di Fabio Balocco.
Quando si dice il caso. Anni fa, se non ricordo male era il 2016, ero ospite a casa dell’amico Massimo Livadiotti, nel cuore di Roma, quando, parlando del più e del meno, lui mi chiese: “ma tu che ami tanto la natura, sei mai stato a Socotra?” No, a Socotra non ero mai stato, ma, di più, non sapevo neppure cosa fosse.
Ovviamente la curiosità mi spinse a cercarla sul mappamondo: ed eccola apparire, piccolina, in pieno Oceano Indiano, vicino alla Somalia, ma Wikipedia annunciava che in realtà era “di proprietà dello Yemen”. E di raggiungerla non se ne parlava: c’era in corso la guerra tra Yemen e Arabia Saudita. Sempre tramite Massimo, conobbi Marco, suo fratello, che giusto a causa della guerra da Sana’a, capitale yemenita, era stato costretto a fuggire. Lo stesso Marco fu promotore di un evento di più giorni dedicato a Socotra all’Orto Botanico di Palermo (“Socotra in Sicilia”), a settembre del 2019, evento dove andai e dove altresì maturò l’idea di scrivere un libro su questa isola tanto importante dal punto di vista naturalistico quanto sconosciuta ai più.
Possibile che come me tantissimi altri nulla sapessero di questo luogo con la più alta biodiversità al mondo dopo le Galapagos e che nulla di divulgativo fosse stato scritto su di essa? Fu relativamente facile trovare dei compagni di avventura, che almeno loro a Socotra ci fossero stati. Tutti convinti della bontà di scrivere il libro senza preoccuparsi di trovare un editore. “I libri si scrivono perché ci si crede, poi si cercano gli editori”. Il team così prese forma: oltre a me e a Marco, Pietro Lo Cascio, naturalista di Lipari e Elena Dacome, antropologa. Ai quali si aggiunse Robert Cowie, professore presso l’università di Honolulu, uno dei massimi esperti al mondo di estinzione di massa.
Perché se è vero che Socotra è ricca di biodiversità, è altrettanto vero che essa si sta rarefacendo, a causa delle conseguenze della guerra, del peso antropico, del cambiamento climatico. Non pensavamo all’editore, ma ci dicevamo che non sarebbe stato un problema trovarlo, vista l’importanza naturalistica di quella terra lontana, e visto che oggi si fa un gran parlare del verde in tutte le salse. E invece ci sbagliavamo di grosso, perché gli editori o non ci rispondevano, oppure avrebbero pubblicato se la nostra opera fosse stata una sorta di Lonely Planet. Ci convincemmo che un saggio su di una certa area geografica o era una guida turistica o non trovava sponde. Eravamo quasi sul punto di cedere le armi, quando, miracolo, una piccola, ma a questo punto la definirei anche “coraggiosa”, casa editrice di Roma, la Bordeaux Edizioni, accettò di pubblicare. Ecco dunque che il libro esce, seppure con una preoccupazione da parte nostra e dell’editore: non è che quest’opera faciliti l’afflusso di turisti nell’isola? L’ideale sarebbe leggere il libro, ammirare le foto, e starsene a casa a sognare che esiste ancora un paradiso relativamente intatto. Del resto, lo stesso editore ha pubblicato il “Manuale dell’antiturismo”. E allora non ci resta che sperare!