di Alessandro Mortarino, pubblicato su Altritasti.it
Lo scorso martedì 22 ottobre il Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, ha rilasciato una lunga intervista in diretta a “Pomeriggio 24”, su RaiNews, esprimendo le sue considerazioni sulle condizioni di fragilità del territorio italiano all’indomani dell’ennesima tragedia alluvionale che ha colpito la sempre più martoriata Emilia Romagna.
Innumerevoli i punti e gli spunti affrontati dal Ministro che ha rimarcato, ancora una volta, l’urgenza di approvare una legge per limitare il consumo di suolo, poiché «il cemento è il miglior complice delle alluvioni. E la prevenzione va fatta 30-40 anni prima, su un territorio così fragile»…
Sarebbe facile domandarci come mai il Ministro sollecita la definizione di una norma nazionale in diretta tv anziché mettere attorno a un tavolo i suoi colleghi di governo e legarli a una sedia (“volli, volli, fortissimamente volli” di alfieriana memoria…) fino alla sua promulgazione, da noi attesa ormai da ben oltre un decennio.
Curioso, anche, che il Ministro torni a parlare di “limitazione del consumo di suolo“, mostrando la sua totale estraneità verso i concetti di “arresto” formulati dal nostro Forum nazionale Salviamo il Paesaggio nella specifica Proposta di Legge – bloccata al Senato nella scorsa legislatura e ora alla Camera nelle medesime condizioni – e mostrando pure scarsa conoscenza degli impegni che l’Italia ha già sottoscritto per la scadenza al 2030 connessa all’azzeramento del consumo di suolo netto.
Ma c’è un altro argomento su cui il Ministro Musumeci ha “sparato ad alzo zero” (qui lo “zero” è ancor più evidente…). Questa la sua testuale dichiarazione:«Una certa responsabilità è anche di un certo ambientalismo integralista che ha dettato con la propria presenza una legislazione e una normativa assai vincolistica. Voglio dire che l’Ispra, per esempio, che è un istituto di grande scienza e cultura, sembra essere nelle mani di qualche ambientalista particolarmente fazioso; di quelli, cioè, che non consentono alla Pubblica Amministrazione di intervenire e togliere un albero che è cresciuto nell’alveo di un fiume e che quindi può diventare un ostacolo quando il fiume è in piena o di consolidare gli argini perchè c’è un tipo di insetto particolare o perchè c’è un tipo di uccello particolare che deve nidificare in quelle zone. E quindi non si apre il cantiere, arriva la pioggia, si va all’esondazione, si va alla tracimazione, si contano i morti. Non è, questo, ambientalismo responsabile: mi sembra un ambientalismo molto ideologicizzato».
Che un membro del Governo in carica cerchi di delegittimare pubblicamente i rappresentanti delle istanze ambientaliste – ahinoi – non è una novità. Ma l’attacco frontale all’ISPRA ci pare davvero sorprendente, inusuale, grave.
Forse non è superfluo ricordare che ISPRA è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ed è un ente pubblico di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE), di cui è preciso supporto scientifico. E’, dunque, un ente tecnico-scientifico: non fa politica, non promulga leggi, non obbliga. Monitora, analizza e rende pubblici dati, fotografa, suggerisce.
Di certo non è un’associazione ambientalista né una congrega di ottusi “Nimby”. E immaginare ISPRA al soldo degli ambientalisti integralisti fa impallidire le più fervide penne della letteratura fantascientifica.
Le reazioni non si sono fatte attendere. Il WWF ha così commentato: «O siamo di fronte ad un grave gap di conoscenza scientifica o inevitabilmente dobbiamo pensare che questa politica, che vorrebbe che i tecnici ubbidissero negando le proprie conoscenze e competenze, risponde ad interessi diffusi e complessi. Alludiamo alla politica che strizza l’occhio ai condoni, che non esita a sperperare più di 14 miliardi sul Ponte sullo Stretto invece di investire in difesa del territorio, che pensa che la tutela sia un eccesso e non una garanzia. Insomma, quella politica per cui il problema è chi chiede da decenni di dare spazio e rinaturalizzare i fiumi, di liberarli dal cemento, di garantire ampie fasce di esondazione programmabile, di rispettare rigidamente le fasce di protezione, di ridurre le emissioni climalteranti. Con amarezza dobbiamo prendere atto che il nostro Paese non è solo in balia degli effetti del cambiamento climatico, ma anche di una politica che con ogni evidenza è più alla ricerca di giustificazioni che di soluzioni».
A noi le parole di Musumeci hanno, invece, fatto scattare questo collegamento: «... prima vennero a prendere i migranti, poi la stampa indipendente, poi i magistrati, poi gli ambientalisti integralisti, poi l’Ispra, gli zingari, gli omosessuali, gli ebrei».
Vi ricorda qualcosa?…
La sensazione – affatto gradevole – è che si stia avviando la compilazione di qualche nuova “lista di proscrizione”, che potrebbe vedere in testa le denominazioni di molte associazioni onestamente critiche verso le inanità o i ritardi del Governo di turno e del Legislatore sovrano e, a seguire, dello stesso Sistema nazionale di protezione ambientale, la cui mancata attuazione di riforma sta diventando un fattore di scarsa credibilità delle istituzioni per un corretto svolgimento delle politiche ambientali (qui una esaustiva disamina della situazione in cui versano le Agenzia dell’ambiente, fotografata da Giovanni Barca su “L’Astrolabio”).
Vigilare è più che mai d’obbligo. E un casco protettivo potrebbe essere quanto mai consigliabile.
Un casco integrale. Integrale. Questo sì…