Riportiamo l’appello delle associazioni Amici della Terra, La Pietra vivente, Mountain Wilderness, Verdi Ambiente e Società e ci uniamo alla loro richiesta di massimo sostegno di fronte alle conseguenze di una sentenza ingiusta che legittima decenni di devastazione delle Apuane.
Amici della Terra,
La Pietra vivente,
Mountain Wilderness,
Verdi Ambiente e Società,
Chiedono SOSTEGNO per una battaglia di civiltà a difesa delle APUANE e riaffermare UNO STATO DI DIRITTO CHE SI MUOVA ENTRO I LIMITI PREVISTI DALLA COSTITUZIONE.
AIUTATECI A RACCOGLIERE 50.000 EURO PER PAGARE LE SPESE PROCESSUALI (A FAVORE DELLA REGIONE E DELLA DITTA HENRAUX) CUI SIAMO STATI CONDANNATI NEL TENTATIVO DI FERMARE L’INQUINAMENTO E IL DEPAUPERAMENTO DELLE SORGENTI, LA RIAPERTURA DELLE CAVE NEL PARCO CHIUSE DAL 1980 (già oggi sono un centinaio) E LA CONSEGUENTE DISTRUZIONE DELLE MONTAGNE PREVISTE DAL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE APPROVATO NEL 2015
Per donare è possibile farlo a questo link oppure passando dal sito web SOS APUANE al menù donazioni.
La sentenza 19228/2023 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite conferma le decisioni del Consiglio di Stato, convalidando la legittimità del Piano integrato territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT/PPR) della Regione Toscana, modificato nella versione finale, peraltro approvata dal Consiglio Regionale, a beneficio dei concessionari di cava.
Secondo la Suprema Corte nelle Aree Contigue di Cava interne al Parco, in massima parte di uso civico, è legittimo ampliare le cave esistenti e aprire cave chiuse dal 1980, in difformità con quanto previsto dall’art. 9 della Costituzione e in violazione del Codice dell’Ambiente e del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio.
Le cave sarebbero legittimate dalla legge istitutiva del Parco, LR 65/97 (antecedente ai Codici richiamati e alla istituzione dei siti rete Natura 2000 che gravano su tutta la superficie del Parco, ad eccezione delle ACC) che ne prevedeva la presenza, ma non certamente l’ampliamento, né la crescita indiscriminata (oggi sono più di 100). Nel 2002 infatti il piano estrattivo, redatto dal Parco e non approvato dalla politica, prevedeva la chiusura di alcuni bacini critici e il contingentamento di quelli con marmo di modesta qualità.
“LA DIFESA DEI VALORI NATURALISTICI -dichiara la Cassazione- NON E’ UN VALORE FINALE E ASSOLUTO” contrariamente a quanto afferma l’art.9 della Costituzione, “perché IL FINE del Parco era/è MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI VITA DELLE COMUNITA’ LOCALI E L’ATTIVITÀ ESTRATTIVA È TRADIZIONALE, E DA SECOLI FONTE DI RICCHEZZA PER LE POPOLAZIONI”.
Quale ricchezza per le popolazioni? L’acqua inquinata, le sorgenti distrutte, le vette e i crinali tagliati, le strade devastate, le polveri, i rumori, la flora minacciata e danneggiata, la fauna in pericolo. Quale ricchezza può esservi per le comunità se il comune di Minucciano, nonostante abbia ottenuto deroghe per scavare extra legem “per motivi socio-economici” e finanziamenti per circa 15 milioni di euro indirizzati totalmente al settore lapideo, ha visto diminuire la popolazione del 27% negli ultimi venti anni?
Le cave creano ricchezza per i pochi concessionari, ma questa ricchezza non viene distribuita nel territorio depauperato.
Neppure la polvere di marmo (marmettola) che inquina le sorgenti e i percorsi carsici può essere “RAGIONE DI DOGLIANZA -annota la Suprema Corte– perché il PIT fa ESPRESSO RIFERIMENTO AL VALORE DELLA PRESERVAZIONE DALL’INQUINAMENTO DEI CORSI D’ACQUA”.
Un patrimonio universale come le Apuane è da sempre asservito al guadagno di pochi concessionari che, nei decenni, le hanno pesantemente abusate grazie alle politiche regionali e locali.
L’amministrazione Toscana ha permesso ai concessionari di riscrivere il PIT a proprio favore, stravolgendone l’indirizzo concepito ed elaborato dai tecnici dell’Assessore all’urbanistica Anna Marson nel quale si prevedeva la chiusura, al termine del periodo autorizzato, di una trentina di cave che operavano in aperta illegittimità con i Codici e consentiva la riapertura delle sole cave chiuse da dieci anni, pertanto non rinaturalizzate.
La medesima amministrazione, che ha permesso al Parco nel 2016 di modificare i confini delle ACC in violazione della normativa regionale che ne consente variazioni solo con il piano delle attività estrattive, sostiene “LA CARENZA DI INTERESSE DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE RICORRENTI”nella tutela di CLIMA, BIODIVERSITÀ, ACQUA, AMBIENTE, PAESAGGIO E SALUTE
UNISCITI A NOI PER DIFENDERE IL TUO PATRIMONIO AMBIENTALE
PORTEREMO ALL’ATTENZIONE DELL’EUROPA LA VIOLAZIONE DELLA NOSTRA COSTITUZIONE