Il Comitato TriNO ricorda che fu la stessa Sogin a dichiarare l’inidonietà del territorio e denuncia i paradossi della procedura.
Sabato 3 febbraio manifestazione “No alla autocandidatura di Trino”
di Paolo Sassone (per il Comitato TriNO)
Riprendendo le notizie e i comunicati stampa approfitto dello spazio concesso per illustrare la situazione paradossale che si sta venendo a creare nella discussione per la localizzazione del deposito unico nazionale dei rifiuti nucleari.
A seguito del DL 181 emanato dal Governo il 12 dicembre 2023 che dava tempo trenta giorni per aprire a autocandidature di territori inizialmente non inclusi nella CNAPI (Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee) il giorno 12 gennaio è spuntata la autocandidatura del sindaco del Comune di Trino, unica voce isolata in un coro unanime di opposizioni da parte dei Comuni limitrofi e, apparentemente, dalla stessa parte politica cui appartiene.
La decisione è stata presa l’11 gennaio dopo un dibattuto Consiglio comunale aperto a esperti convocati a supporto delle tesi pro e contro, il giorno precedente alla scadenza dei termini di autocandidatura.
Inutile dire che il sindaco e la sua Giunta non han cambiato parere non ostante gli accorati appelli ed hanno prodotto una Delibera di Giunta fatta prontamente pervenire via Pec al Ministero.
La Pec è stata accolta con gioia dallo stesso ministro Pichetto Fratin, poi Calenda calando la briscola ha definito “illuminato” il sindaco.
Peccato che il territorio di Trino sia stati dichiarato INIDONEO per ben due volte dalla stessa Sogin, la società incaricata dello smantellamento degli impianti nucleari in tutta Italia.
Peccato inoltre che con questa (malaugurata per il Vercellese e Monferrato, contesto di paesaggi e prodotti agricoli ed enogastronomici di eccellenza mondiale) decisione il comune di Trino passerebbe a detenere non più solo l’attuale 0,4% dei rifiuti radioattivi italiani (ora stoccati presso la ex centrale “Fermi”), ma il 100%, senza contare quelli di successiva produzione nucleare, come auspicato dal Governo.
E’ molto grave osservare che, a seguito delle battaglie fatte da comitati e associazioni per la rilocalizzazione delle scorie liquide e solide presenti “provvisoriamente” a Saluggia, si debba ora constatare che si propone di portarle a pochi chilometri, con logistica discutibilissima, sempre in un contesto di falde idriche ad elevata vulnerabilità e in un contesto geologicamente poco rassicurante visto che i tecnici Sogin hanno individuato la presenza di faglie capaci (elementi escludenti secondo i criteri ISPRA). Per non parlare del contesto socioeconomico, che vede il basso Vercellese leader nella produzione di riso di qualità e il vicino Monferrato, che ospita due aree Unesco, paesaggi mozzafiato e un turismo sempre crescente.
Inoltre Trino fa parte del SIN (Sito di Interesse Nazionale) riferito al polo di produzione amianto di Casale Monferrato, che ha già chiaramente una propria fama negativa per le migliaia di morti di mesotelioma pleurico. In molti chiedono che il SIN sia escluso dalla CNAI (aree idonee) e dalla CNAA (aree autocandidate).
Il paradosso della vicenda, è che si parte con una procedura e in corso d’opera si modificano le regole del gioco.
In questo caso il mazziere (lo Stato) dice che bisogna smantellare (e ci sta mettendo decenni), inizia la partita dando le carte, poi quando il traguardo si avvicina, non solo cambia le carte ma cambia anche gioco: da pochi giorni è stato approvato in commissione energia l’emendamento di Azione al decreto 181 che permette di accogliere le aree autocandidate se sono stati nel frattempo tolti o modificati vincoli o se si puo’ adattare il progetto con nuove soluzioni compatibili (sopraelevazione rispetto alla falda, …). Il gioco delle tre carte…
Le modifiche ai vincoli sono state scientemente richieste recentemente (giustificandole per facilitare l’eradicazione del cinghiale) e si è richiesto di modificare il confine del Parco Regionale della Partecipanza, proprio per eliminare gli ultimi ostacoli alla autorizzabilità del deposito a Trino Leri Cavour.
La maggioranza in Regione Piemonte (dello stesso colore del sindaco di Trino e che si dice contraria al deposito in Piemonte) approverà questa modifica che darà spazio al deposito?
Recentemente, Legambiente e Pro Natura del Vercellese hanno protocollato al Municipio di Trino una richiesta di convocazione del Consiglio comunale ai sensi dell’art. 19 del Regolamento del Consiglio: un’adunanza “aperta”, ma aperta davvero, a «parlamentari, rappresentanti della Regione, della Provincia, di altri Comuni e delle forze politiche e sindacali», che abbia per tema l’allontanamento di tutti i materiali radioattivi dal territorio di Trino.
Il regolamento del Consiglio comunale di Trino prevede infatti che le adunanze “aperte” possano essere convocate «quando particolari motivi di ordine sociale e politico lo facciano ritenere opportuno», affinché gli invitati «portino il loro contributo di opinioni e di conoscenze e precisino al Consiglio comunale gli orientamenti delle parti sociali da loro rappresentate».
Un’adunanza “aperta” del Consiglio trinese sul tema delle scorie radioattive c’è già stata, l’11 gennaio scorso: perché farne un’altra? «L’11 gennaio – spiega Umberto Lorini, presidente di Pro Natura del Vercellese – non sono stati ascoltati i soggetti previsti dal regolamento del Consiglio. La maggioranza ha portato rappresentanti di Sogin e del Ministero, la minoranza ha scelto alcuni liberi professionisti esperti di varie materie: nessuno di loro è parlamentare, o rappresentante della Regione, della Provincia, di altri Comuni, di forze politiche e sindacali, di associazioni ambientaliste, di associazioni agricole o di “parti sociali” in senso lato. Le sei degnissime persone intervenute all’adunanza dell’11 gennaio non sono quindi, evidentemente, i soggetti previsti dall’art. 19 del Regolamento del Consiglio. Noi avevamo già segnalato questa irregolarità, prima della seduta del Consiglio, al segretario comunale; ma quella sera si è ritenuto di procedere ugualmente, anche se in violazione del regolamento».
«Al di là degli aspetti formali, però – prosegue Lorini – ci preme evidenziare quelli sostanziali; in questo momento sul problema delle scorie radioattive a Trino si stanno esprimendo, in varie sedi, molte “parti sociali”: le associazioni ambientaliste, certo, ma anche i Comuni del Vercellese e del Monferrato, le Province, la Regione, le associazioni di agricoltori e di viticoltori, finanche la Curia Arcivescovile. Sono questi i soggetti che, in un’adunanza “aperta”, il Consiglio dovrebbe ascoltare. Ecco perché abbiamo presentato la richiesta: quello del materiale radioattivo a Trino è un argomento che riguarda tutto il territorio, non può essere affrontato solo all’interno della “cinta daziaria” trinese a colpi di voti di maggioranza consiliare e frettolose delibere di Giunta. In casi come questi, in presenza di “motivi di ordine sociale e politico” che “lo facciano ritenere opportuno”, il regolamento del Consiglio prevede esplicitamente l’ascolto, in adunanza “aperta”, di tutti questi soggetti; si applichi il regolamento, allora, e si convochino le “parti sociali” del Vercellese e del Monferrato».
Sull’idea di indire un referendum, lanciata dal sindaco trinese Daniele Pane (ma solo dopo aver formalizzato l’autocandidatura ad ospitare il Deposito Nazionale) per uscire dall’angolo, proprio nel giorno in cui i sindaci del Vercellese si sono riuniti in Provincia per esprimere «parere contrario sia alla modalità con cui il Comune di Trino ha potuto autocandidarsi a deposito nazionale di scorie nucleari, sia alla scelta dello stesso, seppur legittima, compiuta isolatamente», la posizione degli ambientalisti è chiara: «Al netto dei problemi di sicurezza di Trino – dice Gian Piero Godio, vicepresidente di Legambiente del Vercellese -, è giusto promuovere una consultazione pubblica, ma allargata a tutta l’area delle risaie e ai Comuni vicini. Non so però come Trino possa essere rivalutata, visto che diversi criteri l’hanno esclusa».
«Se si vuole indire un referendum – aggiunge Vittorio Giordano di Legambiente Casale – lo si faccia prima che ci sia una decisione a Roma. La questione non interessa solo Trino, ma tutto il territorio, che si è già espresso sia a Casale, con 32 sindaci contrari, sia a Spinetta Marengo».
Fausto Cognasso, portavoce del Comitato Tri-No a cui in 4 giorni hanno già aderito più di 2000 persone, afferma: «Il Comitato è nato per essere la voce del territorio, e sarebbe proprio il caso che i cittadini del basso Vercellese e del basso Monferrato si esprimessero nella loro globalità: il deposito insisterebbe amministrativamente sul territorio di Trino, ma praticamente su un territorio più ampio. L’ipotesi di Legambiente di una consultazione popolare di area vasta è più che opportuna».
La preghiera è di continuare al firmare la petizione che è di per se un primo referendum popolare.
Paolo Sassone
per il Comitato TriNO
Sabato 3 Febbraio ci sarà la Manifestazione non violenta per il NO ALLA AUTOCANDIDATURA DI TRINO
Ore 10:00 Principato di Lucedio, Leri, e poi Trino (davanti al Municipio). Il Comitato TriNO aderisce alla manifestazione di Legambiente in occasione della Giornata mondiale delle Zone Umide. APPUNTAMENTO IMPORTANTE DA NON PERDERE PARTECIPIAMO NUMEROSI
Qui sotto la locandina dell’evento.
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