Larici Ronco ph Mountain Wilderness 1920

L’ecocidio del lariceto di Ronco (Cortina)

Distrutto uno scrigno che racchiude più tesori per costruire una pista da bob

di Luigi Casanova

Pubblicato da Mountain Wilderness Italia il 22.02.2024

Le Osservazioni di un forestale in merito al taglio del bosco in località Ronco a Cortina d’Ampezzo

Il lariceto di Ronco a Cortina d’Ampezzo rappresenta un capitale, uno scrigno che racchiude più tesori.
Il primo tesoro porta a valori naturalistici.

Si tratta di un lariceto monospecifico, in prevalenza coetaneo, forte di una vita lunga oltre 100 anni, ricco di circa 400 piante in larice e in quota caratterizzato da una diffusa rinnovazione naturale composta da abete rosso e qualche diffusa giovane betulla. Dal punto di vista naturalistico tutto l’insieme è una rarità, probabilmente un ambiente unico in tutto l’arco alpino meridionale. Infatti a sud delle Alpi non si trova un lariceto a quota tanto bassa (fra i 1200 e i 1300 metri s.l.m) un simile ecosistema. Un motivo più che sufficiente per portarlo alla sua assoluta conservazione.

Dal punto di vista storico e sociale tale lariceto è stato piantumato a ridosso della prima guerra mondiale (precedente alla guerra). Ha resistito ai bombardamenti di tale guerra, ha resistito al bisogno drammatico di legna pregiata degli abitanti di Cortina durante le due guerre mondiali.
E’ diventato un luogo di ricreazione e svago per ospiti e residenti in Cortina. Infatti, grazie alla sua magnificenza, alla sua esposizione a sud, ha ospitato ai suoi piedi un’area con campi di tennis, una serie di sentieri attrezzati con diffusi giochi per bambini, dei locali di ristoro, un arcopark sugli alberi molto frequentato. A seguito della decisione di costruire la nuova pista di bob l’area dei campi tennis è stata abbandonata dalla società che la gestiva da vent’anni. Come è stato abbandonato e tolto l’arcopark.

Dal punto di vista paesaggistico e della salute la perdita di un tale bene è irrecuperabile. Si tratta di piante monumentali, alte fino a 35 metri, colonnari. Piante che sono state un polmone di rigenerazione dell’aria in un contesto, quello di Cortina, travolto dal traffico privato: verso e dall’abitato, verso Dobbiaco e da Dobbiaco (BZ), verso e da passo Falzarego. Si pensi solo alla quantità di CO2 che l’insieme del bosco assorbe. Oltre all’assorbimento di NO2 e delle polveri sottili, le nanoparticelle diffuse anche dal riscaldamento a legna.
Tale patrimonio andava posto a tutela assoluta anche solo valutando questa sintesi di valori qui raccolta.

Manifestazione Ronco-Cortina _ ph Mountain Wilderness Italia

Invece, scelleratamente si è proceduto a un taglio sconsiderato per fare posto a una struttura sportiva, la pista di bob, skeleton, slittino, che offre un servizio a meno di 60 atleti nazionali.
Si è proceduto al taglio un un simile gioiello forestale in assenza di una Valutazione d’Impatto ambientale (violazione della direttiva europea nel merito e della legge nazionale del 2006). Non sono state valutate in modo pubblico alternative presenti sia in Italia (Cesana (TO), Innsbruck (AUT), Saint Moritz (CH), Germania e Francia.

Anche l’affido dei lavori ha seguito una procedura discutibile, anche dal punto di vista legale. Non si è proceduto a un appalto pubblico nonostante la quantità di legname: circa 500 larici che portano a una volumetria lorda di stimati 2500 metri cubi. Al netto si tratterà sicuramente di 1700 – 1800 metri cubi. Una gara pubblica avrebbe permesso un notevole risparmio nell’esecuzione dei lavori.

Non è stata presa in considerazione la chiarezza con la quale fino a oggi si è espresso il CIO (Comitato Internazionale olimpico): le gare olimpiche si disputeranno solo laddove gli impianti sono esistenti e funzionanti, adeguati agli standard olimpici.

Come ultime istanze, comunque non marginali si valuti:

Tale insieme naturale andava tutelato come bene storico, culturale e sociale dalla Soprintendenza ai beni storici e culturali del Veneto. Tale insieme naturale andava tutelato dai Corpo dei Carabinieri forestali. Sia dal punto di vista tecnico che legale.

L’assegno dei lavori doveva essere fatto solo in presenza di una martellata per singolo albero (cioè decisione su quali piante tagliare, come eseguire i lavori, misurazione di dettaglio pianta per pianta) dal Corpo dei Carabinieri forestali. L’aver proceduto con una stima (a spanne) non è solo indice di superficialità, ma di possibile illegalità di tutto il procedimento.

Luigi Casanova

Foto di Mountain Wilderness Italia

Un commento

  1. Si parva licet, invio questo “lamento”…
    GS

    Lamento per il platano secolare abbattuto – poco cristianamente – in quel di Chiampo (21 febbraio 2024)

    Gianni Sartori

    Di questi tempi, mi dicono, meglio il “profilo basso”. Soprattutto sulle questioni ambientali. Sembra che non fosse uno scherzo, una battuta di cattivo gusto la proposta del TSO per gli ambientalisti considerati “troppo” attivi.

    Forse Oltre Atlantico sta già accadendo.

    Pare che alcune ecologiste native (“indiane”) siano stati forzatamente ospedalizzate in quanto la loro “eccessiva sensibilità per le sofferenze di animali e piante “, causate dal sistema economico dominante (indovinate quale), andava curata farmacologicamente.

    Se necessario anche con ricovero coatto.

    Tant’è. Del resto c’era da aspettarselo. Ma – mi azzardo a chiedere – se l’empatia nei confronti di altri esseri viventi viene classificata come una patologia psichiatrica, cosa dire dell’assoluta indifferenza con cui cacciatori, allevatori, macellai, vivisettori…sfruttano e ammazzano, a volte torturano, povere creature indifese?

    Fatemi sapere, grazie.

    Nel frattempo vengo informato che il prossimo 18 maggio a Verona si svolgerà l’iniziativa eco-pacifista di “Arena di Pace 2024”.

    Per ammissione degli organizzatori, ispirata dalla Lettera Enciclica “LAUDATO SI’ “ di Papa Francesco sulla “Cura della Casa Comune”.

    Ottimo, naturalmente.

    Nel secolo scorso – e anche agli inizi di questo – ho preso parte a numerose iniziative di tal genere nella storica Arena veronese. La prima volta nel 1986, se non ricordo male.

    In genere promosse dal movimento “Beati i Costruttori di Pace” (don Mario Costalunga, padre Turoldo, la pastora valdese Febe Cavazzuti, i comboniani Alex Zanotelli, Eferem Tresoldi…) all’epoca dell’apartheid sudafricano (contro, ovviamente), per il disarmo e per protestare contro il susseguirsi di tante guerre più o meno “umanitarie” (Iraq, Afganistan, Libia…) a cui l’Italia prendeva parte, per i diritti dei popoli nativi…

    E anche stavolta non mancherò.

    Intanto -se non ho capito male – osservo che Papa Francesco nell’Enciclica “LAUDATO SI’ “ promuoveva un’idea di “ecologia integrale” affermando che “non si può essere sani in un mondo malato”.

    In quanto siamo tutti “parte di relazioni inseparabili, al centro di reti di vite interconnesse. La giustizia sociale dipende da quella ambientale, che a sua volta discende da quella ecologica”.

    Da qui a riconoscere i diritti di ogni entità vivente (non oggetto del nostro uso e consumo ma soggetto con fini propri, autorefenziale) il passo è breve.

    Ma purtroppo le gerarchie ecclesiastiche (e anche buona parte dei fedeli) non sempre si mostrano aggiornate e in sintonia. Per restare nel vicentino, risale a qualche anno fa l’abbattimento – con dispensa ecclesiastica presumo – di alcuni alberi maestosi sia nei pressi della Chiesa di Castegnero che di quella di Villaganzerla (stessa parrocchia). Più recentemente, quella decina di cedri tirati giù alla chiesa di Villabalzana (in questo caso pare su precisa richiesta del Consiglio pastorale).

    E infine, l’ultimo (solo per ora temo) episodio increscioso.

    L’abbattimento di un gigantesco (quasi due metri di diametro) platano secolare all’interno di un altro sito pervaso di sacralità e religiosità. Nei pressi di un Santuario, di un convento francescano e della locale versione della “Grotta di Lourdes”, opera del Beato Claudio Granzotto (1900-1947), familiarmente chiamato da mia madre “ Padre Claudio”. Oltre al Museo Missionario e alla maestosa Via Crucis (con personaggi in bronzo a grandezza naturale), comunque meritevoli di una visita.

    Qui il 21 febbraio 2024 il patriarca arboreo è stato letteralmente “raso la suolo”. Nonostante fosse in ottima salute, svettante nel cielo, rifugio di uccelli, insetti, piccole creature arboricole. Un mondo a sé. Se mi consentite la metafora, l’ultimo uro vagante nella foresta di Jaktorów.

    GLI ALBERI SONO LA MEMORIA DELLA TERRA

    E quanta storia, quanti ricordi tra gli incorrotti, nitidi, precisi anelli di accrescimento. Perfetti come quelli di una pianta ancora giovane.

    Un testo arcaico, una pergamena mirabilmente scampata a guerre e incendi, tarli e catastrofi.

    Testimone di oltre un secolo di Storia locale.

    Dal rombo delle cannonate della Prima Guerra Mondiale sulle cime circostanti ai colpi fatali dei fucilatori nazisti che il 30 marzo del 1944 stroncarono le vite di quattro operai delle Officine Pellizzari. “Colpevoli” di aver partecipato allo sciopero contro il trasferimento dei macchinari e la deportazione dei lavoratori in Germania.*

    Intravide forse – o comunque percepì – il fumo denso delle barricate nel 1971 (quando la stessa fabbrica storica di Arzignano rischiava di chiudere arbitrariamente lasciando sul lastrico decine, centinaia di famiglie).

    E magari, tre anni prima, anche il fragore dei lacrimogeni, degli spari, le grida di rabbia e di dolore di quel 19 aprile 1968 indimenticabile.**

    Per ora lo si può ancora intravedere – enorme – su google map e mi chiedo se proprio non era possibile trovare una qualche alternativa umanitaria. Che so? Magari una discreta e rispettosa riduzione della chioma. Al limite la realizzazione della copertura a protezione di un breve tratto stradale (con tutto quello che si costruisce a vanvera …). O forse un sottopasso…

    Oppure – perché no ? – un piccolo spostamento della strada (lo spazio c’era, mi pare).

    E infine, visto che risultava sanissimo, si sarebbe potuto lasciarlo semplicemente com’era limitandosi a periodici controlli.

    Insomma, tutto tranne che quell’abbattimento impietoso, definitivo e irreparabile.

    Invocare, nel caso di caduta improvvisa dell’albero, la tutela della vita umana – o piuttosto di eventuali danni alle auto, feticcio moderno – in una località prossima alle zone infestate per decenni dai miasmi (e peggio) delle concerie suona francamente pretestuoso.***

    Mi pongo una domanda. Se effettivamente- come sostiene Stefano Mancuso – gli alberi (oltre ad applicare il principio del mutuo appoggio – e soccorso – alla Kropotkin) sanno comunicare con i loro simili (e forse anche con altri esseri sensibili) anche a centinaia di metri di distanza: quale possente grido, urlo, lamento di dolore avrà lanciato, quale inascoltata richiesta di aiuto…mentre le lame impietose lo squartavano?

    D’altra parte di che stupirsi? Siamo o non siamo nella fabbrica diffusa del Nord-Est? Nei territori della metastasi cementizia incontrollata, della “poltiglia urbana” straripante, del degrado ambientale generalizzato e della riduzione a merce spettacolare (per chi se lo può ancora permettere) della Natura in generale e della Montagna in particolare?

    Dove si abbatte un orso solo perché è stato visto “seguire” (stando alle loro dichiarazioni almeno) alcuni escursionisti forse troppo impressionabili (e magari il plantigrado se ne andava soltanto per i fatti suoi sul medesimo sentiero). Dove – è di questi giorni – vengono assassinati col veleno centinaia di uccelli (dalle parti di Caldogno, nel Vicentino), senza parlare della strage successiva di altri volatili (civette, cornacchie…) che si sono nutriti dei cadaveri.

    Potrei continuare all’infinito, ma mi fermo qui, per carità cristiana.

    Come scriveva Bobby Sands: “Adesso lo sai. Pensaci, ma non limitarti a questo”.

    Gianni Sartori

    Note

    1) Cocco Luigi, Carlotto Umberto, Erminelli Cesare e Marzotto Aldo. i quattro operai fucilati il 30 marzo 1944- presumibilmente con un colpo alla nuca – presso il Castello di Montecchio Maggiore, furono sepolti in una fossa comune avvolti in un sacco di tela. Solo nell’aprile 1945 fu possibile conoscere il luogo della sommaria inumazione. I cadaveri vennero identificati dagli abiti che le quattro vittime indossavano al momento della cattura. Nella medesima circostanza venivano arrestati anche altri 23 operai della “Pellizzari”. Imprigionati prima a Vicenza e poi a Fossoli per essere infine inviati in Germania. Due dei deportati,Rampazzo Giuseppe e Salvato Giovanni, morirono prima del termine della guerra.

    2) https://bresciaanticapitalista.com/2023/04/21/19-aprile-1968-soltanto-un-inizioframmenti-di-lotte-sociali-nel-vicentino-1968-1969/

    3) Senza dimenticare che appena oltre il crinale, nella vallata parallela dell’Agno, sorge la famosa fabbrica produttrice di perfluorinated alkylated substances…

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