di Alessandro Mortarino
Quante volte negli ultimi anni avete sentito pronunciare la frase con cui intitoliamo queste riflessioni? Pronunciata non soltanto da chi crede nella necessità di tutelare l’ambiente (la nostra casa comune) ma anche – e soprattutto – da esponenti politici nazionali, da sindaci, da amministratori locali. Tutti concordi: i nostri suoli vanno salvaguardati, ce lo impone la crisi climatica, la perdita di quel “capitale naturale” che è il terreno fertile (necessario per la pancia), il bisogno di paesaggio (indispensabile per l’anima e la mente).
Eppure a Calamandrana (Asti), ultimo caso di una serie che – ahinoi – segnerà altre vittime, una legge regionale consente ad un privato l’abbattimento di due porzioni di cascine nel fondovalle e il trasferimento di cubatura sui crinali di collina nel pieno dell’area Patrimonio dell’Umanità Unesco, dove si ergeranno 3 nuovi edifici residenziali panoramici con – inevitabile – piscina. E il consumo di suolo? Non c’è. Lo dicono anche il Vice Presidente della Regione Piemonte (centro-destra) e il sindaco di Calamandrana (centro-sinistra)…
Voi penserete che le mie siano frasi avventate, che stia facendo un po’ di confusione perchè è evidente che se qualcuno costruisce su un terreno oggi naturale provoca un evidente consumo di suolo. Ma non è così, almeno secondo quanto sostengono il numero due del nostro Ente regionale Fabio Carosso e il sindaco Fabio Isnardi sulle pagine astigiane de “La Stampa” dello scorso 15 giugno, con una serie di considerazioni che meriterebbero una dettagliata analisi semiologica o almeno una tesi universitaria dedicata all’arte dell’uso della parole per affermarne l’uguale e il contrario.
Non preoccupatevi: sarebbe compito troppo lungo e ve lo risparmiamo, tentando di limitarci ad alcuni punti particolarmente nevralgici.
La legge lo permette
Certo che sì. Ma quale legge? Una legge del 2018 (la numero 16, approvata dall’amministrazione Chiamparino) e successivamente modificata e “semplificata” nel 2022 dall’amministrazione Cirio, che consente interventi di riuso e riqualificazione degli edifici con rigenerazione urbana mediante attività di demolizione e ricostruzione di fabbricati esistenti. Detto così, una ottima norma. Ma andando in profondità non tutto è così roseo e per comprenderlo chiediamo aiuto ad un grande esperto in materia di suoli, il professor Paolo Pileri ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano.
«La norma piemontese – dice Pileri in un commento pubblicato su Altreconomia – ha tirato fuori dal cilindro della compensazione una novità: la “decostruzione” (articolo 35, della legge regionale 7/22). Il termine per la Treccani indica solo un movimento filosofico, ma l’urbanistica, si sa, è piena di fantasia. Decostruzione lascia pensare alla rimozione di parti costruite – edifici, ponti, strade e così via – per dare nuova vita ai suoli. Ma non è così: “Si considera decostruzione la minor utilizzazione di nuove aree edificabili previste dal Piano regolatore generale, ottenuta mediante la densificazione edilizia o la rilocalizzazione di capacità edificatorie ammesse in aree poste nell’ambito del perimetro del centro abitato”. In altre parole, non si toglie un metro cubo di cemento esistente ma, al contrario, se ne aggiungono di nuovi usando il trucco di spingerli in un angolo dell’area edificabile o spostandoli in un altro lotto (c’era già la perequazione per questo). Nessun suolo morto e sepolto vedrà di nuovo la luce con questo articolo. È l’ennesima invenzione lessicale che nega la sostenibilità, invocandola. Parole abili a confondere le acque come il termine “conculcata” usata dal governo il 25 aprile per non dirsi antifascisti. Parole accomodate forse e solo per dirsi bravi da soli. Ma la cosa è più grave di quel che sembra perché queste invenzioni lessicali tagliano le gambe ai ricorsi dei comitati, ai diritti della natura e delle genti e gettano un sacco di confusione nella testa di tutti. Di più. Le società si reggono essenzialmente su patti linguistici: “Sul fatto, cioè, che formulare un’affermazione comporti un impegno di verità e di correttezza nei confronti dei destinatari”, ha scritto Gianrico Carofiglio».
Le giustificazioni della Regione
Pileri tocca i tasti corretti per valutare la norma incriminata, rendendo ancora più chiaro ciò che su “La Stampa” Gianni Dapavo (Legambiente) e il sottoscritto hanno affermato a fianco delle considerazioni del Vice Presidente regionale, sciorinante una tesi di cui vi offriamo qualche frase:
«È una legge sana che offre molte opportunità nel rispetto dell’ambiente. Un tempo le case erano costruite nel fondo valle per avere la comodità di poter usufruire delle vie di comunicazione presenti sul territorio, penso alla vicinanza con strade o stazioni ferroviarie. Ora non è più così»…
«Penso a case costruite su un fondovalle divenuto esondabile o franoso ad esempio, oppure a case costruite in vallate o su un fianco scosceso di una montagna preda dell’umidità. La legge è stata pensata principalmente per loro e per dare la possibilità a chi le abita, o a chi le possiede, di spostarle su un terreno più salubre»…
«Questa norma serve principalmente per evitare, con il suo premio in cubatura, di evitare l’abbandono di edifici fatiscenti. Faccio un esempio. Se un tempo abbandonavi la vecchia casa e basta, ora la devi demolire se vuoi costruirne una nuova e avere la possibilità di farla più grande con il premio di cubatura. In questa maniera si evita di consumare ulteriori porzioni di suolo. Cosa che non possiamo più permetterci di fare»…
«Non verranno costruiti “casermoni”, ma sono convinto che sorgeranno strutture perfettamente integrate con il paesaggio che lo potrebbero addirittura arricchire»…
«Quando in Francia costruirono la Tour Eiffel ben il 98% dei francesi era contrario e la giudicava un brutto ammasso di ferro: ma ora è il simbolo, intoccabile, della capitale francese»…
E il Sindaco di Calamandrana conferma: «E’ stata applicata la legge regionale e i lavori sono stati valutati positivamente dalla commissione paesaggistica della Comunità Collinare Vigne e Vini. Sarà una casa bellissima che non creerà problemi, probabilmente qualcuno cova invidia nei confronti del proprietario».
Quindi tutti d’accordo (gli amministratori pubblici, di sinistra e di destra…): la priorità ambientale è di non consumare più il suolo. E se tu abbatti da una parte e sposti la superficie demolita in un altro luogo ancora non impermeabilizzato (cioè terreno naturale) – ovviamente anche con un “premio”, cioè un incremento volumetrico – non c’è consumo di suolo. E non c’è alterazione paesaggistica: un’operazione in stile “photoshop”, peccato che il paesaggio non sia virtuale! Nessun danno, niente di male. Potremmo dire che se il chirurgo vi amputa per sbaglio una gamba, c’è sempre pronta la chance di una protesi e smettetela di lamentarvi…
E poi potremmo ricordarci – e ricordare ai nostri amministratori e normatori – ciò che il dottor Claudio Campobasso (Direttore Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia dell’Ispra-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) comunicò tre anni fa ai membri delle commissioni congiunte Ambiente e Agricoltura del Senato in relazione ai disegni di legge sul consumo del suolo: «Quanto tempo ci vuole per rigenerare il suolo? Non anni, ma secoli: per formare 1 cm di suolo occorrono infatti dai 3 ai 4 secoli. E 3 mila anni per raggiungere uno spessore utile ai fini agricoli».
E poi potremmo ricordarci – e ricordare ai nostri amministratori e normatori – che, secondo i monitoraggi dell’ISPRA, quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità.
E poi potremmo ricordarci – e ricordare ai nostri amministratori e normatori – che secondo l’ISTAT in Italia si registrano circa 36 milioni di abitazioni, il 29,73% delle quali rientra nel novero delle abitazioni “non abitate”. Quasi 10 milioni di edifici pronti per svolgere la loro funzione sociale eppure tristemente inutilizzati.
E poi potremmo… Potremmo fare tante, davvero tante scelte intelligenti. Ma l’intelligenza è ancora quella definita dalla Treccani (“complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento”)?
Tratto da: altritasti.it