo argomentazioni benaltriste. Occorre ben altro: risparmiare, efficientare, ricorrere all’idroelettrico, magari persino al nucleare. Tutto, tranne le rinnovabili. Quando invece la comunità scientifica e la tecnica ci indicano proprio nelle rinnovabili e nel loro modello distribuito la via maestra per affrontare la crisi nel modo più efficace, sicuro e pulito. Gridare allo scempio del paesaggio della Gioconda ci pare, a dir poco, temerario. Non solo e non tanto perché recenti studi hanno collocato quello sfondo nella campagna piacentina e non in Valmarecchia, quanto soprattutto perché scomodano in modo improprio il genio di Leonardo; ossia: la quintessenza dell’intelligenza umana messa al servizio del progresso. La bellezza che scaturisce dalle opere leonardiane non è infatti mai fine a se stessa, ma è sempre connessa a una volontà integerrima di migliorare la condizione della nostra specie».