di Serena Mattia
Nel cuore della Val d’Agri, in Basilicata, sorge il lago del Pertusillo, un invaso artificiale costruito tra il 1957 e il 1963 a sbarramento del fiume Agri, delimitato a sud da una diga lunga 380 metri e alta 95.
Il lago è stato riconosciuto dall’Unione Europea come Sito di interesse comunitario (Sic) della rete Natura 2000 e si trova nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese.
È un’oasi di notevole interesse dal punto di vista naturalistico che ha dato vita a un ecosistema ricco di biodiversità: qui, infatti, si trovano specie rare o minacciate di estinzione, come il moscardino, il gatto selvatico, il gufo, il corvo imperiale, la lontra e la salamandra dagli occhiali; sono presenti, inoltre, anche alcune specie protette come il nibbio reale, il picchio rosso, il falco pecchiaiolo, l’upupa e lo sparviero. A fargli da cornice, alberi di faggio, cerro, castagno, nocciolo e rose selvatiche.
Questo invaso fornisce acqua destinata a uso potabile e irriguo a Puglia e Basilicata. Peccato, però, che lungo la sponda occidentale ci siano 27 pozzi di estrazione di petrolio del Centro Olio Val d’Agri di Viaggiano (COVA).
In Val d’Agri, conosciuta come il “Texas d’Italia”, c’è la più grande riserva di idrocarburi su terraferma d’Europa. L’80% del petrolio estratto in Italia viene proprio da qui.
E questo desta non poche preoccupazioni.
Succede, infatti, che a dicembre 2022 le acque verde-azzurro del lago si tingono di marrone scuro. L’anomalia inizia dalla sponda ovest, che dista solo un paio di chilometri da alcuni dei 27 pozzi di estrazione di petrolio del centro oli.
A seguito di diverse segnalazioni, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPAB) ha analizzato la chiazza marrone che si allarga sul lago.
Per l’ARPAB questa colorazione anomala è dovuta a una fioritura algale che, in determinate condizioni, può dar luogo a una proliferazione fuori dal normale ma che non rappresenta un pericolo per la salute umana. Inoltre, sono state trovate quantità di azoto e fosforo superiori ai limiti di legge.
Secondo l’Agenzia, le cause della proliferazione algale sarebbero da attribuire all’innalzamento della temperatura dell’acqua, agli scarichi industriali e ai pesticidi utilizzati dagli agricoltori.
Queste conclusioni non hanno convinto l’associazione CovaContro che da anni monitora lo stato di salute del lago. Infatti, i risultati dei campioni prelevati dall’associazione hanno evidenziato anche la presenza di 311 microgrammi di idrocarburi pesanti per ogni litro di acqua. Un dato allarmante, visto che l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) indica 350 microgrammi come soglia oltre la quale si può parlare di contaminazione.
Questa non è la prima anomalia che si registra. Associazioni, ambientalisti e comitati di cittadini sostengono che l’inquinamento del lago sia iniziato già nei primi anni del 2000, in concomitanza con l’inizio delle estrazioni di petrolio nella valle. Nel 2017 si verificò una fioritura algale simile a quella attuale. Esclusa la presenza di idrocarburi, L’ARPAB e l’allora presidente della Regione Marcello Pittella sostennero si trattasse di un “fenomeno naturale”. Uno studio pubblicato nel 2021 dalla rivista scientifica Remote Sensing ha però sostenuto che la presenza delle alghe fosse dovuta agli idrocarburi nelle acque.
È evidente che la presenza del centro oli in prossimità di un invaso le cui acque vengono utilizzate a scopo potabile dagli abitanti della Puglia e con la quale vengono irrigati i campi della Basilicata, rappresenta un grave pericolo per l’ambiente, per la sopravvivenza delle specie che popolano il lago e per la salute umana.
Resta da capire come sia possibile che sia concesso tutto questo in un territorio dove l’acqua rappresenta una risorsa fondamentale, in una zona da sempre vocata all’agricoltura, in un territorio contraddistinto da un’elevata ricchezza biologica, all’interno di un Parco Nazionale.